Rifiuto Alcoltest: la Cassazione conferma che l’avviso al difensore non è necessario
Una recente ordinanza della Corte di Cassazione ha affrontato un tema cruciale in materia di guida in stato di ebbrezza: l’obbligo di dare avviso al conducente della facoltà di farsi assistere da un difensore. Il caso specifico riguarda il rifiuto alcoltest, una fattispecie di reato autonoma prevista dal Codice della Strada. La Suprema Corte ha ribadito un orientamento ormai consolidato, dichiarando inammissibile il ricorso di un automobilista e chiarendo definitivamente quando tale avviso è dovuto e quando, invece, non lo è.
I Fatti del Caso: Dalla Condanna al Ricorso
La vicenda processuale ha origine dalla condanna di un automobilista da parte del Tribunale di Trapani per il reato di cui all’articolo 186, comma 7, del Codice della Strada, ovvero per essersi rifiutato di sottoporsi all’accertamento del tasso alcolemico. La sentenza era stata parzialmente riformata in appello dalla Corte di Palermo, che aveva rideterminato la pena ma confermato la responsabilità dell’imputato.
Contro questa decisione, il difensore dell’automobilista ha proposto ricorso per cassazione, basando le proprie argomentazioni principalmente su un unico punto: la presunta violazione della legge penale per l’omesso avviso, da parte degli agenti accertatori, della facoltà di farsi assistere da un difensore di fiducia, come previsto dall’art. 114 delle disposizioni di attuazione del codice di procedura penale.
Le Motivazioni sul Rifiuto Alcoltest della Cassazione
La Settima Sezione Penale della Corte di Cassazione ha ritenuto il ricorso inammissibile per diverse ragioni. In primo luogo, i motivi addotti sono stati giudicati del tutto generici e privi di una necessaria analisi critica delle argomentazioni contenute nella sentenza impugnata. La difesa, secondo i giudici, non ha saputo contrapporre argomenti validi alla decisione della Corte d’Appello.
Nel merito, la Cassazione ha smontato la tesi difensiva richiamando la propria giurisprudenza consolidata. Il punto centrale della decisione risiede nella natura stessa del reato di rifiuto alcoltest. La Corte ha spiegato che l’obbligo di avvisare l’indagato della possibilità di farsi assistere da un avvocato sorge solo in relazione all’esecuzione di un atto di accertamento, come l’alcoltest. Tuttavia, quando il conducente esprime la sua volontà di non sottoporsi al controllo, il reato si consuma istantaneamente in quel preciso momento. Non essendoci alcun atto da compiere, viene meno anche il presupposto per l’avviso.
In altre parole, l’avviso serve a garantire la difesa durante un atto di indagine (il test). Se l’atto non viene compiuto a causa della volontà contraria del soggetto, la garanzia difensiva non ha motivo di essere attivata. La Corte ha citato numerose sentenze precedenti che confermano questo principio, dimostrando una coerenza giurisprudenziale sul tema. La motivazione della Corte d’Appello, che aveva già dato conto di questo principio, è stata quindi ritenuta pienamente corretta e in linea con il diritto.
Le Conclusioni: Implicazioni Pratiche della Decisione
La declaratoria di inammissibilità ha comportato, come previsto dall’articolo 616 del codice di procedura penale, la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali e di una somma di tremila euro in favore della Cassa delle ammende. Questa decisione rafforza un importante principio giuridico: il reato di rifiuto di sottoporsi all’alcoltest è un reato istantaneo di natura ostativa, che si perfeziona con la semplice manifestazione verbale o comportamentale del proprio diniego. Di conseguenza, le garanzie difensive previste per l’espletamento del test non si applicano, poiché il rifiuto stesso impedisce l’atto per cui tali garanzie sono state concepite. Per gli automobilisti, ciò significa che opporre un rifiuto al test è una scelta che comporta immediate conseguenze penali, senza che si possa successivamente invocare la mancata assistenza legale come vizio procedurale.
È necessario l’avviso della facoltà di farsi assistere da un difensore in caso di rifiuto alcoltest?
No. Secondo la Corte di Cassazione, l’avviso non è necessario perché il reato si consuma con la semplice manifestazione di volontà di non sottoporsi all’esame. L’avviso è previsto per gli atti di accertamento che vengono effettivamente eseguiti, non per il rifiuto di compierli.
Perché il ricorso dell’automobilista è stato dichiarato inammissibile?
Il ricorso è stato giudicato inammissibile perché le argomentazioni della difesa erano generiche, non criticavano in modo specifico la sentenza d’appello e, soprattutto, si basavano su una tesi giuridica in contrasto con la giurisprudenza consolidata della stessa Corte di Cassazione.
Quali sono le conseguenze per il ricorrente quando un ricorso viene dichiarato inammissibile?
La declaratoria di inammissibilità comporta la condanna definitiva del ricorrente al pagamento delle spese del procedimento e al versamento di una somma di denaro (in questo caso, tremila euro) in favore della Cassa delle ammende.
Testo del provvedimento
Ordinanza di Cassazione Penale Sez. 7 Num. 38564 Anno 2024
Penale Ord. Sez. 7 Num. 38564 Anno 2024
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME NOME
Data Udienza: 18/09/2024
ORDINANZA
sul ricorso proposto da:
COGNOME NOME NOME a TRAPANI il DATA_NASCITA
avverso la sentenza del 21/11/2023 della CORTE APPELLO di PALERMO
dato avviso alle parti;
svolta la relazione dal Consigliere NOME COGNOME;
OSSERVA
Rilevato che il difensore di COGNOME NOME ha proposto ricorso per cassazione avverso la sentenza della Corte di appello di Palermo, con la quale è stata riformata quella del Tribunale di Trapani di condanna del predetto per il reato di cui all’art. 186, comma 7, codice strada (in Trapani, 19/4/2019), con rideterminazione della pena e conferma nel resto;
ritenuto che il ricorso è inammissibile, ai sensi dell’art. 606, comma 3, ultima parte, cod. proc. pen., avendo la difesa dedotto inosservanza della legge penale quanto all’avviso di cui all’art. 114 disp. att., cod. proc. pen., articolando tuttavia doglianze, oltre che tutto generiche, neppure scandite da necessaria analisi critica delle argomentazioni poste a base della decisione impugnata (sul contenuto essenziale dell’atto di impugnazione, in motivazione, Sez. 6 n. 8700 del 21/1/2013, Rv. 254584; Sez. U. n. 8825 del 27/10/2016, dep. 2017, COGNOME, Rv. 268822, sui motivi d’appello, ma i cui principi possono applicarsi anche al ricorso per cassazione), avendo la Corte distrettuale dato conto del principio per il quale l’avviso di che trattasi non è necessario nel caso di rifiuto di sottoporsi all’esame motivazione che si pone in termini di stretta coerenza con la giurisprudenza di questa Corte di legittimità (vedi, tra le altre, sez. 4, n. 16816 del 14/1/2021, COGNOME, Rv. 281072-01; n. 33594 del 10/1/2021, COGNOME/li, Rv. 281745-01; n. 4896 del 16/1/2020, COGNOME*, Rv. 278579-01; n. 29939 del 23/9/2020, Merlino, Rv. 280028-01; n. 34355 del 25/11/2020, Cavalieri, Rv. 279920-01);
rilevato che alla declaratoria di inammissibilità segue, a norma dell’articolo 616 c.p.p., la condanna del ricorrente al pagamento delle spese del procedimento e della somma di euro tremila in favore della Cassa delle ammende, non emergendo ragioni di esonero (Corte cost. 186/2000).
P.Q.M.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di euro tremila in favore della Cassa delle ammende.
Deciso il 18 settembre 2024
COGNOME
La Consigliera est.
Il Presidente
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