Rifiuto Alcoltest: Ricorso Inammissibile se i Sintomi sono Evidenti
La Corte di Cassazione, con una recente ordinanza, ha ribadito un principio fondamentale in materia di guida in stato di ebbrezza: il rifiuto alcoltest è un reato e il ricorso contro la condanna è destinato all’insuccesso se si limita a contestare la valutazione dei fatti già operata dai giudici di merito. Il caso in esame riguarda un automobilista, fermato per un controllo, che presentava una sintomatologia evidente di alterazione alcolica e che si è ripetutamente rifiutato di sottoporsi all’accertamento con etilometro.
I Fatti del Caso
Un conducente veniva fermato dalle forze dell’ordine per un controllo stradale. Gli agenti notavano immediatamente una serie di comportamenti e segni fisici – definiti in atti come “sintomatologia tipica di uno stato di alterazione dovuto all’assunzione di alcolici” – che li inducevano a sospettare che l’uomo fosse alla guida in stato di ebbrezza. Di conseguenza, veniva invitato ad attendere l’arrivo di una pattuglia dotata di etilometro per effettuare il test. L’automobilista, tuttavia, opponeva un netto e ripetuto rifiuto. Per tale comportamento, veniva condannato sia in primo grado che in appello per il reato previsto dall’art. 186, comma 7, del Codice della Strada.
La Decisione della Corte di Cassazione
L’imputato decideva di presentare ricorso per Cassazione, lamentando principalmente due aspetti: la presunta mancanza dei presupposti per sottoporlo al controllo dell’alcoltest e le modalità con cui era stato invitato a recarsi presso gli uffici di polizia. La Suprema Corte ha respinto completamente queste argomentazioni, dichiarando il ricorso inammissibile. L’automobilista è stato quindi condannato al pagamento delle spese processuali e di una somma di tremila euro in favore della Cassa delle ammende.
Le Motivazioni: Perché il Ricorso sul Rifiuto Alcoltest è Inammissibile
La decisione della Cassazione si fonda su principi consolidati del diritto processuale penale, che limitano strettamente l’ambito del suo giudizio.
Reiterazione dei Motivi e Divieto di Rivalutazione dei Fatti
Il primo punto cruciale è che il ricorso proposto era meramente reiterativo. Le doglianze sollevate dalla difesa non erano nuove, ma rappresentavano una semplice riproposizione di argomenti già ampiamente esaminati e motivatamente respinti dalla Corte d’Appello. La Cassazione sottolinea che il ricorso non si confrontava criticamente con le ragioni della sentenza impugnata, ma si limitava a insistere sugli stessi punti.
Inoltre, e questo è l’aspetto più importante, la difesa tentava di ottenere una diversa ricostruzione del fatto. Chiedeva, in sostanza, alla Cassazione di rivalutare le prove, come la testimonianza dell’agente, per giungere a una conclusione diversa. Questo, però, è precluso al giudice di legittimità. La Corte di Cassazione non è un “terzo grado di giudizio” dove si riesamina il merito della vicenda; il suo compito è solo quello di verificare la corretta applicazione della legge e la logicità della motivazione della sentenza precedente.
La Logicità della Motivazione dei Giudici di Merito
La Corte ha ritenuto che la motivazione della sentenza d’appello fosse congrua, adeguata e priva di vizi logici. I giudici di merito avevano fondato la responsabilità penale dell’imputato su basi solide: la deposizione del testimone qualificato (l’agente operante) aveva chiaramente descritto i sintomi di alterazione dell’imputato. Questi sintomi, secondo massime di comune esperienza, giustificavano ampiamente la richiesta di effettuare l’alcoltest. Il rifiuto opposto dall’imputato a tale richiesta legittima integrava quindi pienamente il reato contestato.
Le Conclusioni
L’ordinanza in esame offre due importanti spunti di riflessione. In primo luogo, conferma che la presenza di sintomi evidenti di ebbrezza (come alito vinoso, eloquio sconnesso, equilibrio precario) costituisce un presupposto più che sufficiente per legittimare la richiesta di sottoporsi all’alcoltest da parte delle forze dell’ordine. In secondo luogo, ribadisce un principio cardine del processo penale: il ricorso per Cassazione non può trasformarsi in un appello mascherato. Non è la sede per ridiscutere le prove o per proporre una versione dei fatti alternativa a quella, logicamente motivata, accertata nei gradi di merito. Per gli automobilisti, la lezione è chiara: il rifiuto di sottoporsi all’alcoltest di fronte a una richiesta legittima costituisce un reato autonomo, e le possibilità di contestare con successo una condanna in Cassazione sono estremamente ridotte se non si individuano vizi di legge o palesi illogicità nella motivazione della sentenza.
Quando possono le forze dell’ordine richiedere di sottoporsi all’alcoltest?
La richiesta è legittima quando sussistono presupposti fattuali che la giustificano, come la presenza di una sintomatologia tipica dello stato di alterazione dovuto all’assunzione di alcol, come accertato nel caso di specie sulla base della testimonianza dell’agente.
È possibile presentare ricorso in Cassazione riproponendo le stesse argomentazioni già respinte in Appello?
No. La Corte di Cassazione ha dichiarato inammissibile il ricorso proprio perché le deduzioni difensive erano una mera reiterazione di motivi già esaminati e logicamente disattesi dalla Corte di merito, senza un reale confronto critico con la motivazione della sentenza impugnata.
La Corte di Cassazione può riesaminare le prove, come la testimonianza di un agente?
No. Il giudizio di Cassazione è un giudizio di legittimità, non di merito. Sono precluse al giudice di legittimità la rilettura degli elementi di fatto e l’autonoma adozione di nuovi e diversi parametri di valutazione, poiché queste attività sono di esclusiva competenza dei giudici di merito (primo e secondo grado).
Testo del provvedimento
Ordinanza di Cassazione Penale Sez. 7 Num. 4500 Anno 2025
Penale Ord. Sez. 7 Num. 4500 Anno 2025
Presidente: COGNOME
Relatore: COGNOME
Data Udienza: 08/01/2025
ORDINANZA
sul ricorso proposto da:
NOME COGNOME nato a DESIO il 22/10/1974
avverso la sentenza del 18/04/2024 della CORTE APPELLO di ANCONA
dato avviso alle parti;
udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME;
Motivi della decisione
Visti gli atti e la sentenza impugnata;
esaminato il ricorso proposto a mezzo del difensore da NOME COGNOME ritenuto responsabile nelle conformi sentenze di merito del reato di rifiuto ex art. 186, comma 7, cod. strada.
Rilevato che la difesa ha articolato due motivi di doglianza nei quali lamenta mancanza ed illogicità della motivazione, adducendo che difettavano i presupposti perché il proprio assistito venisse sottoposto al controllo dell’alcoltest e che il ricorrente, del tutto irritualmente, fu invitato a salire nella vettura de Carabinieri per essere condotto negli uffici della caserma.
Considerato che le deduzioni sviluppate nel ricorso sono reiterative di motivi di doglianza puntualmente esaminati dalla Corte di merito e disattesi con argomentazioni prive di aporie logiche, con le quali il ricorso non si confronta (si veda quanto riportato alle pagine 3 e 4 della sentenza impugnata, in cui si pone in evidenza come, alla stregua della deposizione del teste qualificato, il ricorrente, fermato per il controllo, presentasse una sintomatologia tipica di uno stato di alterazione dovuto all’assunzione di alcolici e che lo stesso, invitato ad aspettare una pattuglia munita di etilonnetro avesse più volte opposto il suo rifiuto all’accertamento).
Considerato che i rilievi difensivi prospettano una non consentita diversa ricostruzione del fatto, investendo profili del giudizio rimessi alla esclusiva competenza della Corte di appello;
rilevato che i giudici di merito hanno fornito una congrua e adeguata motivazione a fondamento dell’affermazione di penale responsabilità dell’imputato, esente da vizi logici, perché basata su corretti criteri di inferenza, espressi in un ragionamento fondato su condivisibili massime di esperienza e coerente con le risultanze rappresentate in motivazione;
ritenuto che, in tema di giudizio di cassazione, sono precluse al giudice di legittimità la rilettura degli elementi di fatto posti a fondamento della decisione impugnata e l’autonoma adozione di nuovi e diversi parametri di ricostruzione e valutazione dei fatti, indicati dal ricorrente come maggiormente plausibili o dotati di una migliore capacità esplicativa rispetto a quelli adottati dal giudice del merito (da ultimo, Sez. 6, n. 5465 del 04/11/2020, dep. 2021, Rv. 280601).
Rilevato, pertanto, che il ricorso deve essere dichiarato inammissibile, con condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di euro tremila in favore della Cassa delle ammende.
P. Q. M.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di euro tremila in favore della Cassa delle ammende.
Così deciso in data 8 gennaio 2025
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Il Consigliere estensore
Il Pridekte