Rifiuto Alcol Test: Quando lo Stato di Confusione Non Giustifica
Il rifiuto alcol test a seguito di un incidente stradale costituisce reato, anche qualora il conducente si trovi in uno stato di confusione dovuto all’alcol. Questa è la chiara posizione ribadita dalla Corte di Cassazione in una recente ordinanza, che ha dichiarato inammissibile il ricorso di un automobilista condannato per essersi opposto all’accertamento del tasso alcolemico. La decisione offre importanti spunti di riflessione sul principio della responsabilità penale in caso di ubriachezza volontaria e sul calcolo dei termini di prescrizione.
I Fatti del Caso: Incidente Stradale e Rifiuto in Ospedale
La vicenda trae origine da un incidente stradale provocato da un automobilista. A seguito del sinistro, l’uomo veniva trasportato in ospedale per le cure necessarie. Durante la permanenza nella struttura sanitaria, gli veniva richiesto di sottoporsi all’accertamento del tasso alcolemico, come previsto dalla legge in questi casi. Tuttavia, l’individuo si opponeva esplicitamente al test, manifestando inoltre la volontà di essere dimesso. La cartella clinica riportava uno “stato di confusione per sospetta ecotossicosi” ammesso dal paziente stesso.
La Difesa dell’Imputato: Stato Confusionale e Prescrizione
Nei gradi di giudizio precedenti, l’automobilista era stato condannato per il reato previsto dall’art. 186, comma 7, del Codice della Strada. Proponendo ricorso in Cassazione, la difesa ha basato le proprie argomentazioni su due punti principali. In primo luogo, sosteneva che l’imputato avrebbe dovuto essere assolto a causa dello stato confusionale in cui versava, che a suo dire avrebbe minato la sua capacità di esprimere un rifiuto cosciente. In secondo luogo, eccepiva l’avvenuta prescrizione del reato, commesso nell’agosto del 2018.
L’Analisi della Corte: Irrilevanza dell’Ubriachezza Volontaria e il rifiuto alcol test
La Corte di Cassazione ha respinto entrambe le argomentazioni, ritenendo il ricorso manifestamente infondato. I giudici hanno sottolineato come la sentenza impugnata fosse ben motivata e giuridicamente corretta. Il rifiuto alcol test era stato espresso in modo chiaro e inequivocabile, così come la volontà di lasciare l’ospedale. Secondo la Corte, lo stato di confusione, essendo conseguenza di un’assunzione volontaria di alcol (ubriachezza volontaria), non era sufficiente a escludere l’elemento psicologico del reato.
Il Principio della Responsabilità Penale
La Suprema Corte ha richiamato un principio consolidato in giurisprudenza: l’ubriachezza volontaria, non determinata da caso fortuito o forza maggiore, non esclude né diminuisce l’imputabilità. Chi si pone volontariamente in uno stato di alterazione psicofisica risponde pienamente delle azioni commesse in tale condizione. Pertanto, il rifiuto di sottoporsi all’accertamento, anche se manifestato in stato di ebbrezza, è stato considerato penalmente rilevante.
Il Calcolo della Prescrizione: L’impatto della Legge Orlando
Anche la doglianza relativa alla prescrizione è stata rigettata. La Corte ha precisato che per i reati commessi nel periodo di riferimento (tra il 2017 e il 2019), si applica la cosiddetta “Legge Orlando” (L. 103/2017). Tale normativa ha introdotto una causa di sospensione della prescrizione per una durata di un anno e sei mesi dopo le sentenze di primo e secondo grado, al fine di garantire il completamento dei giudizi di impugnazione. Effettuando correttamente il calcolo, il termine di prescrizione non era ancora maturato.
Le motivazioni
La Corte di Cassazione ha ritenuto inammissibile il ricorso basandosi su una motivazione logica e giuridicamente ineccepibile. I giudici di merito avevano correttamente evidenziato che l’imputato, nonostante lo stato di alterazione, aveva espresso una chiara e precisa volontà: quella di non sottoporsi al test alcolemico e di essere dimesso. Questo comportamento dimostra la sussistenza dell’elemento psicologico necessario per configurare il reato di rifiuto. La Corte ha ribadito un principio fondamentale del diritto penale: la volontaria assunzione di sostanze alcoliche non può mai essere invocata come scusante per i reati commessi. L’agente che si pone in tale stato ne accetta le conseguenze e rimane pienamente responsabile delle proprie azioni.
Le conclusioni
In conclusione, la decisione della Cassazione conferma che il reato di rifiuto alcol test non può essere giustificato da uno stato di confusione auto-indotto dall’assunzione di alcol. L’ordinanza riafferma la piena responsabilità penale di chi, dopo aver bevuto, si mette alla guida e successivamente si oppone ai controlli. La sentenza serve anche come monito sull’importanza di conoscere le normative che regolano la prescrizione, le quali, come la Legge Orlando, possono estendere i tempi necessari per giungere a una sentenza definitiva. La condanna dell’imputato al pagamento delle spese processuali e di una sanzione pecuniaria sottolinea la gravità di tale condotta e la ferma volontà dell’ordinamento di sanzionarla.
Uno stato di confusione dovuto all’alcol può giustificare il rifiuto di sottoporsi all’alcol test?
No. Secondo la Corte di Cassazione, lo stato di confusione derivante da ubriachezza volontaria non esclude né diminuisce l’imputabilità e, pertanto, non giustifica il rifiuto di sottoporsi all’accertamento, che resta un reato.
L’ubriachezza volontaria diminuisce la responsabilità penale per i reati commessi?
No. La giurisprudenza costante afferma che l’ubriachezza volontaria, non essendo causata da caso fortuito o forza maggiore, non esclude né attenua la responsabilità per i reati commessi in tale stato. L’agente risponde del reato a titolo di dolo o colpa, a seconda dell’elemento psicologico accertato.
Come ha influito la “Legge Orlando” sulla prescrizione del reato in questo caso specifico?
La Legge n. 103/2017 (“Legge Orlando”), applicabile ai reati commessi in quel periodo, ha introdotto una causa di sospensione della prescrizione della durata di un anno e sei mesi dopo la sentenza di primo e secondo grado. Questo ha esteso il tempo a disposizione per la celebrazione dei giudizi di impugnazione, impedendo che il reato si estinguesse.
Testo del provvedimento
Ordinanza di Cassazione Penale Sez. 7 Num. 24231 Anno 2024
Penale Ord. Sez. 7 Num. 24231 Anno 2024
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME NOME
Data Udienza: 29/05/2024
ORDINANZA
sul ricorso proposto da: COGNOME NOME nato il DATA_NASCITA
avverso la sentenza del 11/07/2023 della CORTE APPELLO di BRESCIA
dato avviso alle parti;
udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME;
Motivi della decisione
NOME COGNOME ha proposto ricorso per cassazione avverso la sentenza della C Appello di Brescia indicata in epigrafe con la quale è stata confermata la condanna p dal Tribunale di Cremona in ordine al reato di cui all’art.186, comma 7, CdS..
L’esponente lamenta violazione di legge nonché mancanza ed illogicità della moti inquanto il reato sarebbe stato ritenuto sussistente pur se l’imputato avrebbe d assolto in quanto era stato accertato che egli era stato condotto in ospedale per cu si trovava in stato confusionale. Deduce inoltre che il reato, commesso il 13 a sarebbe prescritto.
Il ricorso è manifestamente infondato.
La sentenza impugnata reca congrua motivazione del tutto priva da vizi di i manifesta nonché giuridicamente corretta. I giudici di merito danno atto che, co pacificamente dai fatti accertati, l’imputato era stato condotto in ospedale dopo ave un incidente stradale per essere sottoposto a cure mediche e che, come risultava da clinica, egli aveva specificamente rifiutato l’accertamento del tasso alcolemico nell’a legale, manifestando inoltre la volontà di essere dimesso. Si osserva dunque nell impugnata che l’imputato aveva espresso la sua chiara intenzione sia di non s all’accertamento del tasso alcolemico sia di rifiutare il ricovero e le cure mediche, di” confusione per sospetta ecotossicosi che il paziente ammette”, risultante dalla in cartella clinica, non valeva certo ad escludere l’elemento psicologico del reato. In di guida in stato di ebbrezza, l’ubriachezza volontaria, non determinata cioè da caso da forza maggiore, non esclude nè diminuisce l’imputabilità: l’agente risponde commesso in tale stato a titolo di dolo o di colpa a seconda dell’elemento psicologi accertato (Sez. 4, n. 10226 del 20/01/2005, Rv. 231146 – 01) .
Quanto alla dedotta prescrizione, va rilevato che per i reati commessi dal 3. 31.12.2019, in quanto legge più favorevole rispetto alla L n. 3 del 2019 (cd. Legge Bo applica la legge n.103 del 2017 (cd legge Orlando), che ha introdotto un’ ulterio sospensione della durata di un anno e sei mesi del termine di prescrizione per co svolgimento del giudizio di appello e del giudizio di cassazione rispettivamen sentenza di condanna di primo e secondo grado.
Ne consegue che il reato in esame non è prescritto.
Essendo il ricorso inammissibile e, a norma dell’art. 616 cod. proc. pen, non r assenza di colpa nella determinazione della causa di inammissibilità (Corte Cost. s
del 13.6.2000), alla condanna del ricorrenttal pagamento delle spese del procedimento quella al pagamento della sanzione pecuniaria nella misura indicata in dispositivo.
P.Q.M.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento del processuali e al versamento della somma di euro tremila in favore della RAGIONE_SOCIALE delle Am Così deciso in Roma, il 29 maggio 2024
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