Sentenza di Cassazione Penale Sez. 4 Num. 12327 Anno 2024
Penale Sent. Sez. 4 Num. 12327 Anno 2024
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME NOME
Data Udienza: 10/01/2024
SENTENZA
sul ricorso proposto da: COGNOME nato a PENNE il DATA_NASCITA
avverso la sentenza del 31/05/2023 della CORTE APPELLO di L’AQUILA
visti gli atti, il provvedimento impugnato e il ricorso; udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME; lette le conclusioni del PG COGNOME che ha chiesto dichiararsi l’inammissibilità del ricorso;
letta la memoria scritta del 28 dicembre 2023 dell’AVV_NOTAIO, n.q. di difensore di fiducia dell’imputato, che ha chiesto l’accoglimento del ricorso;
RITENUTO IN FATTO
Con la sentenza in epigrafe, la Corte di appello di L’Aquila ha confermato la sentenza del Tribunale di Pescara del 31 gennaio 2022, con cui COGNOME NOME era stato condannato alla pena complessiva di mesi cinque di arresto ed euro milleduecento di ammenda in relazione ai reati di cui agli artt. 186, comma 7, e 187, comma 8, C.d.S., per essersi rifiutato di sottoporsi agli accertamenti dello stato di ebbrezza e dello stato alcolemico nonché a quelli inerenti all’alterazione fisica e psichica correlata all’uso di sostanze stupefacenti – in Collecorvino, il 19 ottobre 2018.
Il COGNOME, a mezzo del proprio difensore, ricorre per Cassazione avverso la sentenza della Corte di appello, proponendo tre motivi di impugnazione.
2.1. Violazione di legge e vizio di motivazione con riferimento al provvedimento del Tribunale di rigetto dell’eccezione di nullità per l’omesso accoglimento della istanza di rinvio dell’udienza ad horas a fronte dell’erroneo presupposto della mancata allegazione da parte della difesa della documentazione, a conforto del contemporaneo impegno professionale posto alla base dell’istanza di rinvio.
Con l’atto di appello si era eccepito di aver allegato alla PEC la documentazione di conforto attestante i due impegni contestuali, oltre alla prova documentale (costituita proprio dalla stampa della PEC, sottoposta all’attenzione del Giudice, ed in atti, ove in calce erano ben evidenti i relativi allegati posti a sostegno della richiesta). La Corte territoriale, pertanto, prima di rigettare il motivo di gravame, a fronte di un’e vidente allegazione all’istanza in atti, avrebbe dovuto acquisire i detti allegati.
Non poteva essere imputata al difensore un’omissione della cancelleria e/o del Tribunale, il quale pur all’evidente presenza di allegati alla PEC con cui era stata inoltrata istanza di rinvio ad horas, non aveva richiesto all’ufficio la relativa stampa. La PEC trasmessa dal difensore, stampata dalla cancelleria e posta all’attenzione del Tribunale, portava visibilmente in calce la presenza della documentazione allegata a suo sostegno.
Con l’atto di appello era stata eccepita l’erronea indicazione nella sentenza di primo grado sul punto, in quanto, al contrario, l’istante aveva allegato la documentazione a supporto della richiesta di rinvio, attestante i contestuali impegni professionali, che la cancelleria evidentemente non aveva stampato e sottoposto all’attenzione del Giudice, ma la cui presenza risultava richiamata dall’istante ed attestata documentalmente dalla stampa della PEC ove, in calce erano evidenti gli allegati. Il Giudice di primo grado, attesa la loro evidente allegazione, avrebbe dovuto farli stampare dalla Cancelleria e non rigettare l’istanza in ragione della loro omessa produzione, in quanto già dagli atti sottoposti alla sua attenzione risultava il contrario. L Corte distrettuale è incorsa nel medesimo errore di valutazione.
2.2. Violazione di legge per omesso avviso all’imputato della facoltà di essere assistito da un difensore.
Si osserva che la fattispecie in esame non concerneva un accertamento preliminare mediante etilometro, bensì un accertamento ai sensi dell’art. 114 disp. att. cod. proc. pen., richiesto dagli agenti ai sanitari dell’Ospedale e da effettuarsi mediante prelievo ematico.
Al momento dell’intervento degli agenti sul luogo del sinistro, il COGNOME si trovava già sull’ambulanza per essere trasportato presso il vicino nosocomio per curare le lesioni da lui patite; le forze dell’ordine, pertanto, non avevano modo di verificare de visu il suo stato psicofisico e, conseguentemente, motivare e giustificare l’accertamento richiesto.
Inoltre, il prelievo ematico non poteva essere qualificato come atto preliminare, ma come vero e proprio accertamento finalizzato ad acquisire la prova del reato nei confronti del soggetto indiziato. Non trattandosi di accertamento ematico effettuato autonomamente e su iniziativa dei sanitari in esecuzione di ordinari protocolli di Pronto Soccorso, bensì di attività finalizzata alla ricerca delle prove di un reato, andava necessariamente tutelato il diritto alla difesa del soggetto sottoposto al detto accertamento, e, pertanto, dovevano scattare le garanzie difensive sottese all’avviso ex art. 114 cit. di farsi assistere da un difensore. Tale avviso era omesso, con ogni conseguenza di legge in ordine all’eccepita nullità.
Nella fattispecie in esame, mancano completamente i presupposti giustificativi sottesi alla richiesta rivolta all’imputato di sottoporsi all’esame per l’accertamento d un eventuale stato alcolemico e/o alterazione dovuta all’assunzione di sostanze stupefacenti. Non sussistevano elementi sufficienti per giustificare la richiesta di sottoporre l’imputato ad esami meramente esplorativi, tanto che, proprio per l’assenza di , sintomi eclatanti, la richiesta GLYPHTARGA_VEICOLO> sottoposizione ad esami si palesa generica, variando dalla richiesta di accertamenti dello stato di ebbrezza e dello stato alcolemico, ad accertamenti dell’alterazione psico-fisica correlata all’uso di sostanze stupefacenti. Non avendo gli agenti incontrato il COGNOME, mancavano i presupposti giuridici giustificativi della stessa richiesta di accertamento ematico.
Il COGNOME non aveva causato un incidente, tanto che tale dato non era neanche menzionato nel capo di imputazione. Non si conosceva la dinamica del sinistro, in quanto gli agenti operanti non avevano effettuato i rilievi, con foto ed annotazione dei danni dei veicoli, del punto di impatto tra le autovetture, della loro provenienza e direzione di marcia e, cioè, la normale verbalizzazione nel prontuario di sinistro.
Non v’erano elementi, pertanto, che potessero giustificare la richiesta inoltrata dagli agenti intervenuti sul luogo del sinistro all’Ospedale ove il COGNOME era stato trasportato, tanto più che la teste escussa ai sensi dell’art. 507 cod. proc. pen. non
aveva confermato le dichiarazioni de relato riportate dell’ag. COGNOME e disconosceva anche la firma apposta sul verbale come propria (con conseguente dubbio anche del valore legale di detto documento del quale non si conoscevano la provenienza e paternità). Inoltre, sul detto foglio dell’Ospedale, sottoscritto dal AVV_NOTAIO COGNOME, ove era indicato che il COGNOME non aveva acconsentito agli accertamenti sanitari e che costituirebbe la prova del rifiuto opposto, in calce era scritto in grassetto che il COGNOME era “impossibilitato, per le condizioni cliniche, ad esprimere un consenso valido”. Pertanto, se non poteva esprimere un consenso valido, non poteva essere attribuito valore legale al suo diniego.
2.3. Violazione di legge per omesso riconoscimento della causa di non punibilità ex art. 131 bis cod. pen..
Si osserva che il COGNOME era gravato da pochissimi precedenti penali, neanche specifici, tra l’altro commessi in epoca risalente nel tempo, per cui non ostativi 41I’applicazione dell’istituto di cui all’art. 131 bis cod. pen., di cui pertanto – in bordine – si era chiesto il riconoscimento e l’applicazione.
2.4. Con memoria del 28 dicembre 2023, la difesa insiste nella richiesta di accoglimento del ricorso e, in particolare, di declaratoria di nullità del giudizio per lesion del diritto di difesa, stante la sussistenza del legittimo impedimento per concorrente impegno professionale nella medesima mattina ed ora della fissata udienza, per cui il Giudice era obbligato a differire la trattazione del procedimento.
La presentazione di un’istanza di differimento ad horas mediante EMAIL, sebbene non si trattasse di una modalità di comunicazione tipica, non esonerava il Giudice dall’accertamento della sua effettiva ricezione ed apertura da parte della cancelleria ricevente, la quale aveva l’onere di portarla a conoscenza del Giudice. Non poteva incombere sul difensore, anche in quanto materialmente atto impossibile, l’accertamento dell’esatto adempimento da parte della Cancelleria – che aveva ricevuto istanza ed allegati – relativo alla loro completa esibizione all’attenzione del Giudice, tanto più che l’istanza era contenuta nel corpo della PEC nella quale era ben visibile la presenza degli allegati.
CONSIDERATO IN DIRITTO
1. Il ricorso è inammissibile.
Col primo motivo di ricorso si deduce che l’istanza di rinvio dell’udienza del 6 dicembre 2021 rectius: di richiesta di trattare il procedimento in ora tarda per contestuali impegni difensivi – era stata rigettata dal Tribunale con motivazione erronea, poi condivisa dalla Corte di appello, nonostante fosse stato chiaramente specificato che la documentazione attestante l’impedimento era stata inviata alla Cancelleria tramite EMAIL.
Secondo il consolidato orientamento di questa Corte, le parti private non possono effettuare comunicazioni, notificazioni ed istanze mediante l’utilizzo della posta elettronica certificata, fermo restando che, non essendo le stesse irricevibili, possono essere prese in considerazione dai giudice se poste alla sua attenzione (Sez. 6, n. 2951 del 25/09/2019, dep. 2020, COGNOME, Rv. 278127, in fattispecie relativa ad istanza di rinvio per legittimo impedimento avanzata a mezzo PEC dal difensore di fiducia dell’imputato; Sez. 1, n. 26877 del 20/03/2019, Antille, Rv. 276915, in fattispecie relativa a procedimento di sorveglianza, in cui il difensore di fiducia del detenuto aveva inviato tramite PEC istanza di rinvio per legittimo impedimento; Sez. 5, n. 48911 del 01/10/2018, N., Rv. 274160, in fattispecie relativa ad istanza di rinvio per legittimo impedimento avanzata a mezzo PEC dall’imputata poiché detenuta agli arresti domiciliari; Sez. 2, n. 31314 del 16/05/2017, P., Rv. 270702, in fattispecie relativa ad istanza di rinvio per legittimo impedimento avanzata a mezzo PEC dal difensore di fiducia dell’imputato).
In sostanza, la mancata sottoposizione di un’istanza di rinvio all’attenzione del Giudice procedente costituisce la concretizzazione di un rischio, ricadente a carico di chi ha scelto di utilizzare il meccanismo di trasmissione di cui si discute.
Tale principio trova il suo fondamento nella previsione dell’obbligo di presentare istanze e richieste difensive mediante le modalità previste dall’art. 111 cod. proc. pen., escludendo altre forme di comunicazione, che possono essere utilizzate solo qualora la legge specificamente lo preveda (vedi, ad esempio, le ipotesi previste dalla legislazione per l’emergenza da Covid-19). Ovviamente, si fa riferimento alla disciplina vigente all’epoca del deposito della suindicata istanza e non a quella di cui all’art. 111 bis cod. proc. pen., inserito con art. 6, comma 1, lett. c), d.lvo 10 ottobre 2022, n. 150, a decorrere dal 30 dicembre 2022 ex art. 6 d.l. 31 ottobre 2022, n. 162.
Ebbene, analogo principio è ugualmente valido anche in relazione alla documentazione trasmessa via PEC in allegato all’istanza, per dimostrare l’assunto difensivo (Sez. 5, n. 19970 del 15/03/2019, COGNOME, non massimata sul punto). Il Giudice è obbligato a vagliare tale documentazione solo se essa sia stata stampata e sottoposta alla sua attenzione dal Cancelliere. Tuttavia, come sopra illustrato, la difesa assume su di sé il rischio della mancata allegazione della documentazione mediante la forma rituale del deposito in Cancelleria.
Pertanto, nell’ambito della normale organizzazione dell’udienza, la Corte territoriale ha correttamente rilevato che l’istanza di rinvio non era stata documentata e che il teste presente in aula aveva la pressante esigenza di dover ripartire, per cui ha disposto procedersi oltre.
Col secondo motivo di ricorso si deducono la nullità degli atti compiuti dai carabinieri finalizzati alla verifica del tasso alcolemico e l’eventuale assunzione di stupefacenti per omesso avviso al difensore ex art. 114 disp. att. cod. proc. pen. nonché l’esecuzione del prelievo ematico sempre per omesso avviso della facoltà di farsi assistere da un difensore di fiducia.
2.1. Quanto al primo profilo di censura, questo Collegio aderisce al recente e più condivisibile orientamento di questa Corte, secondo cui l’obbligo di dare avviso al conducente della facoltà di farsi assistere da un difensore per l’attuazione dell’alcoltest non sussiste in caso di rifiuto di sottoporsi all’accertamento, in quanto la presenza del difensore è funzionale a garantire che l’atto in questione, in quanto non ripetibile, sia condotto nel rispetto dei diritti della persona sottoposta alle indagin (Sez. 4, n. 18343 del 13/04/2021, RAGIONE_SOCIALE, non massimata; Sez. 4, n. 33594 del 10/02/2021, COGNOME, Rv. 281745; Sez. 4, n. 16816 del 14/01/2021, COGNOME, Rv. 281072; Sez. 4, n. 34753 del 12/11/2020, NOME, non massimata).
Tale orientamento si fonda sul principio secondo cui l’avvertimento di cui all’art. 114 disp. att, cod. proc. pen. è funzionale a garantire che l’alcoltest, in quanto atto a sorpresa e non ripetibile, sia condotto nel rispetto dei diritti della persona sottoposta alle indagini. Il procedimento, in altri termini è certamente in corso, allorquando si registra il rifiuto dell’interessato di sottoporsi all’alcoltest, ma, a questo punto, e n momento stesso del rifiuto, viene integrato il fatto reato sanzionato dall’art. 186, comma 7, C.d.S. (Sez. 4, n. 4896 del 16/01/2020, COGNOME, Rv. 278579).
2.2. Con riferimento al secondo profilo di censura, va rilevato che il tema della mancanza di consenso agli accertamenti sanitari non aveva formato oggetto di motivo di appello.
Ebbene, non possono essere dedotte con il ricorso per Cassazione questioni sulle quali il giudice di appello abbia correttamente omesso di pronunziarsi perché non devolute alla sua cognizione (Sez. 2, n. 13826 del 17/02/2017, Bolognese, Rv. 269745). Occorre evitare il rischio che in sede di legittimità sia annullato il provvedimento impugnato con riferimento ad un punto della decisione rispetto al quale si configura a priori un inevitabile difetto di motivazione per essere stato intenzionalmente sottratto alla cognizione del giudice di appello (Sez. 2, n. 29707 del 08/03/2017, Galdi, Rv. 270316).
Peraltro, i reati in questione si perfezionano in un momento anteriore, col rifiuto del guidatore di sottoporsi ad accertamenti, mentre la problematica relativa al consenso al prelievo ematico costituisce un post factum penalmente irrilevante.
Con il terzo motivo di ricorso il COGNOME si duole dell’omesso riconoscimento della causa di non punibilità prevista dall’art. 131 bis cod. pen..
Va osservato che, per la configurabilità della causa di esclusione della punibilità prevista dall’art. 131 bis, cod. pen., il giudizio sulla tenuità richiede una valutazione complessa e congiunta di tutte le peculiarità della fattispecie concreta, che tenga conto, ai sensi dell’art. 133, comma primo, cod. pen., delle modalità della condotta, del grado di colpevolezza da esse desumibile e dell’entità del danno o del pericolo (Sez. U, n. 13681 del 25/02/2016, Tushaj, Rv. 266590).
A tal fine, non è necessaria la disamina di tutti gli elementi di valutazione previsti, ma è sufficiente l’indicazione di quelli ritenuti rilevanti (Sez. 6, n. 55107 de 08/11/2018, COGNOME, Rv. 274647), dovendo comunque il giudice motivare sulle forme di estrinsecazione del comportamento incriminato, per valutarne la gravità, l’entità del contrasto rispetto alla legge e, conseguentemente, il bisogno di pena, non potendo far ricorso a mere clausole di stile (Sez. 6, n. 18180 del 20/12/2018, COGNOME, Rv. 275940).
Trattandosi, quindi, di una valutazione da compiersi sulla base dei criteri di cui all’art. 133, cod. pen., essa rientra nei poteri discrezionali del giudice di merito e, di conseguenza, non può essere sindacata dalla Corte di legittimità, se non nei limiti della mancanza o della manifesta illogicità della motivazione postavi a sostegno.
La decisione impugnata ha fatto corretta applicazione di quei princìpi e la relativa motivazione non presenta evidenti discrasie di ordine logico.
La Corte distrettuale, infatti, ha reputato decisivi, ai fini della valutazione de grado di offensività della condotta, la causazione di un sinistro stradale (tamponamento sul lato posteriore destro di un furgone che lo precedeva), lo stato di alterazione segnalato dagli agenti operanti (come evidenziato dal teste NOME) e i plurimi precedenti specifici.
Si tratta di circostanze indiscutibilmente significative che rientrano tra i parametri espressamente considerati dall’art. 133 cod. pen..
L’imputato si confronta solo parzialmente coi molteplici elementi di segno negativo riguardanti il ricorrente, ai quali tuttavia la Corte distrettuale, con adeguato apparato argomentativo, ha riconosciuto rilievo decisivo al fine di negare il beneficio richiesto. Il ricorso, peraltro, è generico nella parte in cui si limita a dolersi de mancanza di precedenti specifici, senza però chiarire perché essi dovrebbero essere considerati di scarso rilievo.
Peraltro, la motivazione sopra sinteticamente riportata risulta del tutto congrua ed adeguata anche a seguito delle modifiche all’istituto dell’art. 131 bis cod. pen. apportate dall’art. 1, comma 1, lett. c), n. 1 d.lgs. 10 ottobre 2022, n. 150.
Per le ragioni che precedono, il ricorso va dichiarato inammissibile con conseguente condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali e – non sussistendo ragioni di esonero – al versamento della somma di euro tremila in favore della Cassa delle ammende.
P. Q. M.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di euro tremila in favore della Cassa delle ammende. Così deciso in Roma il 10 gennaio 2024.