Sentenza di Cassazione Penale Sez. 6 Num. 34058 Anno 2025
Penale Sent. Sez. 6   Num. 34058  Anno 2025
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME NOME
Data Udienza: 10/09/2025
R E P U B B L I C A   I T A L I A N A
In nome del COGNOME RAGIONE_SOCIALE
LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SESTA SEZIONE PENALE
Composta da
NOME COGNOME                           – Presidente –                  Sent.n. sez. 1184/25
NOME COGNOME                                                              CC – 10/09/2025
NOME COGNOME Raddusa                                                     R.G.N. 21141/2025
NOME COGNOME                       – Relatore –
NOME COGNOME
ha pronunciato la seguente
SENTENZA
sul ricorso proposto da
COGNOME NOME, nato a Cosenza il DATA_NASCITA;
avverso l’ordinanza emessa in data 10 aprile 2025 dal Tribunale di Catanzaro;
visti gli atti, il provvedimento impugnato e il ricorso;
udita la relazione del consigliere NOME COGNOME; udite le conclusioni del Pubblico Ministero, in persona del AVV_NOTAIO Procuratore generale NOME COGNOME, che ha chiesto il rigetto del ricorso; udite le conclusioni RAGIONE_SOCIALE avvocati NOME COGNOME e NOME COGNOME, che hanno chiesto l’accoglimento dei motivi di ricorso.
RITENUTO IN FATTO
Con  l’ordinanza  impugnata  il  Tribunale  di  Catanzaro,  pronunciando  in sede  di  rinvio  disposto  dalle  sentenze  n.  2132  del  17/10/2024  n.  1298  del
18/12/2024 e n. 7675 del 17/1/2025 della Corte di cassazione, ha rigettato gli appelli riuniti proposti nell’interesse di NOME COGNOME avverso le ordinanze del 20  giugno  2024,  del  10  ottobre  2024  e  del  10  ottobre  2025  del  Tribunale  di Catanzaro, che hanno rigettato istanze di revoca o di sostituzione della misura della  custodia  cautelare  in  carcere,  e  ha  condannato  la  parte  impugnante  al pagamento delle spese del procedimento.
Gli  avvocati  NOME  COGNOME  e  NOME  COGNOME  hanno  proposto ricorso  avverso  tale  ordinanza  e,  proponendo  undici  motivi,  ne  hanno  chiesto l’annullamento.
2.1. Con il primo motivo i difensori hanno censurato la contraddittorietà e la manifesta  illogicità  della  motivazione  in  relazione  alle  dichiarazioni  rese  in dibattimento dai testimoni COGNOME e COGNOME.
Il Tribunale avrebbe illogicamente svalutato le testimonianze dei due ufficiali di polizia giudiziaria, che hanno rispettivamente condotto le indagini sul RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE  ‘Italiani’  e  sul  RAGIONE_SOCIALE  RAGIONE_SOCIALE  ‘RAGIONE_SOCIALE,  ritenendo  le  allegazioni  svolte  dalla difesa dotate di «scarsa incidenza sul quadro indiziario complessivo».
Ad  avviso  dei  difensori,  queste  dichiarazioni  sarebbero,  invece,  assai rilevanti, in quanto i testimoni, nel corso delle loro deposizioni, non hanno indicato il ricorrente tra i partecipi dell’associazione criminale contestata.
Le dichiarazioni RAGIONE_SOCIALE ufficiali di polizia giudiziaria, dunque, non costituirebbero  un  elemento  neutro,  ma  la  conferma  dell’assenza  di  riscontri nell’attività di indagine all’ipotesi della partecipazione del ricorrente al RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE ‘RAGIONE_SOCIALE‘. Queste dichiarazioni, peraltro, dovrebbero essere considerate unitariamente a quelle rese dall’ex  collaboratore  di  giustizia  NOME  COGNOME  e RAGIONE_SOCIALE attuali collaboratori di giustizia NOME COGNOME e NOME COGNOME.
2.2. Con il secondo motivo i difensori hanno eccepito la contraddittorietà e la  manifesta  illogicità  della  motivazione  in  relazione  alla  vicenda  del  tentato omicidio  di  NOME  COGNOME,  considerata  dall’ordinanza  impugnata  al  fine  di dimostrare l’intraneità del ricorrente al RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE ‘RAGIONE_SOCIALE‘.
Il collaboratore di giustizia COGNOME, nell’interrogatorio del 28 marzo 2018, ha sostenuto di essere stato presente ad un incontro avvenuto due giorni dopo il tentato omicidio di NOME COGNOME, al quale sarebbero stati presenti oltre al dichiarante, NOME COGNOME, NOME COGNOME e NOME COGNOME; nel corso di questo incontro NOME COGNOME avrebbe incaricato COGNOME di andare a prendere NOME COGNOME, al quale sarebbe stato chiesto di portare a casa dei ‘RAGIONE_SOCIALE‘ il padre di NOME COGNOME per riappacificarsi.
Ad avviso dei  difensori,  le  dichiarazioni  rese  dal  collaboratore  di  giustizia COGNOME  in relazione a tale  vicenda  sarebbero,  tuttavia,  contraddette  dalle dichiarazioni  di  NOME  COGNOME,  NOME  COGNOME  e  NOME  COGNOME,  che
avrebbero, peraltro, reso versioni contrastanti sul punto.
2.3. Con il terzo motivo i difensori hanno dedotto la contraddittorietà e la manifesta illogicità della motivazione in ordine alle dichiarazioni rese in dibattimento dal collaboratore di giustizia NOME COGNOME, non ravvisando «elementi di novità» nelle stesse rispetto alle dichiarazioni rese dal medesimo nella fase delle indagini.
Il  Tribunale  avrebbe,  infatti,  valorizzato  le  dichiarazioni  di  COGNOME  per dimostrare  l’intraneità  del  ricorrente  al  RAGIONE_SOCIALE  RAGIONE_SOCIALE  ‘Italiani’,  illogicamente considerandole  convergenti  con  quelli  di  altri  dichiaranti,  che  hanno  collocato l’imputato nel RAGIONE_SOCIALE ‘RAGIONE_SOCIALE‘.
Il  collaboratore  di  giustizia,  tuttavia,  ha  negato  rapporti  tra  COGNOME  e  il RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE ‘RAGIONE_SOCIALE‘ e ha riferito che il ricorrente ha avuto con il RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE ‘Italiani’ solo «stretti rapporti di amicizia».
Questa espressione sarebbe, tuttavia, equivoca e neutra sul piano indiziario e strutturalmente inidonea a comprovare condotte di rilievo penale del ricorrente.
2.4. Con il quarto motivo i difensori hanno censurato la contraddittorietà e la  manifesta  illogicità  della  motivazione  in  ordine  alle  dichiarazioni  rese  in dibattimento dal collaboratore di giustizia NOME COGNOME, membro di spicco del RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE ‘Italiani’.
Il Tribunale avrebbe  illogicamente considerato neutro il fatto che  il collaboratore di giustizia non abbia reso dichiarazioni accusatorie nei confronti del ricorrente,  in  quanto  questo  elemento,  lungi  dall’essere  neutro,  dimostrerebbe l’infondatezza della contestazione e dovrebbe essere considerato unitamente alle dichiarazioni rese dal maggiore COGNOME.
2.5. Con il quinto motivo i difensori hanno eccepito la contraddittorietà e la manifesta illogicità della motivazione in ordine alle dichiarazioni rese da NOME COGNOME.
Il  Tribunale  di  Catanzaro,  ancorché  fosse  stato  già  «redarguito»  dalla sentenza della Corte di cassazione n. 2132 del 2025, ha continuato a obliterare le dichiarazioni del collaboratore di giustizia, che, nell’interrogatorio del 30 marzo 2023, ha indicato COGNOME come «non coinvolto nelle dinamiche associative».
Queste  dichiarazioni  sarebbero,  peraltro,  corroborate  da  quelle  rese  da NOME COGNOME, che non ha indicato il ricorrente tra i partecipi al RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE ‘Italiani’ e dal maggiore COGNOME, che non lo ha indicato tra i soggetti partecipi alle dinamiche del RAGIONE_SOCIALE criminale.
2.6. Con il sesto motivo i difensori hanno dedotto la contraddittorietà e la manifesta illogicità della motivazione in ordine all’interpretazione delle intercettazioni richiamate nell’ordinanza impugnata.
L’intercettazione prog. 18329 del 14 marzo 2019 sarebbe illogicamente stata ritenuta come una conferma dell’accusa mossa al ricorrente; secondo l’ipotesi di
accusa,  questa  intercettazione  dimostrerebbe  che  NOME  COGNOME,  elemento apicale del clan RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE, doveva recarsi presso l’autodemolizione di COGNOME per incontrare il sodale NOME COGNOME, attivo nelle estorsioni.
Dal testo dell’intercettazione, riportata nel ricorso, il riferimento al ricorrente, tuttavia,  sarebbe  stato  operato  solo  per  indicare  il  luogo  dell’incontro,  noto «all’interno  del  territorio  cosentino  come  un  luogo  storico»,  e  non  già  per comprovare un diretto coinvolgimento del ricorrente negli affari illeciti del RAGIONE_SOCIALE ‘RAGIONE_SOCIALE‘.
2.7. Con il settimo motivo i difensori hanno eccepito la contraddittorietà e la manifesta illogicità della motivazione in ordine alle dichiarazioni rese in dibattimento  da  NOME  COGNOME,  NOME  COGNOME,  NOME  COGNOME, NOME COGNOME e NOME COGNOME.
I difensori hanno eccepito che le dichiarazioni di NOME COGNOME e di NOME COGNOME non avrebbero potuto essere utilizzate dal Tribunale di Catanzaro, in quanto non erano state allegate all’atto di appello.
Venendo  meno  tali  dichiarazioni,  sarebbero  insussistenti  le  prove  della intraneità del ricorrente all’associazione. NOME COGNOME, inoltre, esponente apicale del RAGIONE_SOCIALE ‘RAGIONE_SOCIALE‘, ha escluso qualsiasi rapporto illecito con il ricorrente e la moglie, NOME COGNOME, ha detto di conoscerlo solo per ragioni lavorative.
NOME COGNOME, figura di spicco del RAGIONE_SOCIALE ‘RAGIONE_SOCIALE‘, un sottoRAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE Italiani, avrebbe, inoltre, escluso qualsiasi coinvolgimento associativo del ricorrente.
Le dichiarazioni dei collaboratori di giustizia COGNOME, COGNOME e COGNOME, dunque, escluderebbero il coinvolgimento dei ricorrente sia in relazione al RAGIONE_SOCIALE ‘RAGIONE_SOCIALE‘, sia in relazione a qualsiasi altro RAGIONE_SOCIALE criminale.
2.8. Con l’ottavo motivo i difensori hanno censurato la contraddittorietà e la manifesta illogicità della motivazione in ordine alle dichiarazioni rese in dibattimento da NOME COGNOME, soggetto dedito allo spaccio di sostanze stupefacenti e, per sua stessa ammissione, intraneo al contesto associativo, nel RAGIONE_SOCIALE.
Il collaboratore di giustizia, infatti, avrebbe escluso qualsiasi coinvolgimento del ricorrente nel sistema del narcotraffico e nell’associazione a delinquere di tipo mafioso e, comunque, sino al 2017; queste dichiarazioni, dunque, comporterebbero  un  ridimensionamento  della  contestazione  cautelare,  operata sino a partire dal 2012.
2.9. Con il nono motivo i difensori hanno dedotto la contraddittorietà e la manifesta illogicità della motivazione in ordine alle dichiarazioni rese in dibattimento dai collaboratori di giustizia COGNOME, COGNOME, COGNOME, COGNOME e COGNOME, in quanto queste dichiarazioni, in violazione delle sentenze rescindenti,  non  sarebbero  state  considerate  dal  Tribunale  di  Catanzaro  nel
provvedimento impugnato.
La motivazione dell’ordinanza impugnata sarebbe meramente apparente sul punto, riferendosi ad una precedente ordinanza emessa in sede cautelare.
2.10. Con il decimo motivo i difensori hanno censurato la contraddittorietà e la manifesta illogicità della motivazione in ordine alla valutazione delle risultanze processuali sopravvenute a sostegno della rivalutazione delle esigenze cautelari.
Dalle dichiarazioni dei collaboratori di giustizia indicate nei precedenti motivi di ricorso sarebbe, infatti, emerso un sovvertimento del quadro indiziario tale da determinare un mutamento del quadro cautelare e la necessità di adeguare le esigenze cautelari, mediante l’applicazione di una misura cautelare meno gravosa della custodia cautelare in carcere.
Il  Tribunale  di  Cosenza,  peraltro,  nell’ambito  del  procedimento  penale ‘Reset’ ha sostituito la misura coercitiva della custodia cautelare in carcere con quella RAGIONE_SOCIALE arresti domiciliari nei confronti di NOME COGNOME e NOME COGNOME, imputati del solo reato associativo, al pari del ricorrente.
2.11. Con l’undicesimo motivo i difensori hanno eccepito la contraddittorietà e la manifesta illogicità della motivazione in ordine alla giudizio di gravità indiziaria quanto alla partecipazione del ricorrente ad una associazione di tipo mafioso nel RAGIONE_SOCIALE ‘RAGIONE_SOCIALE‘ o altro sodalizio criminoso.
Le dichiarazioni dei collaboratori di giustizia, infatti, avrebbero dimostrato l’insussistenza dell’ affectio societatis e la sua completa estraneità alle vicende del c.d. ‘Sistema’.
CONSIDERATO IN DIRITTO
 Il  ricorso  deve  essere  rigettato,  in  quanto  i  motivi  proposti  sono complessivamente infondati.
Nel delibare le censure proposte dal ricorrente occorre premettere che il ricorrente è stato ritenuto gravemente indiziato in sede cautelare del delitto di cui all’art. 416bis cod. pen. ed è imputato per tale delitto nel dibattimento che si sta attualmente celebrando in relazione a tale imputazione.
2.1.  Secondo  l’ipotesi  di  accusa,  il  ricorrente  sarebbe  stato  partecipe  del RAGIONE_SOCIALE  criminale  denominato  RAGIONE_SOCIALE,  retto  dal  c.d.  RAGIONE_SOCIALE  ‘RAGIONE_SOCIALE‘, riconducibile al ‘sistema’ criminale, costituito da una confederazione tra gruppi confinanti e alleati di tipo ‘ndranghetista, operante nel territorio cosentino, e si sarebbe occupato di specifiche condotte esecutive del programma associativo, in particolare, fornendo ai sodali informazioni rilevanti per l’attività di narcotraffico.
2.2.  Nel  corso  del  dibattimento  i  difensori  dell’imputato  hanno  proposto plurime  istanze  di  sostituzione  della  misura  coercitiva  della  custodia  cautelare,
deducendo  l’intervenuto indebolimento del giudizio di gravità indiziaria e l’attenuazione  delle  esigenze  cautelari  in  ragione  delle  escussioni  dei  testimoni sentiti nel corso del dibattimento.
2.3. Le plurime ordinanze di rigetto di tali istanze adottate dal Tribunale di Catanzaro sono state impugnate e la Corte di cassazione:
con sentenza n. 2132 del 17/10/2023 (dep. 17/1/2025), ha annullato l’ordinanza del 20 giugno 2024 per nuovo giudizio, in quanto ha ritenuto carente la motivazione con riferimento alle prospettazioni difensive relative alle dichiarazioni rese dai collaboratori di giustizia NOME COGNOME, NOME COGNOME, alle escussioni dibattimentali dei collaboratori di giustizia NOME COGNOME e NOME COGNOME e dei testi NOME COGNOME e NOME COGNOME, nonché al coinvolgimento di COGNOME nelle vicende relative al tentato omicidio di NOME COGNOME e al mancato pagamento di una partita di droga RAGIONE_SOCIALE COGNOME;
 con  sentenza  n.  1298  del  18/12/2024  (dep.  13/01/2025),  ha  annullato l’ordinanza del 10 ottobre 2024 per nuovo giudizio «per omessa motivazione sulle dichiarazioni dei collaboratori di giustizia NOME COGNOME, NOME COGNOME, NOME COGNOME e NOME COGNOME in ordine alla partecipazione di NOME COGNOME alla confederazione oggetto dell’imputazione»;
con sentenza n. 7675 del 17/01/2025 (dep. 25/02/2025), ha annullato l’ordinanza impugnata per nuovo giudizio, perché «quanto al collaboratore COGNOME, permane il vizio originariamente rilevato giacché il richiamo a due ordinanze rese in sede di appello cautelare che conterrebbero l’esposizione delle ragioni che ne dimostrano l’inattendibilità non consente al collegio alcuna valutazione circa la completezza, pregnanza e conferenza dell’apprezzamento in quella sede effettuato rispetto alle censure difensive. V’è da aggiungere che la difesa risulta aver depositato in data 4/10/2024 una memoria difensiva corredata dalle dichiarazioni rese da NOME COGNOME, COGNOME NOME, NOME COGNOME e COGNOME NOME in epoca successiva alla pronunzia rescindente e nel corso dell’istruttoria dibattimentale per il delitto associativo ascritto al ricorrente, atto del quale l’ordinanza impugnata non fa menzione, limitandosi ad escludere sopravvenienze rilevanti suscettibili di incidere sulla gravità indiziaria, in radicale contrasto con la prospettata decisività delle dichiarazioni dei collaboratori acquisite in contraddittorio».
In queste pronunce, la Corte di cassazione ha fondamentalmente rilevato che «nella piena consapevolezza che il Tribunale del riesame non possa anticipare il giudizio finale in ordine alle prove acquisite e alla responsabilità dell’indagato, atteso che l’elemento di novità addotto dalla difesa è costituito sostanzialmente dal contenuto dell’istruttoria dibattimentale in corso, non può non rilevarsi che la motivazione, cumulativa, sia solo apparente non consentendo al giudice di legittimità di operare alcun controllo di coerenza nei termini richiesti dal ricorrente
e circa la decisività di quelle dichiarazioni ai fini della  conferma  o del ridimensionamento del quadro indiziario a carico di COGNOME» (pag. 5 della sentenza n. 1298 del 2025).
2.4. Il Tribunale di Catanzaro, con l’ordinanza impugnata, ha emendato le precedenti motivazioni, annullate dalla Corte di cassazione, in quanto non ha fatto più ricorso alla motivazione cumulativa, stigmatizzata per la sua valenza meramente apparente, ma, con argomentazione riferita specificamente a ciascun elemento di prova addotto dalla difesa, ha ritenuto le nuove acquisizioni probatorie inidonee a infirmare il giudizio di gravità indiziaria consolidatosi all’esito del procedimento di riesame.
Con il primo motivo i difensori hanno censurato la contraddittorietà e la manifesta illogicità della motivazione in ordine alle dichiarazioni rese in dibattimento dai testimoni COGNOME e COGNOME due ufficiali di polizia giudiziaria che hanno rispettivamente condotto le indagini sul RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE ‘Italiani’ e sul RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE ‘RAGIONE_SOCIALE.
 Il  motivo  è  inammissibile,  in  quanto  i  difensori  censurano  un  mero dissenso valutativo rispetto ai giudici dell’appello cautelare.
Secondo il costante orientamento della giurisprudenza di legittimità, del resto, in tema di misure cautelari personali, il ricorso per cessazione che deduca insussistenza dei gravi indizi di colpevolezza è ammissibile solo se denuncia la violazione di specifiche norme di legge o la manifesta illogicità della motivazione del provvedimento, ma non anche quando propone censure che riguardano la ricostruzione dei fatti, o che si risolvono in una diversa valutazione RAGIONE_SOCIALE elementi esaminati dal giudice di merito ( ex plurimis : Sez. 2, n. 31553 del 17/05/2017, Paviglianiti, Rv. 270628 – 01; Sez. 2, n. 27866 del 17/06/2019, COGNOME, Rv. 276976-01).
Il  Tribunale  di  Catanzaro  ha,  peraltro,  non  illogicamente  rilevato  che  le dichiarazioni RAGIONE_SOCIALE agenti COGNOME e COGNOME assumono una scarsa valenza indiziaria in ordine al quadro cautelare complessivamente delineatosi, in quanto gli agenti nel  dibattimento  si  sono  limitati  a  riferire  delle  attività  compiute  e,  dunque,  di attività,  secondo  quanto  riferito  dallo  stesso  teste  COGNOME  all’udienza  del  20 febbraio 2024, che non hanno riguardato specificamente il ricorrente.
Con il secondo motivo i difensori hanno eccepito la contraddittorietà e la manifesta illogicità della motivazione in relazione alla vicenda del tentato omicidio di NOME COGNOME e alla valutazione del collaboratore di giustizia COGNOME e alla loro contraddittorietà con quelle rese da NOME COGNOME, NOME COGNOME e NOME COGNOME.
Il motivo è inammissibile, in quanto si risolve in una sollecitazione ad una diversa valutazione delle risultanze istruttorie, non  consentito in sede di legittimità.
Secondo il costante orientamento della giurisprudenza di legittimità, infatti, esula dai poteri della Corte di cassazione quello di una diversa lettura RAGIONE_SOCIALE elementi di fatto posti a fondamento della decisione, la cui valutazione è riservata in via esclusiva al giudice di merito senza che possa integrare vizio di legittimità la mera prospettazione di una diversa valutazione delle risultanze processuali ritenute dal ricorrente più adeguate (Sez. U, n. 6402 del 2/07/1997, Dessimone, Rv. 207944).
Il  Tribunale  di  Catanzaro  ha,  peraltro,  non  illogicamente  ritenuto  che  il collaboratore di giustizia NOME COGNOME ha riferito del coinvolgimento del ricorrente nelle interlocuzioni successive al tentato omicidio di NOME COGNOME in termini sostanzialmente sovrapponibili a quanto rappresentato da COGNOME e che non risultano contraddetti dalle dichiarazioni rese dal collaboratore NOME COGNOME.
Nella  valutazione  non  certo  illogica  del  Tribunale,  inoltre,  non  sarebbe rilevante la circostanza che l’esecutore materiale NOME COGNOME non abbia riferito del ricorrente, in quanto il medesimo potrebbe non essere stato a conoscenza di coloro che hanno partecipato alle altre fasi dell’esecuzione del delitto.
 Con  il  terzo  motivo  i  difensori  hanno  dedotto  la  contraddittorietà  e  la manifesta illogicità della motivazione in ordine alle dichiarazioni rese in dibattimento dal collaboratore di giustizia NOME COGNOME.
Anche questo motivo è inammissibile, in quanto si risolve in un dissenso sulla valutazione della prova dedotta, non censurabile nel giudizio di legittimità.
Sono precluse al giudice di legittimità la rilettura RAGIONE_SOCIALE elementi di fatto posti a fondamento della decisione impugnata e l’autonoma adozione di nuovi e diversi parametri  di  ricostruzione  e  valutazione  dei  fatti,  indicati  dal  ricorrente  come maggiormente plausibili  o  dotati  di  una  migliore  capacità  esplicativa  rispetto  a quelli  adottati  dal  giudice  del  merito  (Sez.  6,  n.  5456  del  4/11/2020,  F.,  Rv. 280601-1; Sez. 6, n. 47204 del 07/10/2015, COGNOME, Rv. 265482).
Il  Tribunale  di  Catanzaro,  peraltro,  ha  congruamente  ritenuto  che  le dichiarazioni resa dal collaboratore di giustizia all’udienza dibattimentale del 12 novembre  2024  non  siano  difformi  da  quelle  rese  dallo  stesso  nel  corso  delle indagini preliminari.
Con il quarto motivo i difensori hanno censurato la contraddittorietà e la
manifesta illogicità della motivazione in ordine alle dichiarazioni rese in dibattimento dal collaboratore di giustizia NOME COGNOME.
 Il  motivo  è  infondato,  in  quanto  il  Tribunale  di  Catanzaro  ha  non illogicamente considerato neutro il silenzio serbato in dibattimento dal collaboratore  di  giustizia  NOME  COGNOME,  intraneo  al  RAGIONE_SOCIALE  RAGIONE_SOCIALE  Italiani,  in ordine alla posizione del ricorrente.
Con il quinto motivo i difensori hanno eccepito la contraddittorietà e la manifesta illogicità della motivazione in ordine alle dichiarazioni rese da NOME COGNOME.
 Il  motivo  è  infondato,  in  quanto  il  Tribunale  di  Catanzaro  ha  non illogicamente rilevato che le dichiarazioni valorizzate dai difensori sono state rese in  altro  processo  penale,  relativo  all’estorsione  di  tale  COGNOME,  contestata  nel processo penale c.d. Testa di serpente  e, dunque, non sono idonee a fondare una rivisitazione  del  complessivo  quadro  indiziario  consolidatosi  nei  confronti  del ricorrente.
Con il sesto motivo i difensori hanno dedotto la contraddittorietà e la manifesta illogicità della motivazione in ordine all’interpretazioni dell’intercettazione prog. 18329 del 14 marzo 2019.
 Il    motivo  è  inammissibile,  in  quanto  l’interpretazione  del  linguaggio adoperato dai soggetti intercettati, anche quando sia criptico o cifrato, costituisce questione di fatto, rimessa alla valutazione del giudice di merito, la quale, se risulta logica in relazione alle massime di esperienza utilizzate, si sottrae al sindacato di legittimità (Sez. U, n. 22471 del 26/02/2015, Sebbar, Rv. 263715).
L’interpretazione del significato di una conversazione intercettata è, dunque, riservata al giudice di merito e può essere sindacata solo se ne sia stato travisato il  contenuto e la difformità con quello reale e il travisamento risulti decisivo ed incontestabile (Sez. 5, n. 7465 del 28/11/2013, COGNOME, Rv. 259516; Sez. 6, n. 11189 del 08/03/2012, COGNOME, Rv. 252190; Sez. 2, n. 38915 del 17/10/2007, COGNOME, Rv. 237994).
Il  Tribunale  ha,  peraltro,  rilevato  come  tali  censure  sono  ormai  assorbite dalla sentenza n. 1298 del 18 dicembre 2024 della Corte di cassazione, che ha ritenuto che il Tribunale ha già motivato congruamente su tali punti; il ricorrente non si è confrontato con questa motivazione.
Con il settimo motivo i difensori hanno eccepito la contraddittorietà e la
manifesta illogicità della motivazione in ordine alle dichiarazioni rese in dibattimento  da  NOME  COGNOME,  NOME  COGNOME,  NOME  COGNOME, NOME COGNOME e NOME COGNOME, peraltro inammissibili, in quanto non erano state allegate all’atto di appello.
L’eccezione di inutilizzabilità formulata dai difensori è inammissibile, in quanto non è stata operata la cd. prova di resistenza.
Secondo il costante orientamento della giurisprudenza di legittimità, in tema di ricorso per cassazione, è onere della parte che eccepisce l’inutilizzabilità di atti processuali senza indicare, pena l’inammissibilità del ricorso per genericità del motivo, gli atti specificamente affetti dal vizio e chiarirne altresì la incidenza sul complessivo compendio indiziario già valutato, sì da potersene inferire la decisività in riferimento al provvedimento impugnato (Sez. U, n. 23868 del 23/04/2009, COGNOME, Rv. 243416; conf. Sez. 2, n. 7986 del 18/11/2016, La Gumina, Rv. 269218; Sez. 6, n. 18764 del 05/02/2014, Barilari, Rv. 259452).
Le residue censure proposte con il motivo si risolvono, ancora una volta, nell’inammissibile prospettazione di una lettura alternativa delle prove predette.
Con l’ottavo motivo i difensori hanno censurato la contraddittorietà e la manifesta illogicità della motivazione in ordine alle dichiarazioni rese in dibattimento da NOME COGNOME.
Il  motivo è inammissibile, in quanto è volto a sollecitare una diversa valutazione  delle  dichiarazioni rese  dal collaboratore  di giustizia  e  questa operazione esula dai poteri del giudice di legittimità.
Con il nono motivo i difensori hanno dedotto la contraddittorietà e la manifesta illogicità della motivazione in ordine alle dichiarazioni rese in dibattimento dai collaboratori di giustizia COGNOMECOGNOME COGNOME, COGNOME, COGNOME e COGNOME.
Il  motivo  è  inammissibile  per  aspecificità,  in  quanto  non  si  confronta specificamente con la motivazione dell’ordinanza impugnata che ha puntualmente rilevato  di  non  poter  sindacare  nuovamente  tali  dichiarazioni,  in  quanto medio tempore la  Corte  di  cassazione,  con  sentenza  n.  15945  del  17/01/2025,  ha rigettato, in quanto infondato, il ricorso proposto da COGNOME avverso l’ordinanza del 10/10/2024 del Tribunale di Catanzaro in sede di appello cautelare.
In  questa  sentenza  la  Corte  di  cassazione  ha  rilevato  l’inidoneità  delle dichiarazioni  rese  in  dibattimento  dai  predetti  collaboratori  di  giustizia,  come inidonee «a scalfire il preesistente quadro indiziario».
Secondo il costante orientamento della giurisprudenza di legittimità, del resto, in tema di inammissibilità del ricorso per cassazione, i motivi devono ritenersi generici non solo quando risultano intrinsecamente indeterminati, ma altresì quando difettino della necessaria correlazione con le ragioni poste a fondamento del provvedimento impugnato (Sez. 2, n. 11951 del 29/01/2014, Lavorato, Rv. 259425 – 01; Sez. 5, n. 28011 del 15/02/2013, NOME, Rv. 255568 – 01).
Con il decimo motivo i difensori hanno censurato la contraddittorietà e la manifesta illogicità della motivazione in ordine alla valutazione delle risultanze processuali sopravvenute a sostegno della rivalutazione delle esigenze cautelari.
Con l’undicesimo motivo i difensori hanno eccepito la contraddittorietà e la manifesta illogicità della motivazione in ordine alla giudizio di gravità indiziaria quanto alla partecipazione del ricorrente ad una associazione di tipo mafioso nel RAGIONE_SOCIALE ‘RAGIONE_SOCIALE‘ o altro sodalizio criminoso.
Questi motivi sono infondati, in quanto si fondano su un presupposto fallace, ovvero sulla idoneità RAGIONE_SOCIALE elementi probatori sopra indicati a infirmare il giudizio di gravità indiziaria consolidatosi nel giudicato cautelare e a costituire un elemento di novità idoneo a superare la pregressa diagnosi cautelare.
Le  ulteriori  censure  relative  all’intervenuta  attenuazione  delle  esigenze cautelari sono, peraltro, inammissibili per aspecificità, in quanto non si confrontano con la motivazione dell’ordinanza impugnata, incentrata sull’applicazione della doppia presunzione di cui all’art. 275, comma 3, cod. proc. pen., e si risolvono in una sollecitazione ad un rinnovato esame di merito della diagnosi cautelare.
Alla stregua di tali rilievi, il ricorso deve essere rigettato e il ricorrente deve, pertanto, essere condannato, ai sensi dell’art.  616,  comma  1,  cod.  proc. pen., al pagamento delle spese del procedimento.
P.Q.M.
Rigetta  il  ricorso  e  condanna  il  ricorrente  al  pagamento  delle  spese processuali.
Così deciso in Roma, il 10 settembre 2025.
Il Consigliere estensore
Il Presidente NOME COGNOME
NOME COGNOME