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Riesame cautelare: i limiti del ricorso in Cassazione

La Corte di Cassazione ha dichiarato inammissibile il ricorso di un indagato contro un’ordinanza di custodia cautelare in carcere per associazione a delinquere finalizzata al traffico di stupefacenti. La sentenza chiarisce i rigidi confini del giudizio di legittimità in materia di riesame cautelare, stabilendo che la Corte non può riesaminare nel merito gli indizi, ma solo verificare la logicità della motivazione del Tribunale del Riesame. Inoltre, ha precisato che la mancata trasmissione di alcuni atti è irrilevante se questi erano già a disposizione del Tribunale per precedenti ricorsi di coindagati.

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Pubblicato il 5 ottobre 2025 in Diritto Penale, Giurisprudenza Penale, Procedura Penale

Riesame Cautelare: i limiti del ricorso in Cassazione

La Corte di Cassazione, con una recente sentenza, è tornata a pronunciarsi sui confini del riesame cautelare e sui motivi per cui un ricorso avverso una misura restrittiva della libertà personale può essere dichiarato inammissibile. Il caso analizzato riguarda un indagato accusato di far parte di un’associazione per delinquere finalizzata al traffico di stupefacenti, al quale era stata applicata la custodia cautelare in carcere. La decisione offre importanti chiarimenti sui poteri della Suprema Corte nel controllo dei provvedimenti ‘de libertate’.

I Fatti del Caso: un’accusa di associazione a delinquere

Un soggetto veniva raggiunto da un’ordinanza di custodia cautelare in carcere poiché gravemente indiziato di partecipazione a un’associazione criminale dedita al traffico di cocaina e marijuana. Secondo l’accusa, il suo ruolo consisteva nel mettere a disposizione del gruppo delle autovetture ‘pulite’, reperite tramite il suo autosalone, per garantire una copertura lecita durante le trasferte finalizzate all’approvvigionamento della droga. Oltre al reato associativo, gli veniva contestato il concorso in uno specifico episodio di acquisto di sostanze stupefacenti.

I Motivi del Ricorso: tra vizi procedurali e questioni di merito

L’indagato, tramite i suoi difensori, proponeva ricorso in Cassazione avverso l’ordinanza del Tribunale del Riesame che aveva confermato la misura cautelare. I motivi principali erano i seguenti:

1. Vizio procedurale: La difesa lamentava la mancata trasmissione al Tribunale del Riesame di tutti gli atti processuali, in particolare dei decreti autorizzativi delle intercettazioni, violando così il diritto di difesa.
2. Carenza di gravi indizi: Il ricorrente contestava la sussistenza di gravi indizi di colpevolezza sia per il reato associativo che per il singolo episodio di traffico, sostenendo che la semplice fornitura a noleggio di un’auto non potesse integrare una partecipazione consapevole al sodalizio criminale.
3. Mancanza di motivazione sulle esigenze cautelari: Si criticava l’ordinanza per non aver adeguatamente motivato in merito alla necessità della custodia in carcere, ritenuta sproporzionata, e sulla possibilità di sostituirla con gli arresti domiciliari.

La Decisione della Cassazione sul riesame cautelare

La Corte di Cassazione ha dichiarato il ricorso inammissibile, respingendo tutte le censure sollevate. La sentenza ribadisce con fermezza i principi che governano il giudizio di legittimità in materia di misure cautelari.

La Questione della Trasmissione degli Atti

Sul primo punto, la Corte ha ritenuto il motivo infondato. Ha chiarito che l’obbligo di trasmissione degli atti al Tribunale del Riesame può considerarsi assolto anche quando i documenti si trovano già presso lo stesso tribunale perché depositati in occasione del ricorso di un coimputato nello stesso procedimento. In tal caso, non si verifica alcuna violazione del diritto di difesa. La difesa avrebbe potuto, al più, chiedere un rinvio dell’udienza per esaminare gli atti, cosa che non è avvenuta.

Il Controllo di Legittimità sui Gravi Indizi di Colpevolezza

Sui motivi relativi alla valutazione degli indizi, la Cassazione ha ricordato che il suo ruolo non è quello di un terzo giudice di merito. Il controllo di legittimità sulla motivazione è limitato alla verifica della sua esistenza, coerenza logica e assenza di vizi manifesti. Non è consentito proporre una diversa lettura degli elementi fattuali o una valutazione alternativa delle prove, anche se potenzialmente plausibile. Poiché il Tribunale del Riesame aveva fornito una motivazione logica e coerente basata su intercettazioni, immagini di videosorveglianza e sequestri, il ricorso su questo punto è stato considerato un tentativo inammissibile di ottenere una nuova valutazione dei fatti.

Le Motivazioni: i principi di diritto affermati

La motivazione della sentenza si fonda su un principio cardine del nostro sistema processuale: la netta distinzione tra giudizio di merito e giudizio di legittimità. In tema di riesame cautelare, la Corte Suprema non può sostituire la propria valutazione a quella del giudice del riesame, il quale ha la piena competenza nell’analizzare e interpretare il materiale indiziario. Il sindacato della Cassazione deve limitarsi a un controllo ‘esterno’ sulla tenuta logica del ragionamento del provvedimento impugnato. Qualsiasi censura che miri a una rilettura degli elementi di fatto si scontra con l’inammissibilità.

Inoltre, per quanto riguarda le esigenze cautelari nei reati di particolare gravità come l’associazione a delinquere, la Corte ha ribadito la validità della presunzione legale di pericolosità (art. 275, comma 3, c.p.p.). Pur non esonerando il giudice dal motivare sull’inidoneità di misure meno afflittive, tale presunzione rafforza l’onere della difesa di fornire elementi concreti per superarla. Nel caso di specie, il Tribunale aveva adeguatamente giustificato la scelta della custodia in carcere evidenziando il ruolo centrale dell’indagato, la sua vicinanza al capo dell’associazione e la mancanza di prove sulla cessazione della sua attività a rischio.

Le Conclusioni: implicazioni pratiche della sentenza

Questa pronuncia consolida l’orientamento secondo cui i ricorsi per cassazione in materia di misure cautelari devono essere formulati con estremo rigore. Non è sufficiente contestare genericamente la valutazione del Tribunale del Riesame, ma è necessario individuare vizi specifici di manifesta illogicità o violazioni di legge. La sentenza rappresenta un monito: il giudizio di legittimità non è la sede per rimettere in discussione l’intero quadro indiziario, ma solo per verificare la corretta applicazione delle norme e la coerenza del percorso argomentativo seguito dai giudici di merito. Di conseguenza, la strategia difensiva deve concentrarsi, fin dalla fase del riesame, sulla decostruzione logica degli indizi e sulla dimostrazione concreta dell’assenza delle esigenze cautelari.

La mancata trasmissione di alcuni atti al Tribunale del Riesame rende sempre illegittima la decisione sulla misura cautelare?
No. Secondo la Corte, l’obbligo di trasmissione è rispettato se gli atti sono già a disposizione del tribunale perché trasmessi in precedenza per un ricorso di un coindagato nello stesso procedimento. In questo caso, non vi è alcuna violazione del diritto di difesa.

È possibile chiedere alla Corte di Cassazione di rivalutare le prove a carico di un indagato in sede di riesame cautelare?
No. Il giudizio della Corte di Cassazione è un giudizio di legittimità, non di merito. La Corte non può effettuare una nuova o diversa valutazione degli elementi indiziari, ma solo controllare che la motivazione del Tribunale del Riesame sia logica, coerente e non basata su un’errata applicazione della legge.

Per mantenere la custodia in carcere per reati di associazione a delinquere, è necessario dimostrare contemporaneamente il pericolo di fuga, di inquinamento delle prove e di reiterazione del reato?
No. Le esigenze cautelari previste dall’art. 274 c.p.p. (pericolo di inquinamento probatorio, pericolo di fuga e pericolo di reiterazione del reato) non devono necessariamente coesistere. È sufficiente l’esistenza concreta di anche una sola di esse per giustificare l’adozione o il mantenimento di una misura cautelare.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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