Sentenza di Cassazione Penale Sez. 1 Num. 44021 Anno 2024
Penale Sent. Sez. 1 Num. 44021 Anno 2024
Presidente: COGNOME
Relatore: COGNOME
Data Udienza: 07/11/2024
SENTENZA
sul ricorso proposto da
NOMECOGNOME nato in Marocco il 01/01/1974
avverso l’ordinanza del 05/06/2024 del Tribunale di sorveglianza di Genova visti gli atti, il provvedimento impugnato e il ricorso; udita la relazione svolta dal consigliere NOME COGNOME lette le conclusioni del Pubblico ministero, in persona del Sostituto Procuratore
generale NOME COGNOME che ha chiesto il rigetto del ricorso.;.-
RITENUTO IN FATTO
Con l’ordinanza in epigrafe il Tribunale di sorveglianza di Genova rigettava l’istanza di NOME COGNOME diretta all’ottenimento di misure alternative alla detenzione in relazione a titolo esecutivo originariamente sospeso, ai sensi dell’art. 656, commi 5 ss., cod. proc. pen.
Con precedente decisione interlocutoria, adottata ai sensi dell’art. 17 d.lgs. 25 luglio 1998, n. 286, il medesimo Tribunale aveva respinto l’opposizione proposta dal condannato – cittadino del Marocco, espulso nel 2015 dal territorio nazionale in applicazione della corrispondente misura di sicurezza – avverso il provvedimento del Questore di Genova che, in data 20 febbraio 2024, aveva negato l’autorizzazione al rientro in Italia per il tempo strettamente necessario a di partecipare all’udienza di sorveglianza per consentire ad El Basraoui esercitarvi il diritto di difesa.
Il procedimento di sorveglianza era stato così definito nell’assenza dell’interessato, dal Tribunale ritenuta, per l’effetto, non riconducibile ad un legittimo impedimento ostativo alla sua celebrazione.
NOME COGNOME ricorre per cassazione avverso i citati provvedimenti giurisdizionali, con il ministero del suo difensore di fiducia.
Nel motivo unico il ricorrente deduce la violazione degli artt. 24 e 111 Cost., 6 CEDU, 14 § 3 del Patto internazionale sui diritti civili e politici, 235 cod. pen. e 17 d.lgs. n. 286 del 1998, dolendosi del diniego frapposto alla sua partecipazione personale all’udienza di sorveglianza, a suo dire illegittimo e contrastante con il diritto di difesa e le garanzie del contraddittorio, e quindi con i valori supremi del diritto interno e internazionale.
CONSIDERATO IN DIRITTO
Il ricorso è anzitutto ammissibile, nella sua intera latitudine.
L’art. 17 d.lgs. 25 luglio 1998, n. 286, nel testo novellato dall’art. 1, comma 1, lett. e), d.l. 5 ottobre 2023, n. 133, conv. dalla legge 10 dicembre 2023, n. 176 – nell’attribuire al giudice che procede il sindacato sulla legittimità de provvedimento questorile di diniego dell’autorizzazione al rientro temporaneo in Italia, per ragioni di giustizia penale, richiesta dallo straniero espulso allontanato – esclude la diretta impugnabilità della relativa decisione.
Risolvendosi, quest’ultima, in un provvedimento giurisdizionale di natura interinale, funzionale all’ulteriore corso del giudizio principale, se ne deve tuttavia ammettere l’impugnabilità congiuntamente a quella dell’ordinanza che
definisce il giudizio stesso, dovendosi alla fattispecie applicare, per analogia, il regime d’impugnazione previsto per le ordinanze dibattimentali dall’art. 586 cod. proc. pen. (in termini, per le ordinanze nella materia del riesame, Sez. 1, n. 4619 del 26/09/1995, Privato, Rv. 202611-01).
Dalla correttezza della decisione dipende, del resto, la ritualità del giudizio celebrato in assenza dell’interessato e la mancata integrazione di una causa di nullità (a regime intermedio: Sez. 2, n. 5052 del 19/01/2021, COGNOME, Rv. 280644-01) riguardante il diritto di intervento del medesimo, propagantesi alla deliberazione conclusiva e senz’altro rilevabile, se esistente e dedotta, all’atto della sua assorbente impugnazione.
2. Il ricorso è altresì fondato, nei termini di seguito precisati.
Il diritto di partecipazione personale dell’interessato all’udienza dinanzi al Tribunale di sorveglianza è sancito dall’ordinamento processuale italiano.
L’art. 666, comma 4, cod. proc. pen. stabilisce che l’interessato, che ne abbia fatto espressa richiesta, è sentito personalmente in detta sede. La disposizione struttura così il procedimento di sorveglianza secondo modalità partecipative, che appaiono pienamente in linea con la piena esplicazione del diritto di difesa e con le esigenze di un contraddittorio in forma estesa, le quali chiamano a loro volta in gioco gli artt. 24, secondo comma, e 111, primo e secondo comma, Cost.
Se legittimamente impedito, l’interessato ha in tal caso diritto al rinvio della trattazione, pena l’invalidità della procedura (Sez. 1, n. 1913 del 23/10/2020, dep. 2021, COGNOME, Rv. 280299-01; Sez. 1, n. 2865 del 13/12/2012, COGNOME, Rv. 254701-01; Sez. 1, n. 25891 del 17/04/2001, Ferrara, Rv. 219104-01; Sez. 1, n. 5940 del 14/11/1996, COGNOME, Rv. 206243-01).
La richiesta di presenziare deve precedere l’insorgere dell’impedimento (arg. ex Sez. 1, n. 46808 del 06/11/2012, COGNOME, Rv. 253884-01) e deve provenire direttamente dal condannato, o da un suo procuratore speciale, non potendo essere effettuata -in sua vece- dal solo difensore (Sez. 1, n. 50456 del 16/05/2017, Paraschiv, Rv. 271479-01).
Il legittimo impedimento sussiste anche nel caso in cui l’avente diritto non sia comparso in udienza per la intempestiva adozione, o notificazione, dell’autorizzazione di cui, a causa di restrizioni o limitazioni nella sua libertà spostamento, avesse avuto in concreto bisogno (Sez. 2, n. 11265 del 27/01/2022, Ostinato, Rv. 282818-01), salva l’esistenza di valide e inoppugnabili ragioni preclusive del rilascio.
4. Il diritto di partecipazione personale dell’interessato alle procedure giudiziarie di natura criminale, aventi rilevante incidenza sulla sua libertà personale, è altresì ricavabile dall’art. 6 CEDU, nell’interpretazione datane dalla Corte di Strasburgo.
Secondo tale Corte, non si comprende come un soggetto potrebbe esercitare i diritti che l’art. 6, § 3, lett. c), d) ed e) della Convenzione gli attribu espressamente, ossia il diritto di «difendersi personalmente», «esaminare o far esaminare i testimoni» e «farsi assistere gratuitamente da un interprete se non comprende o non parla la lingua usata in udienza», se il medesimo non avesse la garanzia di presenziare al suo processo, sicché la possibilità di comparire nell’aula d’udienza è uno degli elementi essenziali che devono ritenersi implicati dal medesimo articolo 6 (Corte EDU, Hermi c. Italia , n. 18114/02, §§ 5859; RAGIONE_SOCIALE , n. 56581/00, §§ 81 e 84; Arps c. Croazia, n. 23444/12, § 28).
Il fatto di essere presente in udienza permette, altresì, all’interessato di verificare l’esattezza dei suoi mezzi difensivi (Medenica c. Svizzera, n. 20491/92, § 54).
Le autorità giudiziarie nazionali devono, dunque, dare prova della dovuta diligenza nel garantire la presenza dell’accusato, convocandolo debitamente (Colozza c. Italia, 12 febbraio 1985, § 32; M.T.B. c. Turchia, n. 147081/06, §§ 49-53), e devono adottare misure per evitare la sua assenza ingiustificata dall’udienza (Medenica c. Svizzera, n. 20491/92, § 54).
Non ogni procedimento che si svolga in assenza dell’interessato, non rinunciante a comparire, è di per sé incompatibile con l’art. 6 CEDU, secondo la Corte europea dei diritti umani, ma le eccezioni devono essere vagliate con rigore perché l’obbligo di garantire il diritto per l’accusato di essere presente in aula è tra i requisiti fondamentali della disposizione (COGNOME c. Bulgaria, n. 9808/02, § 56).
Il menzionato art. 17 d.lgs. 25 luglio 1998, n. 286, ancorché nel testo da ultimo novellato, appare conforme al sistema così delineato e ai valori da esso sottesi.
Esso infatti prevede che lo straniero, coinvolto in procedure giudiziarie penali, già legalmente espulso o allontanato dal territorio nazionale, sia autorizzato a rientrare in Italia per il tempo strettamente necessario per l’esercizio del diritto di difesa, al solo fine di partecipare al giudizio o compimento di atti per i quali è necessaria la sua presenza, salvo che quest’ultima possa procurare «gravi turbative o grave pericolo all’ordine pubblico o alla sicurezza pubblica».
In effetti, la pericolosità sociale del soggetto già bandito dallo Stato può integrare, se il relativo coefficiente risulta elevato, un’eccezione consentita al suo diritto di rientro per partecipare alla procedura giudiziaria.
Gli indici a sostegno devono essere, tuttavia, realmente stringenti e la loro ponderazione, ad opera dell’Autorità amministrativa incaricata del rilascio o del diniego dell’autorizzazione, e in seguito ad opera dell’Autorità giudiziaria, deve essere frutto di un ragionamento logico e coerente.
Nella specie, il diniego risulta viceversa inficiato da un evidente elemento di contraddizione.
Come denunciato dal ricorrente, e come risulta dall’ordinanza impugnata, il permesso di rientrare in Italia, al solo fine di assistere all’udienza, era stato una prima volta accordato dal Questore di Genova, in data 23 novembre 2023, allorché peraltro era già in vigore il vigente testo dell’art. 17 d.lgs. n. 286 de 1998, implicante l’apprezzamento comparativo della pericolosità sociale del richiedente.
Solo un disguido burocratico (la mancata comunicazione, dal Tribunale di sorveglianza al Consolato generale d’Italia in Casablanca, della pendenza del procedimento di sorveglianza) aveva poi impedito il rilascio conclusivo del visto e il concreto reingresso.
L’udienza di sorveglianza era stata una prima volta differita proprio per tale ragione, onde permettere al condannato di compulsare nuovamente l’Amministrazione competente al rilascio dell’autorizzazione.
In questo contesto, il successivo diniego di rilascio avrebbe richiesto l’evidenziazione di dati nuovi e sopravvenuti di pericolosità sociale ostativa, di grado adeguato alla gravità dell’effetto processuale che si andava a determinare, e viceversa non collegati alla sola passata devianza o ad una prognosi di recidiva criminale di epoca ormai risalente in quanto rapportata alla dichiarata eseguibilità, nel lontano 2015, della misura di sicurezza.
Le GLYPH ulteriori GLYPH ragioni, GLYPH esplicitamente o GLYPH implicitamente GLYPH ricavabili dall’ordinanza impugnata a giustificazione del diniego di autorizzazione, appaiono a tal fine incongrue e inidonee, ovvero contrarie al dato normativo.
Come risulta dall’ordinanza stessa, COGNOME aveva personalmente avanzato richiesta di presenziare all’udienza dinanzi al Tribunale di sorveglianza e aveva conferito al suo difensore procura speciale per la presentazione al Questore della richiesta di autorizzazione al reingresso temporaneo.
Avendola ottenuta in prima battuta, non era a lui imputabile, come già rilevato, il fatto di non averne potuto concretamente usufruire. Né può essergli
opposta la circostanza di non avere previamente acquistato, in vista della nuova autorizzazione che non sarebbe stata poi concessa, i titoli di viaggio, trattandosi di un adempimento ragionevolmente consequenziale all’ottenimento del temporaneo lasciapassare (potendo al più l’Amministrazione rilasciare un’autorizzazione condizionata alla previa esibizione, all’atto dell’ingresso, del titolo riguardante il viaggio di ritorno).
In diritto, il vizio di contraddittorio con il diretto interessato non certamente eliso dalla circostanza che gli sia stata comunque assicurata la difesa tecnica e il contraddittorio scritto.
Né è esatto l’ultimo rilievo operato dal Tribunale di sorveglianza, secondo cui l’autorizzazione al reingresso temporaneo, rispetto a soggetto espulso a titolo di misura di sicurezza, avrebbe potuto essere rilasciata solo dall’Autorità giudiziaria che aveva ordinato l’esecuzione della misura stessa.
A parte il fatto che quest’ultima Autorità si identificava proprio, nel caso di specie, nella magistratura di sorveglianza del distretto di Genova, che è risultata infine investita della questione, la tesi giuridica di partenza non può essere condivisa. Nessuna norma dell’ordinamento configura una siffatta competenza ultrattiva, non ricavabile dalla disposizione di principio di cui all’art. 69, ter comma, della legge 26 luglio 1975, n. 354 (Ord. pen.), secondo cui il magistrato di sorveglianza sovrintende all’esecuzione delle misure di sicurezza. E, d’altra parte, il procedimento autorizzatorio, quale definito dall’art. 17 d.lgs. n. 286 del 1998, testo vigente, trova generale applicazione nei confronti dello straniero, legalmente espulso o allontanato dal territorio dello Stato, senza distinguere tra misure amministrative o giudiziarie, né, tra queste ultime, a seconda della loro diversa tipologia.
L’autorizzazione questorile, ex art. 17 d.lgs. n. 286 del 1998, non incide sul profilo funzionale del provvedimento di rigore già adottato nei confronti dello straniero, che conserva intatta la sua validità ed efficacia, ma rappresenta un atto tendenzialmente dovuto, diretto a salvaguardare le esigenze della difesa e del contraddittorio nei processi penali, fatte salve esigenze superiori di ordine e sicurezza pubblica, la cui tutela è coerentemente affidata -sotto doveroso controllo giudiziale- all’Autorità di pubblica sicurezza.
Dalle considerazioni che precedono discende la fondatezza del proposto ricorso.
L’ordinanza impugnata, viziata in via derivata per inosservanza delle norme processuali concernenti l’intervento del soggetto giudicabile, deve essere annullata, con rinvio al giudice che l’ha adottata per rinnovata valutazione.
Annulla l’ordinanza impugnata con rinvio per nuovo giudizio al Tribunale di sorveglianza di Genova.
Così deciso il 07/11/2024