Rientro Spontaneo Evasione: Quando l’Attenuante Non Si Applica
Il tema del rientro spontaneo evasione è cruciale nel diritto penale, poiché può determinare una significativa riduzione della pena per il reato di evasione. Tuttavia, la sua applicabilità non è automatica e dipende da circostanze specifiche. Una recente ordinanza della Corte di Cassazione ha ribadito un principio consolidato, chiarendo i confini di questa attenuante, specialmente nei casi di allontanamento dal cosiddetto domicilio coatto.
I Fatti del Caso e il Ricorso in Cassazione
La vicenda giudiziaria trae origine dal ricorso presentato da un individuo contro una sentenza della Corte d’Appello di Lecce del 13 febbraio 2023. Il ricorrente, condannato per il reato di evasione, sosteneva di avere diritto all’applicazione della circostanza attenuante prevista dall’articolo 385, quarto comma, del codice penale. Il motivo del ricorso si fondava su un unico punto: l’imputato, dopo essersi allontanato dal luogo di detenzione domiciliare (domicilio coatto), vi aveva fatto ritorno in modo spontaneo. A suo avviso, questo comportamento avrebbe dovuto garantirgli il beneficio di una pena più mite.
La Questione del Rientro Spontaneo Evasione
Il cuore della questione giuridica verteva sull’interpretazione dell’attenuante speciale prevista per chi, commesso il reato di evasione, rientra volontariamente nell’istituto penitenziario o nel luogo di detenzione. L’appellante, anche attraverso una memoria difensiva successiva, insisteva sulle ragioni per cui la sua doglianza dovesse essere considerata fondata, ritenendo che il suo ritorno volontario integrasse pienamente i requisiti della norma.
Tuttavia, la Corte di Cassazione ha dovuto valutare se tale attenuante fosse applicabile anche nel caso specifico di un ritorno al domicilio coatto, un contesto che la giurisprudenza tende a distinguere dal rientro in un istituto penitenziario vero e proprio.
Le Motivazioni della Corte di Cassazione
La Suprema Corte ha dichiarato il ricorso manifestamente infondato e, di conseguenza, inammissibile. I giudici hanno sottolineato come l’unico motivo di censura si scontrasse con un orientamento giurisprudenziale assolutamente prevalente e consolidato. Secondo questa linea interpretativa, l’attenuante del rientro spontaneo non si applica nei casi di evasione dal domicilio coatto.
La Corte ha rilevato che la giurisprudenza di legittimità esclude categoricamente tale beneficio in questa specifica fattispecie. Inoltre, gli argomenti presentati dal ricorrente nella sua memoria difensiva non sono stati ritenuti sufficientemente persuasivi da indurre la Corte a riconsiderare questo orientamento consolidato. La decisione, pertanto, si è basata su una stretta aderenza all’interpretazione corrente della norma, ritenendo il ricorso privo di fondamento giuridico.
Le Conclusioni: Inammissibilità e Condanna
L’esito del procedimento è stato netto: il ricorso è stato dichiarato inammissibile. Come conseguenza diretta di questa decisione, il ricorrente è stato condannato al pagamento delle spese processuali. In aggiunta, la Corte ha disposto il versamento di una somma di tremila euro in favore della cassa delle ammende.
Questa ordinanza conferma un principio importante: il rientro spontaneo evasione non costituisce un’attenuante universale. La sua applicazione è preclusa quando l’allontanamento avviene da un luogo di domicilio coatto. La decisione rafforza la distinzione tra le diverse forme di esecuzione della pena e le relative conseguenze giuridiche, offrendo un chiaro monito sulla necessità di valutare attentamente i presupposti normativi e giurisprudenziali prima di intraprendere un ricorso in Cassazione.
È applicabile l’attenuante per il rientro spontaneo se un imputato evade dal domicilio coatto e poi vi fa ritorno?
No, secondo l’ordinanza e la giurisprudenza prevalente della Corte di Cassazione, l’attenuante prevista dall’art. 385, quarto comma, cod. pen. è esclusa in caso di rientro spontaneo dell’imputato nel domicilio coatto.
Qual è stato l’esito del ricorso presentato alla Corte di Cassazione?
Il ricorso è stato dichiarato inammissibile perché ritenuto manifestamente infondato, in quanto in contrasto con l’orientamento consolidato della stessa Corte.
Quali sono state le conseguenze economiche per il ricorrente a seguito della decisione della Corte?
Il ricorrente è stato condannato al pagamento delle spese processuali e al versamento della somma di tremila euro in favore della cassa delle ammende.
Testo del provvedimento
Ordinanza di Cassazione Penale Sez. 7 Num. 11022 Anno 2024
Penale Ord. Sez. 7 Num. 11022 Anno 2024
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME NOME
Data Udienza: 19/01/2024
ORDINANZA
sul ricorso proposto da:
NOME nato a POTENZA il DATA_NASCITA
avverso la sentenza del 13/02/2023 della CORTE APPELLO di LECCE
dato avviso alle parti;
udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME;
Rilevato che l’unico motivo di censura dedotto si rivela manifestamente infondato, sostenendo l’applicabilità dell’attenuante di cui all’art. 385, quarto comma, cod. pen. in caso di rientro spontaneo dell’imputato nel domicilio coatto, per contro esclusa dalla giurisprudenza assolutamente prevalente di questa Corte di legittimità.
Né argomenti persuasivi vengono svolti nella memoria difensiva del 30 dicembre 2023, in cui si ribadiscono le ragioni per cui la doglianza formulata dovrebbe essere per contro ritenuta fondata.
Rilevato, pertanto, che il ricorso deve essere dichiarato inammissibile con la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali e al versamento della somma di euro tremila in favore della cassa delle ammende
P. Q. M.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di euro tremila in favore della cassa delle ammende.