Sentenza di Cassazione Penale Sez. 5 Num. 7417 Anno 2025
Penale Sent. Sez. 5 Num. 7417 Anno 2025
Presidente: NOME COGNOME
Relatore: COGNOME NOME
Data Udienza: 20/11/2024
SENTENZA
sul ricorso proposto da: NOME nato il 05/01/1963
avverso la sentenza del 19/10/2023 del TRIBUNALE di BRESCIA
udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME;
lette le conclusioni del Pubblico Ministero in persona del Sostituto Procuratore generale Dott. NOME COGNOME che ha richiesto dichiararsi l’inammissibilità del ricorso.
RITENUTO IN FATTO
Con la sentenza impugnata il Tribunale di Brescia ha applicato ai sensi dell’art. 444 c.p.p. a NOME la pena da questi concordata con il pubblico ministero in riferimento ai reati di cui agli artt. 13 commi 13 e 13-bis d.lgs. n. 286/1998 e 495 c.p.
Avverso la sentenza ricorre l’imputato articolando due motivi. Con il primo deduce erronea applicazione della legge penale, atteso che al reingresso a seguito di espulsione disposta dal Tribunale di Sorveglianza conseguirebbe esclusivamente il ripristino della detenzione sostituita e non sarebbe configurabile il reato di cui all’art. 13 d.lgs. n. 286/1998 contestato, atteso che, ai sensi del successivo art. 14 comma 5ter dello stesso decreto, dovrebbe prima essere disposto un nuovo provvedimento di espulsione. Con il secondo deduce violazione di legge per l’omesso avviso all’imputato della possibilità di accedere alle pene sostitutive, per l’omessa indicazione delle ragioni ritenute ostative alla loro applicazione e per la mancata fissazione dell’udienza ex art. 545-bis c.p.p.
CONSIDERATO IN DIRITTO
Preliminarmente, atteso che la sentenza è stata pronunziata il 19 ottobre 2023 e il ricorso presentato il 22 aprile 2024, deve verificarsene la tempestività. In effetti, come evidenziato dal ricorrente, il Tribunale non ha depositato la motivazione della sentenza contestualmente alla sua pronunzia ed ha irritualmente stabilito il termine di quindici giorni (poi peraltro rispettato) per tale deposito. Vale dunque il principio fissato dalle Sezioni Unite per cui la motivazione della sentenza di applicazione della pena su richiesta deve essere depositata contestualmente alla sua pronuncia e, in caso di mancato deposito contestuale, anche per l’irrituale indicazione in dispositivo di un termine a tale scopo, il termine di quindici giorni per l’impugnazione della sentenza pronunciata in camera di consiglio, ai sensi degli artt. 585, comma primo, lett. a), e 585, comma secondo, lett. a) c.p.p., decorre – esclusa qualsiasi nullità della sentenza stessa ed indipendentemente dall’osservanza del predetto termine – dall’ultima notificazione o comunicazione dell’avviso di deposito del provvedimento. (Sez. U, n. 40986 del 19/07/2018, P., Rv. 273934). La tempestività del ricorso dipende dunque dall’accertamento della data in cui all’imputato ed al suo difensore è stato notificato l’avviso di deposito della sentenza. Dagli atti risulta che al primo il provvedimento è stato notificato il 12 aprile 2024, mentre al secondo è stato notificato l’avviso di deposito dello stesso il 30 ottobre 2023. Contrariamente a quanto eccepito dalla difesa
e come invece precisato dalla pronunzia delle Sezioni Unite citata, all’imputato e al suo difensore è dovuta solo la notifica dell’avviso di deposito della sentenza e non anche quella del provvedimento. Non di meno qualora per eccesso si proceda a tale ultimo adempimento, non è necessaria anche l’ulteriore notifica dell’avviso di deposito. Ciò chiarito, il ricorso deve comunque ritenersi tempestivo in quanto proposto ai sensi dell’art. 585 comm 2 lett. a) c.p.p. nel termine di quindici giorni dall’ultima notifica dovuta ossia quella effettuata in favore dell’imputato il 12 aprile 2024.
2. Ciò premesso il ricorso è inammissibile.
2.1 Il primo motivo è manifestamente infondato. Infatti secondo il consolidato insegnamento di questa Corte, in caso di espulsione dello straniero quale misura alternativa alla detenzione, qualora il predetto faccia rientro, senza autorizzazione, nel territorio dello Stato nei dieci anni dal giorno in cui il provvedimento del magistrato di sorveglianza ha ricevuto attuazione, si configura il delitto previsto dall’art. 13, comma 13-bis d.lgs. n. 286 del 1998 (ex multis Sez. 1, n. 23705 del 18/06/2020, COGNOME, Rv. 279929). Inconferente è il riferimento operato dal ricorrente all’art. 14 comma 5-ter del medesimo decreto, che attiene alla diversa ipotesi della violazione dell’ordine di allontanamento impartito allo straniero irregolarmente presente sul territorio nazionale eventualmente destinatario di un ordine di espulsione non ancora eseguito e non a quella dell’abusivo reingresso di colui che è già stato espulso. Né il fatto che a seguito dell’accertamento del reato venga ripristinata l’esecuzione della pena sostituita con l’espulsione determina l’ingiustificata duplicazione della sanzione paventata dal ricorrente, atteso che la violazione del divieto di reingresso è fatto autonomamente offensivo degli interessi tutelati dal sistema di incriminazioni previsto dal d.lgs. n. 286 del 1998, mentre il ripristino dell’esecuzione della pena originariamente sostituita non costituisce una sanzione, ma la mera conseguenza dell’avverarsi della condizione risolutiva cui la sostituzione era sottoposta. Corte di Cassazione – copia non ufficiale
2.2 Parimenti inammissibile è il secondo motivo. A parte che alcuni di quelli prospettati dal ricorrente sono meri vizi di motivazione della sentenza impugnata, indeducibíli ai sensi dell’art. 448 comma 2-bis c.p.p., va ribadito il consolidato insegnamento di questa Corte per cui il disposto dell’art. 545-bis, comma 1, c.p.p. che prevede, per il caso di condanna a pena detentiva non superiore a quattro anni, l’obbligo per il giudice di dare avviso alle parti della possibilità della sua conversione in una sanzione sostitutiva, non si applica al procedimento che conduce alla definizione del giudizio con pena patteggiata, trattandosi di norma che, per ragioni di carattere testuale e sistematico, risulta dettata esclusivamente per il giudizio ordinario (ex multis Sez. 2, n. 50010 del 10/10/2023, COGNOME, Rv. 285690). Esclusione comprovata dallo stesso tenore dell’art. 448 c.p.p., che, al comma 1-bis, rimette invece alle parti la facoltà di
concordare l’applicazione di eventuali pene sostitutive, non prevedendo alcun intervento integrativo della volontà delle parti da parte del giudice in coerenza con il carattere dispositivo che informa il rito alternativo dalle stesse liberamente prescelto.
Alla declaratoria di inammissibilità del ricorso consegue ai sensi dell’art. 616 c.p.p. la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali e al versamento della somma, ritenuta congrua, di euro tremila alla cassa delle ammende.
P.Q.M.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di euro tremila in favore della cassa delle ammende.
Così deciso il 20/11/2024
Il Consigliere e! -nsore
Luc •1 orelli
Il Presidente
NOME COGNOME
CORTE DI CASSAZIONE
V SEZIONE PENALE