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Rientro illegale straniero: il reato corretto è un altro

La Corte di Cassazione ha analizzato il caso di un cittadino straniero condannato per essere rientrato in Italia dopo un’espulsione. La Corte ha accolto il ricorso dell’imputato su un punto cruciale: il reato non è la violazione di una misura di sicurezza (art. 235 c.p.), ma la specifica fattispecie di rientro illegale straniero prevista dall’art. 13 del Testo Unico sull’Immigrazione. Tuttavia, ha respinto le richieste di applicare la particolare tenuità del fatto e di escludere la recidiva, a causa dei precedenti specifici dell’imputato. La sentenza è stata quindi annullata con rinvio solo per la rideterminazione della pena in base alla corretta qualificazione giuridica.

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Pubblicato il 24 dicembre 2025 in Diritto Penale, Giurisprudenza Penale, Procedura Penale

Rientro Illegale Straniero: Reato Comune o Misura di Sicurezza? La Cassazione Chiarisce

Il tema del rientro illegale straniero è spesso al centro di dibattiti giuridici complessi. Una recente sentenza della Corte di Cassazione (n. 38172/2024) ha fornito un’importante precisazione sulla corretta qualificazione giuridica di questo reato, distinguendolo nettamente dalla violazione di una misura di sicurezza. Analizziamo insieme i dettagli di questa decisione e le sue implicazioni pratiche.

I Fatti del Processo

Il caso riguardava un cittadino straniero condannato in primo grado e in appello per essere stato sorpreso sul territorio nazionale nonostante fosse stato espulso con un’ordinanza del Magistrato di Sorveglianza. L’accusa iniziale era stata formulata ai sensi dell’art. 235 del codice penale, che punisce la trasgressione agli obblighi imposti con una misura di sicurezza, quale è, appunto, l’espulsione dello straniero disposta dal giudice.

L’imputato, tramite il suo difensore, ha presentato ricorso in Cassazione basandosi su tre motivi principali: la scorretta qualificazione giuridica del fatto, la mancata applicazione della causa di non punibilità per particolare tenuità del fatto (art. 131-bis c.p.) e l’errata applicazione dell’aggravante della recidiva.

La Riqualificazione del Reato di Rientro Illegale Straniero

Il primo motivo di ricorso, accolto dalla Suprema Corte, è il fulcro della sentenza. La difesa sosteneva che il fatto non dovesse essere inquadrato nella generica violazione di una misura di sicurezza, ma nella specifica fattispecie prevista dal Testo Unico sull’Immigrazione.

La Cassazione ha confermato questa impostazione. Il comportamento contestato, ovvero il rientro illegittimo in Italia dopo un’espulsione, è punito specificamente dall’art. 13, comma 13, del D.Lgs. n. 286/1998. Questa norma speciale prevale sulla norma generale dell’art. 235 c.p. Di conseguenza, il reato è stato riqualificato.

Perché la Particolare Tenuità del Fatto è Stata Negata

Nonostante la riqualificazione, la Corte ha respinto gli altri due motivi del ricorso. Per quanto riguarda la richiesta di applicare l’art. 131-bis c.p., i giudici hanno evidenziato l’abitualità della condotta dell’imputato. Egli, infatti, aveva già due condanne definitive per reati della stessa indole: una per la violazione dell’ordine del Questore di lasciare il territorio e un’altra per la trasgressione a un precedente ordine di espulsione.

Richiamando un principio consolidato delle Sezioni Unite, la Corte ha ribadito che il comportamento è considerato abituale quando l’autore, oltre al reato per cui si procede, ha commesso almeno altri due illeciti. Tale condizione osta all’applicazione della causa di non punibilità per particolare tenuità del fatto.

Le Motivazioni della Corte

La motivazione della Corte si fonda su un principio di specialità e sulla valutazione complessiva della condotta del reo. Per la qualificazione del reato, si è applicato il criterio per cui la legge che disciplina una specifica materia prevale su quella generale. Il D.Lgs. 286/1998 (Testo Unico Immigrazione) è stato creato proprio per regolare in modo organico il fenomeno migratorio, inclusi gli aspetti penali come il rientro illegale straniero.

Per il rigetto delle altre istanze, la motivazione risiede nella pericolosità sociale del soggetto, desunta non solo dal reato in esame, ma dalla sua storia criminale. I precedenti specifici dimostrano una deliberata e reiterata volontà di violare le leggi sull’immigrazione, configurando quella “serialità” che impedisce il riconoscimento di benefici come la particolare tenuità. Sulla stessa base è stata confermata la correttezza dell’applicazione della recidiva.

Le Conclusioni

In conclusione, la Corte di Cassazione ha annullato la sentenza impugnata, ma solo limitatamente al trattamento sanzionatorio. Ha riqualificato il reato in quello previsto dall’art. 13, comma 13, del D.Lgs. 286/1998 e ha rinviato il caso alla Corte di Appello di Perugia per la rideterminazione della pena, che dovrà essere ricalcolata sulla base della nuova e corretta qualificazione giuridica. Il ricorso è stato respinto nel resto, confermando la colpevolezza dell’imputato e la sua non meritevolezza di benefici a causa della sua abitualità a delinquere.

Qual è la corretta qualificazione giuridica per il rientro illegale di uno straniero espulso?
La corretta qualificazione non è la violazione generica di una misura di sicurezza (art. 235 c.p.), ma la specifica fattispecie di reato prevista dall’art. 13, comma 13, del D.Lgs. 286/1998 (Testo Unico sull’Immigrazione), in base al principio di specialità.

La particolare tenuità del fatto (art. 131-bis c.p.) può essere riconosciuta a chi ha precedenti specifici?
No, secondo la sentenza, la presenza di almeno due precedenti condanne per reati della stessa indole configura una ‘abitualità nel delinquere’ che osta all’applicazione della causa di non punibilità per particolare tenuità del fatto.

Cosa comporta la riqualificazione del reato da parte della Cassazione?
In questo caso, la riqualificazione ha comportato l’annullamento della sentenza limitatamente alla pena. Il processo è stato rinviato a un’altra Corte d’Appello che dovrà ricalcolare la sanzione basandosi sulla cornice edittale prevista dalla norma corretta (art. 13, comma 13, D.Lgs. 286/1998) invece che su quella dell’art. 235 c.p.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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