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Rientro illegale: la Cassazione su pena e attenuanti

Un cittadino, precedentemente espulso, è stato condannato per rientro illegale nel territorio nazionale. La Corte di Cassazione ha rigettato il suo ricorso, stabilendo che il giudice penale non può riesaminare nel merito la legittimità del provvedimento di allontanamento amministrativo, una volta che questo è stato eseguito. La Corte ha inoltre confermato il diniego delle circostanze attenuanti generiche, motivandolo con i reati commessi dall’imputato dopo il suo rientro illegale, ritenuti prevalenti rispetto alla sua situazione personale.

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Pubblicato il 16 dicembre 2025 in Diritto Penale, Giurisprudenza Penale, Procedura Penale

Rientro Illegale: Analisi della Sentenza della Cassazione

Il reato di rientro illegale nel territorio nazionale dopo un provvedimento di allontanamento è un tema di grande attualità e complessità giuridica. Una recente sentenza della Corte di Cassazione (Sentenza n. 33803/2024) offre importanti chiarimenti sui limiti del potere del giudice penale e sui criteri per la concessione delle circostanze attenuanti. Questo articolo analizza la decisione, spiegandone i principi e le conseguenze pratiche.

I Fatti del Caso: Un Rientro Controverso

Il caso riguarda un cittadino rumeno condannato in primo grado dal Tribunale di Trieste e in appello dalla Corte d’Appello della stessa città per essere rientrato in Italia senza autorizzazione. Anni prima, era stato raggiunto da un decreto di allontanamento emesso dal Prefetto di Viterbo per motivi di sicurezza e ordine pubblico, provvedimento a seguito del quale aveva lasciato il Paese. La condanna inflitta è stata di un anno di reclusione. La difesa ha quindi proposto ricorso per cassazione, basandosi su due principali motivi.

I Motivi del Ricorso in Cassazione

La difesa dell’imputato ha sollevato due questioni fondamentali davanti alla Suprema Corte.

Primo Motivo: La Legittimità del Decreto di Allontanamento

L’avvocato ha sostenuto che i giudici di merito avrebbero dovuto valutare se il decreto di allontanamento originario fosse fondato su un pericolo reale e attuale per la sicurezza dello Stato. In pratica, si chiedeva al giudice penale di riesaminare la legittimità di un atto amministrativo che costituiva il presupposto del reato.

Secondo Motivo: Il Diniego delle Attenuanti Generiche

Il secondo motivo di ricorso contestava la decisione della Corte d’Appello di non concedere le circostanze attenuanti generiche. La difesa aveva evidenziato la giovane età dell’imputato, le sue difficili condizioni di vita e la necessità di sostenere la famiglia come ragioni che lo avrebbero spinto a rientrare. Inoltre, i reati successivi al rientro venivano descritti come una ‘reazione’ a tale disagio.

La Decisione della Corte di Cassazione sul Rientro Illegale

La Corte di Cassazione ha rigettato entrambi i motivi, confermando la condanna.

L’Insindacabilità dell’Atto Amministrativo

Sul primo punto, la Corte ha ribadito un principio consolidato: il reato di rientro illegale si perfeziona con la trasgressione del divieto di reingresso, non con l’inosservanza dell’ordine di allontanamento. Il provvedimento amministrativo, essendo stato eseguito con l’effettiva uscita dal territorio, ha esaurito i suoi effetti. Di conseguenza, il giudice penale non ha il potere di valutarne la legittimità a posteriori. L’imputato avrebbe dovuto contestare il decreto di allontanamento nelle sedi competenti (amministrative o di giurisdizione specializzata) al momento della sua emissione, cosa che non ha fatto o ha fatto senza successo. Il sindacato del giudice penale è ammesso solo quando il reato consiste proprio nella disobbedienza all’atto amministrativo, non quando l’atto è solo un presupposto di fatto.

La Valutazione delle Circostanze Attenuanti

Anche il secondo motivo è stato giudicato infondato. La Corte ha ritenuto che la motivazione della Corte d’Appello fosse logica e completa. I giudici di merito avevano correttamente negato le attenuanti basandosi sui precedenti penali dell’imputato e, soprattutto, sui tre furti commessi dopo il suo rientro illegale. Questi elementi, comprovati dal certificato del casellario giudiziale, sono stati ritenuti prevalenti e decisivi per escludere il beneficio, dimostrando una tendenza a delinquere che superava le giustificazioni legate al disagio personale.

Le Motivazioni

La motivazione della sentenza si fonda su una netta separazione tra la giurisdizione amministrativa e quella penale. Il provvedimento di allontanamento, una volta eseguito, diventa un fatto storico. Il reato sanziona la condotta successiva e volontaria di chi, consapevole del divieto, rientra nel territorio nazionale. Il giudice penale, pertanto, deve limitarsi a verificare l’esistenza del provvedimento e l’avvenuto rientro non autorizzato. Per quanto riguarda le attenuanti, la Corte riafferma che il giudice di merito ha un potere discrezionale nel valutare quali elementi dell’art. 133 c.p. siano preponderanti. In questo caso, la recidiva e la commissione di nuovi reati sono stati considerati elementi sufficienti a giustificare ampiamente il diniego, rendendo la motivazione incensurabile in sede di legittimità.

Conclusioni: Le Implicazioni Pratiche della Sentenza

Questa pronuncia consolida un orientamento rigoroso in materia di immigrazione. Le implicazioni pratiche sono chiare: chi è destinatario di un provvedimento di allontanamento deve impugnarlo immediatamente nelle sedi appropriate, poiché non potrà contestarne la validità in un successivo processo penale per rientro illegale. Inoltre, la condotta tenuta dopo il rientro è cruciale per la determinazione della pena: la commissione di nuovi reati annulla quasi ogni possibilità di ottenere un trattamento sanzionatorio più mite, anche in presenza di difficili condizioni personali e familiari.

Un giudice penale può annullare una condanna per rientro illegale se ritiene ingiusto il decreto di allontanamento originale?
No. La Corte di Cassazione ha specificato che il giudice penale non può riesaminare la legittimità nel merito di un provvedimento amministrativo di allontanamento una volta che questo è stato eseguito. Il reato consiste nel violare il divieto di reingresso, e la validità dell’atto originario doveva essere contestata nelle sedi amministrative competenti.

Perché sono state negate le circostanze attenuanti generiche all’imputato, nonostante le sue difficoltà personali?
Le attenuanti sono state negate perché, dopo il suo rientro illegale, l’imputato ha commesso altri reati (nello specifico, tre furti). I giudici hanno ritenuto che questa condotta criminale successiva fosse un indicatore più significativo della sua personalità e pericolosità, prevalendo sulle giustificazioni legate alla sua giovane età o alla situazione familiare.

Qual è la differenza tra il reato di inosservanza dell’ordine di allontanamento e quello di rientro illegale?
La sentenza chiarisce che il reato di rientro illegale si configura quando una persona, già effettivamente uscita dal territorio nazionale in esecuzione di un provvedimento, vi fa ritorno senza autorizzazione. L’inosservanza dell’ordine di allontanamento, invece, si riferisce tipicamente alla mancata ottemperanza all’ordine di lasciare il Paese entro il termine stabilito.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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