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Rientro illegale: inammissibile ricorso in Cassazione

La Corte di Cassazione ha dichiarato inammissibile il ricorso di un cittadino straniero condannato per rientro illegale in Italia a seguito di un provvedimento di espulsione. I giudici hanno ritenuto manifestamente infondate le motivazioni basate sulla presunta assenza di dolo e sulla particolare tenuità del fatto, sottolineando che la giustificazione del rientro era inattendibile e che la gravità era accentuata da una precedente condanna per narcotraffico.

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Pubblicato il 27 ottobre 2025 in Diritto Penale, Giurisprudenza Penale, Procedura Penale

Rientro Illegale: La Cassazione Conferma la Condanna e Nega la Tenuità del Fatto

La Corte di Cassazione, con l’ordinanza n. 3288 del 2024, ha affrontato un caso di rientro illegale di un cittadino straniero, confermando la decisione dei giudici di merito e dichiarando inammissibile il ricorso. Questa pronuncia offre importanti spunti sulla valutazione dell’elemento soggettivo del reato e sui limiti di applicabilità della causa di non punibilità per particolare tenuità del fatto.

I Fatti del Caso

Un cittadino straniero veniva condannato in primo grado e in appello per il reato previsto dall’art. 13, comma 13, del D.Lgs. 286/1998, per essere rientrato nel territorio italiano in violazione di un precedente decreto di espulsione. L’imputato si era difeso sostenendo di essere entrato in Italia solo occasionalmente, in transito tra il Belgio e la Spagna, con l’unico scopo di incontrare la fidanzata per il suo compleanno. A suo dire, questa circostanza avrebbe dovuto escludere la consapevolezza e volontà di violare la legge (il dolo) o, in subordine, qualificare il fatto come di particolare tenuità.

I Motivi del Ricorso e il Contesto del Rientro Illegale

L’imputato ha presentato ricorso per cassazione affidandosi a due principali motivi:
1. Violazione di legge e vizio di motivazione: si contestava l’insussistenza dell’elemento soggettivo del reato, sostenendo una presunta buona fede e l’occasionalità del rientro.
2. Mancato riconoscimento della particolare tenuità del fatto: si riteneva che la condotta, per le sue modalità, fosse da considerarsi talmente lieve da non meritare una sanzione penale, ai sensi dell’art. 131-bis c.p.

La Corte d’Appello aveva già respinto queste argomentazioni, evidenziando come l’imputato, presente in Italia dal 2015, fosse perfettamente in grado di comprendere il contenuto del decreto di espulsione e il divieto pluriennale e penalmente sanzionato di reingresso.

L’Analisi della Corte di Cassazione sul Rientro Illegale

La Suprema Corte ha dichiarato il ricorso manifestamente infondato, e quindi inammissibile, per diverse ragioni.

La Piena Consapevolezza della Violazione

I giudici hanno innanzitutto ribadito un principio consolidato: chiunque sia stato espulso e intenda rientrare in Italia, anche in presenza di valide ragioni, deve seguire la procedura legale e ottenere un preventivo e rituale assenso dalle autorità italiane. La giustificazione addotta dall’imputato, oltre a essere stata giudicata inattendibile e priva di riscontri dai giudici di merito, è stata considerata irrilevante ai fini della configurabilità del reato. L’imputato ha consapevolmente scelto di non seguire il percorso normativo, facendo rientro nel Paese senza autorizzazione. Questo dimostra la piena sussistenza del dolo, ovvero la coscienza e volontà di contravvenire al divieto.

L’Esclusione della Particolare Tenuità del Fatto

Anche il motivo relativo alla particolare tenuità del fatto è stato rigettato. La Cassazione ha ricordato che la valutazione richiesta dall’art. 131-bis c.p. è complessa e deve tenere conto di tutti i parametri dell’art. 133 c.p., come le modalità della condotta e il grado di colpevolezza.
Nel caso di specie, la Corte di merito aveva correttamente motivato il diniego, evidenziando l’elevata intensità del dolo. Ma un elemento ancora più decisivo è stato il contesto in cui è maturata la violazione: il provvedimento di espulsione era stato emesso come misura alternativa alla detenzione per un grave reato in materia di narcotraffico. Commettere un rientro illegale a dispetto di un provvedimento di tale natura, emesso per un reato di allarme sociale, è una condotta che non può essere considerata di particolare tenuità.

Le Motivazioni

La Corte ha stabilito che le argomentazioni del ricorrente non erano idonee a evidenziare vizi logici o contraddizioni nella sentenza impugnata, ma si limitavano a una generica contestazione della ricostruzione dei fatti operata dai giudici di merito, inammissibile in sede di legittimità. La condotta dell’imputato, che ha violato un divieto di reingresso imposto a seguito di un grave reato, è stata ritenuta espressione di un’intensità del dolo tale da escludere qualsiasi attenuazione della responsabilità penale. La decisione di rientrare illegalmente, ignorando le procedure legali, ha pesato in modo determinante sulla valutazione complessiva della gravità del fatto.

Le Conclusioni

L’ordinanza in commento ribadisce la severità dell’ordinamento nei confronti del rientro illegale, specialmente quando questo avviene in spregio a provvedimenti emessi per reati gravi. La decisione chiarisce che le giustificazioni personali, per quanto possano apparire umanamente comprensibili, non possono scardinare l’obbligo di rispettare le procedure legali per il reingresso. Inoltre, conferma che la valutazione sulla tenuità del fatto non può prescindere dal contesto criminale complessivo dell’autore del reato, escludendo il beneficio in presenza di un’elevata intensità del dolo e di precedenti di un certo allarme sociale. Il ricorso è stato quindi dichiarato inammissibile, con condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali e di una somma in favore della Cassa delle ammende.

Una giustificazione personale, come incontrare un familiare, può rendere legittimo un rientro illegale?
No. La Corte ha stabilito che la giustificazione offerta (incontrare la fidanzata) è irrilevante. Un cittadino extracomunitario espulso è tenuto a richiedere e ottenere un preventivo e rituale assenso dalle autorità italiane per poter rientrare, indipendentemente dalle sue motivazioni personali.

Perché non è stata riconosciuta la particolare tenuità del fatto?
La particolare tenuità del fatto è stata esclusa principalmente per due ragioni: l’elevata intensità del dolo, dimostrata dalla scelta consapevole di violare il divieto, e il contesto della violazione. Il provvedimento di espulsione era una misura alternativa alla detenzione per un grave reato di narcotraffico, circostanza che ha reso il fatto non qualificabile come di lieve entità.

Qual è stata la decisione finale della Corte di Cassazione?
La Corte ha dichiarato il ricorso inammissibile perché basato su motivi manifestamente infondati. Di conseguenza, ha condannato il ricorrente al pagamento delle spese processuali e al versamento di una somma di tremila euro in favore della Cassa delle ammende.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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