Sentenza di Cassazione Penale Sez. 1 Num. 3784 Anno 2025
Penale Sent. Sez. 1 Num. 3784 Anno 2025
Presidente: COGNOME
Relatore: FILOCAMO COGNOME
Data Udienza: 19/09/2024
SENTENZA
sul ricorso proposto da:
NOME nato a PALERMO il 29/03/1973
avverso l’ordinanza del 11/04/2024 della CORTE APPELLO di PALERMO
udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME lette le conclusioni del PG, in persona di NOME COGNOME che ha concluso chiedendo l’annullamento con rinvio del provvedimento impugnato;
RITENUTO IN FATTO
Con il provvedimento sopra indicato, la Corte d’appello di Palermo, in funzione di giudice dell’esecuzione, ha rigettato l’istanza, proposta nell’interesse di NOME COGNOME ave a oggetto la riduzione di un sesto della pena ai sensi dell’art. 442, comma 2-bis cod. proc. pen. perché il COGNOME aveva già proposto appello e ha ottenuto una pronuncia nel merito, senza che sia stata dalla Corte distrettuale ritenuta rilevante la mancata proposizione del ricorso cassazione, nonché è stata considerata infondata la relativa questione di legittimit costituzionale, essendo stata già affrontata e così considerata da questa Corte con Sez. 1, n. 42681 del 27/09/2023, Rv. 285394.
NOME COGNOME ricorre per cassazione, con rituale ministero difensivo, avverso tale provvedimento affidandosi ad un unico motivo.
Con tale motivo, il ricorrente denuncia la violazione di legge in relazione all’art. 4 comma 2-bis cod. proc. pen. perché tale riduzione andrebbe riconosciuta a favore di chi non ha esercitato, dopo l’entrata in vigore della norma, il diritto di impugnare, anche per cassazi altrimenti vi sarebbe un’evidente disparità di trattamento in violazione dei principi costituzio di cui agli artt. 3, 24, 25, 27 e 117 in relazione all’art. 7 CEDU.
Il Procuratore generale, con requisitoria scritta, ha concluso chiedendo l’accoglimento del motivo di ricorso e l’annullamento con rinvio del provvedimento impugnato.
CONSIDERATO IN DIRITTO
Il ricorso è manifestamente infondato, quindi, meritevole di una dichiarazione d’inammissibilità.
Come già affermato con chiarezza e precisione dalla Corte distrettuale è manifestamente infondata la questione di legittimità costituzionale dell’art. 442, comma 2-bis, cod. proc. pen. per contrasto con gli artt. 3, 25, 27 e 117 Cost. in relazione all’art. 7 CEDU, ne parte in cui non prevede che il beneficio dell’ulteriore riduzione di pena di un sesto per mancat impugnazione della sentenza di condanna si applichi anche ai procedimenti penali pendenti in fase di impugnazione e a quelli definiti con sentenza divenuta irrevocabile prima dell’entrata i vigore del d.lgs. 10 ottobre 2022, n. 150, posto che la condizione processuale che ne consente l’applicazione, costituita dall’irrevocabilità della sentenza per mancata impugnazione, in quanto soggetta al principio del “tempus regit actum”, è ravvisabile solo rispetto a sentenze di primo grado divenute irrevocabili dopo l’entrata in vigore dell’indicato d.lgs., pur se pronunci antecedentemente, sicché non risulta violato né il principio di retroattività della “lex mitior”, che riguarda le sole disposizioni che definiscono i reati e le pene che li sanzionano e la cui applicazio è preclusa ex art. 2, comma quarto, cod. pen. ove sia stata pronunziata sentenza definitiva, né
quelli di eguaglianza e di responsabilità penale, in quanto il trattamento sanzionatorio difform è giustificato dalla diversità delle situazioni da disciplinare e non può essere percepito co ingiusto dal condannato che abbia inteso perseguire il medesimo obiettivo con una diversa scelta processuale (Sez. 1, n. 42681 del 27/09/2023, Rv. 285394).
3. Va peraltro ribadito quanto già affermato da questa Sezione in tema ovvero che l’art. 442 cod. proc. pen., in tema di rito abbreviato, è stato modificato dall’art. 24, comma 1, lett. d.lgs. n. 150 del 2022 che ha introdotto il comma 2-bis, in base al quale «quando né l’imputato, né il suo difensore hanno proposto impugnazione contro la sentenza di condanna, la pena inflitta è ulteriormente ridotta di un sesto dal giudice dell’esecuzione», che vi provvede ai sensi degli artt. 676, comma 1, e 667, comma 4, cod. proc. pen. La disposizione è contenuta nell’articolo che disciplina la decisione del giudizio celebrato con il rito alternativo e, segnatamente, comma immediatamente successivo ai criteri di quantificazione della pena inflitta all’esito de procedimento di primo grado. La previsione della riduzione della pena a seguito della mancata proposizione dell’impugnazione, pertanto, non può che essere riferita alla sola sentenza di primo grado. È stato affermato che «il presupposto a regime, per l’applicazione dell’ulteriore sconto di pena nel rito speciale, è l’irrevocabilità della decisione di primo grado per mancata proposizione dell’impugnazione da parte dell’imputato (quando è ammessa l’impugnazione personale) e del difensore. La riforma delineata dal d.lgs. n. 150 del 2022 ha, infatti, lo scopo di ridurre la du del procedimento penale celebrato con rito alternativo, favorendo la definizione del giudizio dopo la decisione di primo grado e senza dare luogo ai gradi successivi (appello, ove previsto, o giudizio di legittimità) quando la loro introduzione, alla luce della valutazione rimessa alla p privata, non sia giustificata da un preminente interesse: a fronte della mancata impugnazione della sentenza di primo grado, l’imputato otterrà, in sede esecutiva, l’ulteriore riduzione di sesto della pena irrogata». In tal senso Sez. 1, n. 49255 del 26/09/2023, Rv. 285683, in motivazione. La sentenza, qui integralmente condivisa, ha concluso affermando il principio di diritto secondo cui «la riduzione di pena di un sesto, prevista, ex art. 442, comma 2-bis, cod. proc. pen., per la mancata impugnazione della sentenza di condanna di primo grado, non trova applicazione nel caso di irrevocabilità del provvedimento a seguito di rinuncia all’appello, post che l’operatività della predetta diminuzione è conseguente alla radicale mancanza dell’impugnazione, cui non è equiparabile la rinuncia ad essa». Il principio è stato ribadito ancora con Sez. 1, n. 51180 del 12/10/2023, Rv. 285583. Tali essendo i principi che regolamentano gli aspetti della materia che rilevano in questa sede, il ragionamento svolto dal giudic dell’esecuzione non si presta a censure. Infatti, nel caso di specie, non si verte in tema mancata proposizione dell’appello avverso la sentenza di primo grado, bensì di rinuncia alla proposizione del ricorso per cassazione. Corte di Cassazione – copia non ufficiale
Per le considerazioni appena espresse, il ricorso risulta essere manifestamente infondato per cui va dichiarato inammissibile con condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di euro tremila in favore della Cassa delle ammende.
P.Q.M.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di euro tremila in favore della Cassa delle ammende.
Così deciso in data 19 settembre 2024