Sentenza di Cassazione Penale Sez. 1 Num. 31886 Anno 2025
REPUBBLICA ITALIANA Relatore: NOME COGNOME
Penale Sent. Sez. 1 Num. 31886 Anno 2025
Presidente: NOME
Data Udienza: 15/05/2025
LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
Composta da
– Presidente –
NOME COGNOME NOME COGNOME NOME COGNOME
– Relatore –
SENTENZA
Sul ricorso proposto da: COGNOME NOME nato a BARI il 06/10/1986 avverso l’ordinanza del 10/02/2025 del GIP TRIBUNALE di Bari udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME lette le conclusioni del Sostituto Procuratore generale, in persona di assunta COGNOME che ha chiesto il rigetto del ricorso;
RITENUTO IN FATTO
Il Giudice per le indagini preliminari del Tribunale di Bari, in funzione di giudice dell’esecuzione, ha rigettato l’opposizione avverso il provvedimento che ha accolto parzialmente l’istanza presentata ai sensi dell’art. 442 comma 2bis cod. proc. pen. nell’interesse di NOME COGNOME con riferimento alla sentenza emessa dal Gip del Tribunale di Bari del 27/01/2023.
In particolare, l’ordinanza impugnata ha aderito ai rilievi del primo giudice il quale aveva riconosciuto il beneficio della riduzione del sesto per la sola porzione di pena (anni 12) inflitta per reati contestati con tale sentenza, negandolo invece con riferimento alla pena complessiva (anni 20 di reclusione) applicata a seguito del riconoscimento della continuazione esterna con i fatti giudicati da tre diverse sentenze:
1)sentenza della Corte di appello di Bari del 20/4/2010, irrev. il 26/9/2020, che a sua volta aveva riconosciuto la continuazione con la sentenza del Gup del Tribunale di Bari avente ad oggetto l’omicidio di NOME COGNOME;
2)sentenza della Corte di appello di Bari del 16/12/2019, irrev. il 4/4/2020;
3)sentenza del Gip del Tribunale di Bari del 21/12/2021, irrevocabile l’8/01/2022).
Si rileva, peraltro che, individuato quale reato piø grave l’omicidio di NOME COGNOME, aggravato dal metodo mafioso e punito con la pena di anni 28 di reclusione, la pena finale, operati gli aumenti per la continuazione tra le diverse sentenze (il giudice dell’esecuzione ha ridotto di 1/6 la pena inflitta per i reati satellite giudicati da anni 12 ad anni 10 di reclusione), risultava superiore ad anni 30 di reclusione e così veniva fissata entro tale limite in virtø del criterio moderatore di cui all’art. 78, comma primo, n. 1, cod. pen., di seguito ridotta ad anni 20 di reclusione per il rito.
Il Gip ha osservato che, con riferimento ai fatti posti in continuazione esterna, il
giudicato si Ł formato all’esito di un gravame (difettando così il presupposto della mancata proposizione dell’impugnazione) e, in ogni caso, in epoca antecedente all’entrata in vigore del d.lgs. 10 ottobre 2022, n. 150, dunque quando non era ancora prevista la possibilità di fruire del beneficio richiesto.
Ricorre per cassazione NOME COGNOME con un unico motivo con il quale deduce la violazione di legge in relazione all’art. 442, comma 2bis , cod. proc. pen. per aver il giudice dell’esecuzione applicato la riduzione premiale sulla sola porzione di pena inflitta per i reati giudicati dalla sentenza de qua e non sulla pena finale irrogata per la continuazione esterna con i fatti di cui alle altre tre sentenze, trascurando il pacifico indirizzo giurisprudenziale (maturato con riferimento alla concedibilità della sospensione condizionale della pena in sede esecutiva, ma in realtà riferibile a tutti i casi di intervento del giudice dell’esecuzione ai sensi dell’art. 671 cod. proc. pen.) secondo il quale, in virtø della concezione unitaria del reato continuato, la pluralità di condanne costituisce una sola condanna, poichØ il reato continuato si configura, in virtø di una ‘ fictio iuris’ , come un autonomo titolo di reato.
La riduzione di 1/6 Ł soggetta agli stessi criteri individuati per il calcolo della riduzione di 1/3 per il rito abbreviato, come facilmente intuibile dal fatto che la prima Ł contemplata dal comma 2bis dell’art. 442 cod. proc. pen., immediatamente successivo a quello di cui al comma 2 che disciplina lo sconto di pena per il rito, il quale si applica solo all’esito della determinazione del trattamento sanzionatorio conseguente all’applicazione della continuazione. Si evidenzia altresì come il giudice abbia omesso di considerare che, se Ł vero che il presupposto per l’applicazione dell’ulteriore sconto di pena Ł la mancata proposizione dell’impugnazione della decisione di primo grado, egli, rinunciando ad impugnare la sentenza, ha deciso di non contestare neanche quella parte di motivazione relativa agli aumenti di pena per i reati in continuazione, rispetto ai quali vi era un interesse piø che legittimo all’impugnazione.
Il Sostituto Procuratore Generale, dott.ssa NOME COGNOME ha chiesto il rigetto del ricorso
CONSIDERATO IN DIRITTO
Il ricorso Ł infondato, quindi, meritevole di un rigetto.
Appare opportuno premettere che l’art. 442 cod. proc. pen., in tema di rito abbreviato, Ł stato modificato, per effetto dell’art. 24, comma 1, lett. c), d.lgs. n. 150 del 2022, con l’introduzione del comma 2bis , in base al quale « quando nØ l’imputato, nØ il suo difensore hanno proposto impugnazione contro la sentenza di condanna, la pena inflitta Ł ulteriormente ridotta di un sesto dal giudice dell’esecuzione », che vi provvede ai sensi degli artt. 676, comma 1, e 667, comma 4, cod. proc. pen. Il presupposto per l’applicazione dell’ulteriore sconto di pena nel rito speciale Ł, quindi, individuato dal legislatore nell’irrevocabilità della decisione di primo grado per mancata proposizione dell’impugnazione da parte dell’imputato (ove sia ammessa l’impugnazione personale) e del difensore. La riforma delineata dal d.lgs. n. 150 del 2022 ha, infatti, lo scopo di ridurre la durata del procedimento penale celebrato con rito alternativo, favorendo la definizione del giudizio dopo la decisione di primo grado, così da evitare l’ingresso del procedimento stesso nella fase delle impugnazioni, quali che l’ordinamento in concreto consenta nel singolo caso, allorquando – trattandosi di sentenza di condanna, emessa all’esito di giudizio reso con rito abbreviato – l’imputato e il difensore valutino come preferibile non ricorrere in appello e considerino, proprio in virtø dell’opportunità offerta dalla norma, piø conveniente rinunciarvi
al fine di assicurare all’imputato stesso la riduzione (ulteriore rispetto a quella determinata dalla scelta del rito) pari alla frazione di un sesto della pena irrogata.
2.1. Nelle prime decisioni di questa Corte intervenute dopo la novella del 2022 si Ł affermato che solo la radicale mancanza dell’impugnazione la quale, determinando l’effetto deflattivo perseguito, integra il presupposto necessario per fruire della riduzione ulteriore della pena contemplata dal comma 2bis della norma, non potendosi ad essa assimilare la rinuncia all’impugnazione già proposta. Investita degli aspetti di diritto intertemporale connessi all’entrata in vigore della novella, Sez. 1, n. 16054 del 10/03/2023, COGNOME, Rv. 284545, ha anche dichiarato manifestamente infondata la questione di legittimità costituzionale dell’art. 442, comma 2bis , cod. proc. pen. per contrasto con gli artt. 3, 25, 27 e 117 Cost. in relazione all’art. 7 CEDU, nella parte in cui non prevede che il beneficio dell’ulteriore riduzione di pena di un sesto per la mancata impugnazione della sentenza di condanna si applichi anche ai procedimenti penali pendenti in fase di impugnazione e a quelli definiti con sentenza divenuta irrevocabile prima dell’entrata in vigore del d.lgs. n. 150 del 2022. Ciò perchØ la condizione processuale che ne consente l’applicazione, costituita dall’irrevocabilità della sentenza per mancata impugnazione essendo soggetta al principio del ‘ tempus regit actum ‘, Ł ravvisabile solo rispetto a sentenze di primo grado divenute irrevocabili dopo l’entrata in vigore del citato d.lgs., pur se pronunciate antecedentemente; sicchØ non risulta violato nØ il principio di retroattività della ‘ lex mitior ‘, la quale riguarda le sole disposizioni che definiscono i reati e le pene che li sanzionano e la cui applicazione Ł preclusa ai sensi dell’ art. 2, comma quarto, cod. pen. ove sia stata pronunziata sentenza definitiva, nØ tantomeno quelli di eguaglianza e di responsabilità penale, in quanto il trattamento sanzionatorio difforme Ł giustificato dalla diversità delle situazioni e non può essere percepito come ingiusto dal condannato che abbia inteso perseguire il medesimo obiettivo con una diversa scelta processuale.
2.2. Nel confermare i principi espressi dalla sentenza ora richiamata, Sez. 1, n. 19778 del 14/02/2024, Marino, non mass., ha aggiunto ulteriori considerazioni a sostegno, osservando, in particolare, che « Ciò che rileva Ł che la scelta di non proporre impugnazione (avverso la sentenza emessa inabbreviato) ricada validamente nel periodo di vigenza della nuova disposizione, anche se la sentenza Ł stata depositata prima del 30 dicembre 2022, posto che solo nella ipotesi di ‘coesistenza della norma di favore e del presupposto processuale (la scelta di non impugnare) può dirsi che l’effetto premiale sia stato «previsto e voluto» dal soggetto processuale che ne invoca l’effetto. Quando la disposizione di favore non era vigente nessun effetto premiale – in caso di mancata impugnazione – poteva rientrare in un range di prevedibilità e, dunque, la scelta processuale Ł frutto di valutazioni del tutto diverse». Nella stessa decisione si Ł definito non pertinente il riferimento « al noto caso Scoppola contro Italia, posto che in tal caso si era lesa (tramite una legge di pretesa interpretazione autentica) la legittima aspettativa di ottenere un trattamento sanzionatorio – piø favorevole – correlato ad una norma vigente al momento della proposizione della domanda di abbreviato. Qui invece la norma di favore Ł di assoluta novità ed Ł correlata al mancato esercizio della facoltà di impugnazione, sicchØ al momento in cui Ł stata operata la scelta del rito abbreviato non vi era alcuna aspettativa da tutelare in tal senso ».
2.3. Ulteriori aspetti d’interesse, a proposito dei meccanismi premiali conseguenti a scelte processuali individuali, si traggono da alcuni passaggi della sentenza Corte cost. n. 208 del 19 dicembre 2024, che ha dichiarato illegittimo il comma 2bis dell’art. 442 cod. proc. pen., nella parte in cui non prevede che il giudice dell’esecuzione può concedere altresì la
sospensione della pena e della non menzione della condanna nel certificato del casellario giudiziale, quando il giudice della cognizione non abbia potuto provvedervi perchØ la pena allora determinata era superiore ai limiti di legge per la concessione di tali benefici. Sul tema piø generale, osserva il Giudice delle leggi che «…la diminuzione della pena conseguente a scelte processuali individuali non Ł una graziosa concessione al condannato, ma riflette la precisa logica sinallagmatica – la cui legittimità costituzionale non Ł qui in discussione adottata dal legislatore, che garantisce un minor carico sanzionatorio a chi volontariamente rinunci a esercitare parti integranti del proprio diritto costituzionale di difesa, fornendo così un contributo al piø rapido ed efficiente funzionamento del sistema penale nel suo complesso… ». Quanto al piø specifico tema del meccanismo premiale previsto dall’art. 442, comma 2-bis, cod. proc. pen., nella relazione finale della Commissione di studio per elaborare proposte di riforma in materia di processo e sistema sanzionatorio penale, nonchØ in materia di prescrizione del reato, attraverso la formulazione di emendamenti al disegno di legge A.C. 2435, a pagina 27, si afferma quanto segue: « 3.3. – Ora, l’art. 442, comma 2-bis, cod. proc. pen., in questa sede all’esame, stabilisce anch’esso un meccanismo premiale, per effetto del quale la pena viene ‘ridotta di un sesto’ nell’ipotesi in cui il condannato in esito a un giudizio abbreviato non proponga impugnazione contro la sentenza. Tale riduzioneŁ espressamente indicata quale “ulteriore” rispetto a quella della metà o di un terzo prevista dal comma 2. In entrambi i meccanismi normativi, la pena originariamente determinata dal giudice sulla base degli ordinari criteri di cui agli artt. 133 e 133-bis cod. pen. subisce una modificazione ex lege, in omaggio a logiche deflattive del contenzioso penale: rispetto all’ipotesi del comma 2, al fine di incentivare il ricorso al rito abbreviato, caratterizzato dalla rinuncia alle garanzie del contraddittorio nella formazione della prova; rispetto a quella, ora all’esame, del comma 2-bis, allo scopo di indurre il condannato a rinunciare ad impugnazioni miranti unicamente a una riduzione della pena inflittagli. Nell’una e nell’altra ipotesi, il legislatore si ripromette dunque di ottenere un risparmio di tempi e di energie per il già sovraccarico sistema penale italiano, riducendo per quanto possibile – rispettivamente – il numero di giudizi dibattimentali e di impugnazioni. La peculiarità della riduzione “ulteriore” di pena di cui al comma 2-bis risiede, però, nella circostanza che alla rideterminazione della pena Ł chiamato il giudice dell’esecuzione, anzichØ il giudice della cognizione… ». Conclude, sul punto, la Corte costituzionale rilevando che «…la rinuncia all’impugnazione della sentenza di condanna, dalla quale dipende la riduzione di un sesto della pena, Ł sacrificio diverso e ulteriore rispetto alla rinuncia alle garanzie del dibattimento, che Ł già “compensata” dalla riduzione della metà o di un terzo prevista dal comma 2 dell’art. 442 cod. proc. pen. ».
2.4. Si ritiene opportuno, infine, richiamare anche alcuni passaggi di Sez. U, n. 35852 del 22/02/2018, COGNOME, Rv. 273547, la quale ha affermato il principio per cui « L’applicazione della continuazione tra reati giudicati con il rito ordinario e altri giudicati con il rito abbreviato comporta che soltanto nei confronti di questi ultimi – siano essi reati cd. satellite ovvero reati che integrino la violazione piø grave – deve essere applicata la riduzione di un terzo della pena, a norma dell’art. 442, comma secondo, cod. proc. pen. ». Nel giustificare la conclusiva opzione per l’orientamento da cui scaturirà il principio di diritto appena riportato, osservano le Sezioni Unite: « 3. Il primo orientamento – seguito nel presente processo dalla Corte di appello di Napoli – afferma che, in caso di riconoscimento della continuazione tra reati giudicati con rito ordinario e altri giudicati con rito abbreviato, anche se sono quelli giudicati con il rito alternativo ad integrare la violazione piø grave, ladiminuzione per il rito si applica esclusivamente per tali reati e non su quelli “satellite”
giudicati con il rito ordinario. L’orientamento si fonda principalmente sulla natura processuale della riduzione di pena prevista dall’art. 442, comma 2, cod. proc. pen. e sulla conseguente applicabilità soltanto alle pene inflitte per i reati giudicati, per scelta dell’imputato, con quel rito: l’autonomia dei procedimenti e l’applicazione del principio di premialità esigono che la diminuente venga riconosciuta esclusivamente in relazione al rito celebrato in forma contratta e non sono consentite estensioni della disciplina di favore oltre i casi espressamente stabiliti (Sez. 5, n. 47073 del 20/06/2014, COGNOME, Rv. 262144). La riduzione del trattamento sanzionatorio, in altri termini, resta subordinata, tassativamente e senza eccezioni, al fatto che la condanna sia intervenuta a seguito di un giudizio abbreviato (Sez. 6, n. 33856 del 09/07/2008, COGNOME, Rv. 240798). Si rimarca che la ragione giustificativa della diminuzione di un terzo, sottesa alla previsione normativa di cui al terzo comma dell’art. 442 cod. proc. pen., deve essere individuata nell’intento di accordare un incentivo, o premio, per la scelta del procedimento speciale a prova contratta, o allo stato degli atti (Sez. 1, n. 43024 del 25/09/2003, COGNOME, Rv. 226595) e si sottolinea che l’opposta soluzione ermeneutica darebbe luogo a un’ingiustificata omologazione del trattamento per situazioni radicalmente diverse, equiparando la posizione dell’imputato giudicato col rito abbreviato a quella dell’imputato giudicato col rito ordinario. E non solo: perchØ a seguire le ragioni dell’orientamento non condiviso si giungerebbe alla paradossale conclusione che andrebbe simmetricamente riconosciuto “che la medesima continuazione applicata in un giudizio ordinario dovrebbe comportare un aumento per i reati satelliti non ridotto di un terzo, ancorchØ gli stessi reati siano stati giudicati col rito abbreviato”. Nell’ambito di tale filone interpretativo, Sez. 6, n. 58089 del 16/11/2017, Wu, richiama la chiara funzione premiale ed incentivante della riduzione di cui all’art. 442, comma 2, cod. proc. pen. rispetto alla scelta dell’imputato di procedere all’accertamento nelle forme «piø economiche» del rito abbreviato e rimarca che questa funzione sarebbe del tutto assente nell’ipotesi dell’eventuale applicazione del beneficio successivamente alla definizione irrevocabile del giudizio; osserva poi, che il testo dell’art. 533 cod. proc. pen. assegna esplicita rilevanza, in tema di unificazione del trattamento sanzionatorio, alle «norme sul concorso di reati e di pene o sulla continuazione», ma non anche a quelle sui riti. 5.3. Si comprende, quindi, come il tentativo di ritenere anche quei reati separatamente giudicati «oggetto del rito speciale», cioŁ, inseriti nel giudizio abbreviato che si Ł celebrato e, quindi, “meritevoli” di beneficiare della riduzione per il rito alternativo, si risolva in una ricostruzione che non soltanto Ł artificiosae non ha alcuna base normativa, ma che appare in irriducibile contrasto con la natura e la ratio dell’istituto premiale. BenchØ i precedenti fatti siano riconsiderati dal giudice del giudizio abbreviato che sta giudicando altri reati, al fine di verificare la sussistenza del vincolo della continuazione, e benchØ il giudice possa intervenire sulle pene inflitte per tali reati con le sentenze irrevocabili, Ł evidente che per essi non si celebra affatto un nuovo processo, nØ sarebbe possibile farlo. Così come non celebra un nuovo processo il giudice dell’esecuzione che, in forza dell’art. 671 cod. proc. pen., verifica la sussistenza del vincolo della continuazione tra reati definitivamente ma separatamente giudicati e ridetermina la pena complessiva. E si Ł già sottolineato che il giudice della cognizione che ritiene la continuazione tra i reati giudicati e quelli oggetto di sentenze di condanna irrevocabili opera con gli stessi poteri del giudice dell’esecuzione. Se, quindi, quei reati sono stati giudicati in un diverso processo, nel corso del quale l’imputato aveva scelto di non chiedere l’ammissione al rito alternativo, non vi Ł ragione di operare sulle pene per essi inflitte la riduzione di cui all’art. 442, comma 2 cod. proc. pen. che Ł, appunto, una diminuente processuale legata ad una scelta operata dall’imputato nel processo di cognizione entro limiti
temporali rigidamente fissati dal codice di rito: pena la violazione del principio di eguaglianza che, come postula trattamento eguale per eguali situazioni, così presuppone trattamenti diversi per diverse situazioni».
3. Ritiene il Collegio che il percorso giurisprudenziale si qui illustrato non possa che portare alle seguenti conclusioni. Il beneficio dell’ulteriore riduzione di un sesto di cui all’art. 442, comma 2bis , cod. proc. pen., inserito dall’art. 24, comma 1, lett. c), d.lgs. 10 ottobre 2022, n. 150, si applica in presenza della condizione processuale costituita dalla irrevocabilità della sentenza per mancata impugnazione che, in quanto soggetta al principio del ” tempus regit actum “, Ł ravvisabile solamente rispetto a sentenze di primo grado divenute irrevocabili dopo l’entrata in vigore del citato d.lgs. n. 150 del 2022, pur se pronunciate antecedentemente. Invero, solo nella ipotesi di ‘coesistenza’ della norma di favore e del presupposto processuale (la scelta di non impugnare) vengono salvaguardati, al contempo: a) l’effetto deflattivo perseguito dalla novella de qua ; b) la logica sinallagmatica adottata dal legislatore in funzione del meccanismo premiale contemplato (C. cost., n. 280 del 2024, cit.); c) il rispetto del principio del ” tempus regit actum “, correlato a un fatto processuale; d) la previsione e volontà dell’effetto premiale in capo al soggetto che invoca l’applicazione (Sez. 1, n. 19778 del 2024, cit.);e) il rispetto dei principi di eguaglianza e responsabilità penale; f) la conseguente giustificazione del trattamento sanzionatorio difforme da quello applicabile a chi non si trovi nella situazione processuale de qua, posto che a situazioni diverse si applicano discipline diverse.
4. Tale ricostruzione interpretativa, conseguentemente, porta ad escludere l’applicabilità del meccanismo premiale ulteriore, introdotto dal d.lgs. n. 150 del 2022, a soggetti che non si trovino nella condizione processuale appena illustrata, come nel caso dell’odierno ricorrente. Il Giudice dell’esecuzione ha correttamente negato il beneficio in quanto la riduzione di un 1/6 prevista dall’art. 442 comma 2bis cod. proc. pen. presuppone la quiescenza alla pronuncia di condanna e non può dunque applicarsi a pene derivanti da giudicati precedenti l’entrata in vigore della novella. Va rilevato, infatti, che nella precedente ordinanza di rigetto dell’11/4/2024 lo stesso giudice aveva rilevato come l’irrevocabilità delle condanne fosse intervenuta prima della introduzione del meccanismo premiale ad opera del d.lgs. n. 150 del 2022. Con ciò, conformandosi ai principi enunciati da questa Corte in materia secondo cui la condizione processuale che consente l’applicazione della riduzione Ł costituita dall’irrevocabilità della sentenza per mancata impugnazione ed essa, in quanto soggetta al principio del tempus regit actum , Ł ravvisabile solo rispetto a sentenze di primo grado divenute irrevocabili dopo l’entrata in vigore del d.lgs. n. 150 del 2022, pur se pronunciate antecedentemente (Sez. 1, n. 46818 del 2024). E ancora, in tema di giudizio abbreviato, l’art. 442, comma 2bis , cod. proc. pen. trova applicazione anche nel caso in cui l’imputato abbia proposto impugnazione esclusivamente in relazione ad alcuni dei reati per i quali ha riportato condanna, comportando la riduzione di un ulteriore sesto della pena inflitta per i soli reati non oggetto di gravame (Sez. 1, n. 8236 del 21/01/2025, Rv. 287627). Alla luce dei sopra illustrati e condivisi principi, non appare possibile riconoscere un effetto estensivo in executivis dell’operatività della ulteriore diminuzione premiale ai sensi dell’art. 442 comma 2bis cod. proc. pen. con riferimento a pene irrogate con sentenze per le quali difetta il presupposto della radicale mancanza di impugnazione neanche in ragione della successiva applicazione della disciplina della continuazione.
Invero, quando anche tutti i reati unificati fossero stati giudicati, nei separati procedimenti, con rito abbreviato, solo quelli costituenti oggetto della sentenza piø recente hanno i requisiti per l’ammissione all’ulteriore beneficio premiale di cui all’art. 442, comma 2-
bis , cod. proc. pen.: a) perchØ l’imputato non ha presentato appello; b) perchØ la sentenza Ł divenuta irrevocabile in data successiva a quella del 30 dicembre 2022, giorno di entrata in vigore della novella (mentre le sentenze antecedenti Ł divenute irrevocabili prima). Per quanto suggestive, le argomentazioni difensive, che vorrebbero attribuire alla disposta continuazione (concepita come una sorta di ” fictio iuris ” omnicomprensiva) effetto omologante di situazioni processuali del tutto diverse, non possono che essere disattese. Se, infatti, si aderisse alla tesi difensiva si eluderebbero, irragionevolmente: a) l’effetto deflattivo perseguito dalla novella e la logica sinallagmatica adottata dal legislatore in funzione del meccanismo premiale contemplato; b) il rispetto del principio del ” tempus regit actum “, correlato a un fatto; c) il rispetto dei principi di eguaglianza e responsabilità penale, che sarebbero, così, decisamente violati nel caso in cui, come vorrebbe il difensore del ricorrente, situazioni diverse venissero disciplinate in modo uguale, tenuto conto, tra l’altro, che, quando la disposizione di favore non era vigente, nessun effetto premiale – in ipotesi di mancata impugnazione – poteva rientrare in un range di prevedibilità (Sez. 1, n. 19778 del 2024, cit.). Del tutto correttamente, pertanto, il giudice dell’esecuzione ha limitato, nella specie, l’applicazione del beneficio dell’ulteriore riduzione del sesto ai soli reati per i quali ricorrevano le condizioni processuali richieste dalla norma e dalla condivisa giurisprudenza sin qui sviluppatasi in argomento.
5. Il ricorso, per tali ragioni, deve essere dichiarato inammissibile con la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di euro tremila in favore della Cassa delle ammende.
P.Q.M.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di euro tremila in favore della cassa delle ammende. Così Ł deciso, 15/05/2025
Il Consigliere estensore
Il Presidente
NOME FILOCAMO
NOME COGNOME