Sentenza di Cassazione Penale Sez. 6 Num. 46340 Anno 2024
Penale Sent. Sez. 6 Num. 46340 Anno 2024
Presidente: NOME COGNOME
Relatore: COGNOME
Data Udienza: 05/11/2024
SENTENZA
sul ricorso proposto da
COGNOME NOMECOGNOME nato a Napoli il 01/07/1995;
avverso la sentenza del 15/04/2024 emessa dalla Corte di appello di Napoli;
visti gli atti, la sentenza impugnata e il ricorso; udita la relazione svolta dal consigliere NOME COGNOME;
lette le conclusioni del Pubblico Ministero, in persona del Sostituto Procuratore generale NOME COGNOME che ha chiesto di dichiarare inammissibile il ricorso.
RITENUTO IN FATTO
Con la pronuncia impugnata la Corte di appello di Napoli ha confermato la sentenza emessa dal Tribunale di Napoli in data 1 luglio 2022, che, all’esito del giudizio abbreviato, ha condannato NOME COGNOME alla pena sospesa di tre mesi di reclusione per il delitto di resistenza a pubblico ufficiale commesso in data 11 luglio 2020.
L’avvocato NOME COGNOME difensore di COGNOME, ha impugnato questa sentenza e ne ha chiesto l’annullamento, proponendo due motivi di ricorso.
2.1. Con il primo motivo, il difensore deduce l’inosservanza dell’art. 337 cod. pen. e il vizio di mancanza della motivazione, in quanto la Corte di appello avrebbe omesso di confrontarsi con le deduzioni svolte in ordine all’insussistenza del fatto di reato per cui si procede e alla carenza dell’elemento materiale del delitto di resistenza a pubblico ufficiale.
La sentenza di appello avrebbe, anzi, perpetuato la carenza di argomentazione della sentenza di primo grado, limitandosi a motivare per relationem in ordine alla condotta contestata al ricorrente.
I giudici di appello, inoltre, non avrebbero rispettato il canone dell’oltre ogni ragionevole dubbio; il ricorrente, infatti, si sarebbe limitato a non collaborare con gli operanti e a proferire frasi volgari.
Tali condotte, tuttavia, sarebbero inidonee ad integrare il delitto di cui all’art. 337 cod. pen., in quanto non avrebbero impedito che l’atto di ufficio venisse portato a compimento, senza che il ricorrente cagionasse pericolo all’incolumità dei pubblico ufficiali o di terzi.
2.2. Con il secondo motivo il difensore censura la violazione dell’art. 442 cod. proc. pen. e la mancanza, la manifesta illogicità e la contraddittorietà della motivazione sul punto, in quanto la Corte di appello non avrebbe operato, in misura massima, la riduzione di pena per il giudizio abbreviato.
Il giudice di primo grado, infatti, avrebbe determinato la pena base in sei mesi di reclusione, ridotta per le attenuanti generiche alla pena di quattro mesi di reclusione, ulteriormente ridotta alla pena di tre mesi per la diminuente di cui all’art. 438 cod. proc. pen.
Questo calcolo sarebbe, tuttavia, errato, in quanto la pena, in ragione della riduzione, in misura fissa, conseguente all’applicazione della diminuente di cui all’art. 442, comma 2, cod. proc. pen., avrebbe dovuto essere determinata in due mesi e venti giorni di reclusione.
Con la requisitoria e le conclusioni scritte depositate in data 16 ottobre 2024, il Procuratore generale NOME COGNOME ha chiesto di dichiarare inammissibile il ricorso.
CONSIDERATO IN DIRITTO
Il ricorso deve essere accolto nei limiti che di seguito si precisano.
Con il primo motivo, il difensore deduce l’inosservanza dell’art. 337 cod. pen. e il vizio di mancanza della motivazione, in quanto la Corte di appello avrebbe omesso di confrontarsi con le deduzioni difensive in ordine all’insussistenza del
fatto di reato per cui si procede per carenza dell’elemento materiale del delitto di resistenza a pubblico ufficiale.
Il motivo è inammissibile per aspecificità e, comunque, si risolve in una sollecitazione ad una rinnovato esame degli elementi probatori, non consentito in sede di legittimità.
3.1. Il difensore, infatti, non ha censurato carenze della motivazione o suoi vizi logici, ma ha inammissibilmente proposto, peraltro in termini apodittici, un diverso apprezzamento delle condotte accertate dalle sentenze di merito.
Secondo il costante orientamento della giurisprudenza di legittimità, tuttavia, esula dai poteri della Corte di cassazione quello di una diversa lettura degli elementi di fatto posti a fondamento della decisione, la cui valutazione è riservata in via esclusiva al giudice di merito senza che possa integrare vizio di legittimità la mera prospettazione di una diversa valutazione delle risultanze processuali ritenute dal ricorrente più adeguate (Sez. U, n. 6402 del 2/07/1997, Dessinnone, Rv. 207944).
Sono precluse al giudice di legittimità, la rilettura degli elementi di fatto posti a fondamento della decisione impugnata e l’autonoma adozione di nuovi e diversi parametri di ricostruzione e valutazione dei fatti, indicati dal ricorrente come maggiormente plausibili o dotati di una migliore capacità esplicativa rispetto a quelli adottati dal giudice del merito (Sez. 6, n. 5456 del 4/11/2020, F., Rv. 280601-1; Sez. 6, n. 47204 del 07/10/2015, COGNOME, Rv. 265482).
3.2. La censura relativa alla violazione della regola dell’oltre ogni ragionevole dubbio si risolve, inoltre, nella mera enunciazione di massime della giurisprudenza di legittimità, prive di connessione con la sentenza impugnata. È, tuttavia, inammissibile, per difetto di specificità, il motivo di ricorso che si risolva nella mera enunciazione dei principi giurisprudenziali (Sez. 4, n. 38202 del 07/07/2016, COGNOME, Rv. 267611).
La Corte di appello di Napoli ha, peraltro, congruamente rilevato che il ricorrente ha posto in essere una condotta minacciosa, ostacolando l’azione degli agenti che intendevano identificarlo, e, dunque, non si è limitato a proferire meramente frasi volgari e offensive, secondo la ricostruzione della difesa.
Con il secondo motivo il difensore censura la violazione dell’art. 442 cod. proc. pen. e la mancanza, la manifesta illogicità e la contraddittorietà della motivazione sul punto, in quanto la Corte di appello non avrebbe operato, in misura massima, la riduzione di pena per il giudizio abbreviato.
5. Il motivo è fondato.
5.1. Nell’atto di appello il ricorrente ha espressamente censurato la determinazione della pena operata dalla sentenza di primo grado, in quanto il Tribunale di Napoli avrebbe calcolato la diminuente per il rito abbreviato in misura inferiore al terzo della pena irrogata e la Corte di appello ha omesso di considerare tale motivo di appello.
5.2. A questa omissione della sentenza impugnata può, tuttavia, provvedere direttamente la Corte di cassazione ai sensi dell’art. 620, comma 1, lett. l), cod. proc. pen.
La Corte di cassazione pronuncia, infatti, sentenza di annullamento senza rinvio se ritiene superfluo il rinvio e se, anche all’esito di valutazioni discreziona può decidere la causa alla stregua degli elementi di fatto già accertati o sulla base delle statuizioni adottate dal giudice di merito, non risultando necessari ulteriori accertamenti (Sez. U, n. 3464 del 30/11/2017, dep. 2018, COGNOME, Rv. 27183101).
La possibilità, riconosciuta alla Corte di cassazione dall’art. 620, comma 1, lett. l), cod. proc. pen., nella formulazione modificata dalla legge 23 giugno 2017, n. 103, di rideterminare direttamente la pena sulla base delle statuizioni del giudice di merito, procedendo ad un annullamento senza rinvio, è, del resto, circoscritta alle ipotesi in cui alla situazione da correggere possa porsi rimedio senza necessità dell’esame degli atti dei processi di primo e secondo grado e della formulazione di giudizi di merito, obiettivamente incompatibili con le attribuzioni del giudice di legittimità (Sez. 6, n. 44874 del 11/09/2017, Dessì, Rv. 271484 01, fattispecie in cui la Corte, in accoglimento di ricorso straordinario per errore di fatto, annullava la sentenza del giudice di appello limitatamente ad alcuni fatti estinti per prescrizione e rinviava al medesimo per la rideterminazione della pena, in quanto, trattandosi di reati uniti in continuazione, riteneva necessari ulterior accertamenti, non avendo detto giudice individuato la pena per ciascun delitto in continuazione, ma operato un unico aumento ai sensi dell’art. 81, comma 2, cod. pen.).
L’omesso computo da parte del giudice di merito della diminuente prevista dall’art. 442, comma secondo, cod. proc. pen., può, dunque, essere rettificato direttamente dalla Corte di cassazione, in quanto la diminuente per il rito non è discrezionale ma è fissata dalla legge nelle misura fissa di un terzo (Sez. 3, n. 6307 del 19/12/2007, dep. 2008, Tesi, Rv. 238829 – 01).
5.3. Dall’esame diretto degli atti processuali (ammesso in sede di legittimità quando è censurata una violazione della legge processuale, ex plurimis: Sez. U, n. n. 42792 del 31/10/2001, Policastro, Rv. 229092) risulta che il ricorrente è stato giudicato nelle forme del rito abbreviato e il Tribunale di Napoli ha determinato la pena in tre mesi di reclusione.
In particolare, il Tribunale ha determinato la pena per il delitto di resistenza a pubblico ufficiale contestato nel minimo edittale di sei mesi, ridotta per il riconoscimento delle attenuanti generiche alla pena di quattro mesi di reclusione, ulteriormente ridotta, ai sensi dell’art. 442, comma 1, cod. proc. pen. alla pena di tre mesi di reclusione.
Il Tribunale di Napoli ha, tuttavia, obliterato che la riduzione di pena in caso di condanna per l’imputato che sia stato ammesso al giudizio abbreviato è fissata indefettibilmente dall’art. 442, comma 2, cod. proc. pen. in un terzo della pena se si procede per un delitto.
Alla stregua dei rilievi che precedono, dunque, la sentenza impugnata deve essere annullata senza rinvio limitatamente alla entità della pena, che si ridetermina in mesi due, giorni venti di reclusione; il ricorso deve essere dichiarato inammissibile nel resto.
P.Q.M.
Annulla senza rinvio la sentenza impugnata limitatamente alla entità della pena, che ridetermina in mesi due, giorni venti di reclusione. Dichiara inammissibile nel resto il ricorso.
Così deciso il 05/11/2024.