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Riduzione pena rinuncia appello: la Cassazione decide

La Corte di Cassazione ha respinto il ricorso di un imputato che chiedeva l’applicazione della nuova riduzione pena rinuncia appello per una sentenza emessa prima della riforma. La Corte ha stabilito che la norma, essendo di natura processuale, segue il principio ‘tempus regit actum’ e non ha effetto retroattivo, rigettando la questione di legittimità costituzionale.

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Pubblicato il 4 novembre 2025 in Diritto Penale, Giurisprudenza Penale, Procedura Penale

Riduzione pena rinuncia appello: la Cassazione nega la retroattività

Una recente sentenza della Corte di Cassazione ha affrontato un tema di grande attualità nel diritto processuale penale: l’applicabilità della nuova riduzione pena rinuncia appello, introdotta dalla Riforma Cartabia, ai procedimenti definiti in primo grado prima della sua entrata in vigore. La Corte ha stabilito che la norma non ha effetto retroattivo, fornendo importanti chiarimenti sui principi che regolano la successione delle leggi processuali nel tempo.

I Fatti del Caso

Il caso trae origine dal ricorso di un imputato, condannato in primo grado con rito abbreviato per il reato di evasione (art. 385 c.p.) e la cui sentenza era stata confermata dalla Corte d’Appello. La difesa, oltre a richiedere la correzione di un errore materiale nel nome dell’imputato, ha sollevato una questione di legittimità costituzionale dell’art. 442, comma 2-bis, del codice di procedura penale. Questa norma prevede un’ulteriore riduzione di un sesto della pena per chi, giudicato con rito abbreviato, non proponga appello, accettando così la sentenza di primo grado.

L’imputato sosteneva che la mancata applicazione di questo beneficio a coloro la cui sentenza di primo grado era stata emessa prima del 30 dicembre 2022 (data di entrata in vigore della norma) creasse una disparità di trattamento ingiustificata, violando i principi costituzionali di uguaglianza e ragionevolezza.

La questione sulla riduzione pena rinuncia appello

Il cuore della questione legale era stabilire se il beneficio della riduzione pena rinuncia appello dovesse essere esteso anche a chi si trovava in una fase di appello pendente al momento dell’entrata in vigore della nuova legge. La difesa argomentava che negare tale possibilità avrebbe significato trattare in modo diverso situazioni sostanzialmente identiche, penalizzando ingiustamente l’imputato che aveva scelto di esercitare il proprio diritto di impugnazione prima della riforma.

La tesi difensiva mirava a far prevalere un’interpretazione costituzionalmente orientata della norma, che tenesse conto del principio di uguaglianza (art. 3 Cost.) e della finalità premiale della disposizione, volta a deflazionare il carico dei processi d’appello.

Le Motivazioni della Corte di Cassazione

La Corte di Cassazione ha dichiarato la questione manifestamente infondata, rigettando il ricorso. Le motivazioni della decisione si basano su due principi cardine del nostro ordinamento giuridico.

In primo luogo, la Corte ha ribadito l’applicazione del principio tempus regit actum per le norme processuali. Secondo tale principio, gli atti del processo sono regolati dalla legge in vigore nel momento in cui vengono compiuti. La condizione per ottenere la riduzione di pena – ovvero la mancata impugnazione che rende la sentenza irrevocabile – è un evento processuale. Di conseguenza, la nuova norma può applicarsi solo alle sentenze di primo grado divenute irrevocabili per mancata impugnazione dopo la sua entrata in vigore. Non può, quindi, avere effetto retroattivo.

In secondo luogo, i giudici hanno distinto nettamente questa norma processuale dal principio della lex mitior (legge più favorevole), che si applica invece al diritto penale sostanziale (cioè alle norme che definiscono i reati e le pene). La Corte ha chiarito che il trattamento sanzionatorio diverso è giustificato dalla diversità delle situazioni processuali. Un imputato che ha già scelto di impugnare la sentenza si trova in una posizione diversa rispetto a chi, dopo la nuova legge, può decidere di non farlo proprio per ottenere il beneficio. Questa scelta processuale differente giustifica un esito diverso, senza che ciò costituisca una violazione del principio di eguaglianza.

Le Conclusioni

Con questa sentenza, la Suprema Corte ha tracciato una linea chiara: la riduzione pena rinuncia appello prevista dalla Riforma Cartabia non è retroattiva. Si tratta di una norma di carattere processuale, soggetta al principio tempus regit actum, e non di una norma penale sostanziale. La decisione conferma che le riforme processuali, anche quando hanno effetti sulla pena, si applicano solo per il futuro, senza travolgere le scelte e le situazioni giuridiche già consolidate sotto la vigenza della legge precedente. Infine, la Corte ha disposto la correzione dell’errore materiale presente nel dispositivo della sentenza d’appello, ripristinando il corretto nominativo dell’imputato.

Perché è stata respinta la richiesta di applicare la riduzione di pena per la rinuncia all’appello a una sentenza precedente alla riforma?
La Corte ha stabilito che la norma ha natura processuale e non penale sostanziale. Pertanto, si applica il principio ‘tempus regit actum’, secondo cui gli atti processuali sono regolati dalla legge in vigore al momento del loro compimento. La norma non può essere applicata retroattivamente.

La mancata retroattività della norma viola il principio di uguaglianza?
No. Secondo la Cassazione, la differenza di trattamento è giustificata dalla diversità delle situazioni processuali. Un imputato che aveva già deciso di appellare prima della riforma si trova in una posizione diversa da chi può fare questa scelta dopo l’entrata in vigore della nuova legge, che offre un incentivo a non impugnare. Questa diversa scelta processuale legittima un trattamento differente.

Cosa ha deciso la Corte riguardo all’errore materiale nel nome dell’imputato?
La Corte ha accolto la richiesta di correzione dell’errore materiale. Ha disposto che nel dispositivo della sentenza d’appello, dove era stato indicato un nome errato, venisse inserito il nome corretto del ricorrente.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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