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Riduzione pena pecuniaria: obbligo di motivazione

La Corte di Cassazione ha annullato una sentenza della Corte d’appello per mancata motivazione sulla riduzione della pena pecuniaria. Il caso riguardava un imputato condannato per spaccio di stupefacenti. Sebbene fossero state concesse le attenuanti generiche prevalenti sulla recidiva, la Corte d’appello aveva operato una riduzione della multa minima, senza spiegare le ragioni di tale scelta. La Cassazione ha ribadito che la discrezionalità del giudice deve essere sempre giustificata, soprattutto quando la riduzione della pena pecuniaria è significativamente inferiore al massimo previsto dalla legge.

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Pubblicato il 10 novembre 2025 in Diritto Penale, Giurisprudenza Penale, Procedura Penale

Riduzione Pena Pecuniaria: La Cassazione Chiarisce l’Obbligo di Motivazione

La recente sentenza della Corte di Cassazione (n. 12766/2024) offre un importante chiarimento sul potere discrezionale del giudice nella determinazione della pena. In particolare, la pronuncia si sofferma sull’obbligo di motivare adeguatamente la riduzione pena pecuniaria quando vengono concesse le circostanze attenuanti. Questo principio garantisce trasparenza e controllo sulle decisioni giudiziarie, assicurando che ogni scelta sanzionatoria sia fondata su ragioni esplicite e comprensibili.

I Fatti del Caso

La vicenda processuale ha origine da una condanna per detenzione e spaccio di sostanze stupefacenti (cocaina e hashish) a carico di un imputato, in concorso con un’altra persona. La Corte d’appello di Roma, in sede di giudizio di rinvio a seguito di un precedente annullamento da parte della Cassazione, aveva riformato la sentenza di primo grado.

Nello specifico, i giudici di secondo grado avevano qualificato la recidiva come specifica e, riconoscendo le circostanze attenuanti generiche come prevalenti, avevano rideterminato la pena in tre anni di reclusione e una multa. Proprio quest’ultimo punto è stato oggetto del successivo ricorso in Cassazione.

Il Ricorso in Cassazione e la questione della riduzione pena pecuniaria

Il difensore dell’imputato ha presentato ricorso alla Suprema Corte lamentando un vizio di motivazione. Secondo la difesa, la Corte d’appello, pur avendo concesso le attenuanti in misura prevalente, aveva operato una riduzione pena pecuniaria del tutto insufficiente e, soprattutto, immotivata. La pena base di 15.000 euro di multa era stata ridotta a 13.000 euro, una diminuzione pari a circa un settimo, ben lontana dal massimo di un terzo previsto dalla legge. Il ricorrente sosteneva che i giudici non avevano fornito alcuna spiegazione per giustificare uno scostamento così significativo dalla massima riduzione possibile, violando così l’obbligo di motivazione.

Le Motivazioni della Suprema Corte

La Corte di Cassazione ha accolto il ricorso, ritenendolo fondato. Gli Ermellini hanno ribadito un principio fondamentale in tema di determinazione del trattamento sanzionatorio: la discrezionalità del giudice nell’applicare le diminuzioni di pena derivanti dalle circostanze attenuanti deve sempre trovare una giustificazione nella motivazione della sentenza.

Il Collegio ha sottolineato che l’onere di motivazione è tanto più intenso quanto più contenuta è l’incidenza del beneficio concesso rispetto alla pena concreta. In altre parole, se il giudice decide di applicare una riduzione minima, deve spiegare chiaramente le ragioni di tale scelta. Nel caso di specie, la Corte d’appello si era limitata a ridurre la multa da 15.000 a 13.000 euro senza addurre alcun argomento a sostegno di questa limitata diminuzione. Secondo la Cassazione, tale modus operandi costituisce un difetto di motivazione che invalida la sentenza sul punto. La Corte ha chiarito che il giudice del merito deve commisurare l’entità della pena all’effettiva gravità del reato, sulla base dei criteri forniti dall’art. 133 del codice penale, e che anche il riconoscimento delle attenuanti deve avere un’incidenza concreta e motivata sulla pena finale.

Le Conclusioni

In conclusione, la Suprema Corte ha annullato la sentenza impugnata, ma limitatamente alla determinazione della pena pecuniaria. Il caso è stato rinviato ad un’altra Sezione della Corte d’appello di Roma per un nuovo giudizio sul punto. I nuovi giudici dovranno ricalcolare l’importo della multa, fornendo questa volta una motivazione adeguata e completa che giustifichi l’entità della riduzione applicata in virtù delle circostanze attenuanti generiche. Questa sentenza rafforza il principio di legalità e il diritto della difesa a un provvedimento giudiziario trasparente in ogni sua parte, inclusa la commisurazione della sanzione pecuniaria.

Quando un giudice concede una riduzione della pena per circostanze attenuanti, deve sempre motivare l’entità della riduzione?
Sì, secondo la Corte di Cassazione la discrezionalità del giudice nell’applicare una diminuzione di pena deve trovare giustificazione nella motivazione della sentenza. L’onere di motivazione è ancora più stringente quando la riduzione concessa è molto contenuta rispetto al massimo previsto.

Perché, nel caso specifico, la riduzione della multa da 15.000 a 13.000 euro è stata ritenuta illegittima?
La riduzione è stata ritenuta illegittima non per l’importo in sé, ma per la totale assenza di motivazione. La Corte d’appello non ha spiegato perché ha applicato una riduzione minima (circa un settimo) invece di una più consistente (fino a un terzo), non giustificando il suo scostamento dalla misura massima del beneficio.

Qual è la conseguenza della decisione della Corte di Cassazione?
La sentenza della Corte d’appello è stata annullata limitatamente al punto della determinazione della pena pecuniaria. Il caso è stato rinviato a un’altra sezione della Corte d’appello di Roma, che dovrà procedere a un nuovo giudizio per rideterminare l’importo della multa, fornendo un’adeguata motivazione.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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