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Riduzione di pena: no alla Cartabia su pene definitive

La Corte di Cassazione ha stabilito che la riduzione di pena di un sesto, introdotta dalla Riforma Cartabia per chi non impugna la sentenza di condanna, non si applica retroattivamente ai casi definiti con sentenza passata in giudicato prima dell’entrata in vigore della nuova norma. La Corte ha rigettato il ricorso di un condannato, affermando che il principio della certezza del diritto e l’intangibilità del giudicato prevalgono sulla retroattività della norma favorevole di natura processuale.

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Pubblicato il 10 novembre 2025 in Diritto Penale, Giurisprudenza Penale, Procedura Penale

Riduzione di Pena: La Cassazione e il Limite del Giudicato per la Riforma Cartabia

La recente Riforma Cartabia ha introdotto un’importante novità: una riduzione di pena di un sesto per l’imputato che, condannato in primo grado, sceglie di non presentare appello. Questa misura premiale ha sollevato un quesito cruciale: può essere applicata anche a chi è stato condannato con sentenza definitiva prima dell’entrata in vigore della riforma? Con la sentenza n. 13103 del 2024, la Corte di Cassazione ha dato una risposta netta, riaffermando la solidità del principio del giudicato.

I Fatti del Caso

Il caso trae origine dal ricorso di un individuo, le cui sentenze di condanna erano divenute irrevocabili rispettivamente nel 2021. A seguito dell’introduzione dell’art. 442, comma 2-bis, del codice di procedura penale da parte del D.Lgs. 150/2022 (Riforma Cartabia), il condannato ha presentato un’istanza al giudice dell’esecuzione per ottenere la riduzione di pena di un sesto.

Il giudice dell’esecuzione ha rigettato la richiesta, sostenendo che il beneficio non potesse essere applicato retroattivamente, poiché le sentenze erano già passate in giudicato prima che la nuova norma entrasse in vigore. Contro questa decisione, il condannato ha proposto ricorso in Cassazione, sollevando una questione di legittimità costituzionale e sostenendo che il principio della legge più favorevole dovesse prevalere sull’intangibilità del giudicato.

La Questione Giuridica: Retroattività e il Muro del Giudicato

Il cuore della controversia risiede nel conflitto tra due principi cardine del nostro ordinamento: da un lato, il principio di retroattività della lex mitior (art. 2, comma 4, c.p.), che impone l’applicazione della legge penale più favorevole; dall’altro, il principio di certezza del diritto, che trova la sua massima espressione nel giudicato, ossia l’immutabilità delle sentenze definitive.

Il ricorrente sosteneva che il divieto di applicare la nuova, più favorevole, disciplina a situazioni già definite da un giudicato violasse i principi di uguaglianza e ragionevolezza. Secondo questa tesi, valori come la legalità della pena e la rieducazione del reo dovrebbero portare a una riconsiderazione del dogma del giudicato, specialmente alla luce della giurisprudenza europea che vede il procedimento penale concludersi non con la sentenza, ma con la fine dell’esecuzione della pena.

La Decisione della Cassazione sulla Riduzione di Pena

La Suprema Corte ha dichiarato il ricorso infondato, confermando la decisione del giudice dell’esecuzione. I giudici hanno chiarito che la norma che introduce la riduzione di pena di un sesto (art. 442, c. 2-bis, c.p.p.) ha natura processuale e, come tale, è soggetta al principio tempus regit actum (la legge regola gli atti compiuti durante la sua vigenza).

La condizione per accedere al beneficio è l’irrevocabilità della sentenza per mancata impugnazione. Questa condizione, secondo la Corte, può verificarsi solo per sentenze divenute irrevocabili dopo l’entrata in vigore del decreto legislativo. Di conseguenza, non si pone un problema di retroattività della lex mitior, la quale riguarda le norme sostanziali che definiscono reati e pene, non i meccanismi processuali come quello in esame.

Le Motivazioni

La Corte di Cassazione ha basato la sua decisione su un solido impianto argomentativo, richiamando precedenti giurisprudenziali sia nazionali che costituzionali. In primo luogo, ha ribadito che il limite del giudicato all’applicazione retroattiva della legge più favorevole è legittimo e trova fondamento nell’esigenza di salvaguardare la certezza dei rapporti giuridici ormai esauriti, come affermato dalla Corte Costituzionale (sent. n. 74/1980).

In secondo luogo, la Cassazione ha precisato che, sebbene il principio di retroattività della legge più favorevole sia stato valorizzato anche a livello europeo (caso Scoppola c. Italia), nemmeno la Corte di Strasburgo ha mai sostenuto che tale principio possa travolgere il giudicato. La giurisprudenza europea, infatti, si è sempre riferita a leggi penali posteriori adottate prima della pronuncia di una sentenza definitiva.

Infine, il Collegio ha sottolineato che il trattamento sanzionatorio difforme tra chi è stato giudicato prima e dopo la riforma è giustificato dalla diversità delle situazioni e delle scelte processuali a disposizione degli imputati nei diversi contesti temporali. Pertanto, l’esclusione del beneficio per le sentenze già passate in giudicato non viola né il principio di eguaglianza né quello di responsabilità penale.

Le Conclusioni

In conclusione, la sentenza ribadisce un principio fondamentale: il giudicato penale costituisce un limite invalicabile all’applicazione di nuove norme processuali più favorevoli, salvo che il legislatore non disponga diversamente con apposite norme transitorie. La riduzione di pena prevista dalla Riforma Cartabia è un beneficio legato a una specifica scelta processuale (la non impugnazione) e può essere applicato solo alle situazioni maturate sotto la vigenza della nuova legge. Per chi è già stato condannato in via definitiva, questa porta rimane chiusa, a tutela della stabilità e della certezza del diritto.

La riduzione di pena di un sesto introdotta dalla Riforma Cartabia si applica alle sentenze già definitive?
No. La Corte di Cassazione ha stabilito che questo beneficio non può essere applicato retroattivamente a sentenze che erano già passate in giudicato prima dell’entrata in vigore della nuova norma (D.Lgs. 150/2022).

Perché il principio del giudicato impedisce l’applicazione di questa norma più favorevole?
Il giudicato rappresenta la definitività di una sentenza e garantisce la certezza dei rapporti giuridici. La Corte ha chiarito che questo principio costituisce un limite legittimo all’applicazione retroattiva di norme più favorevoli, specialmente se di natura processuale, per evitare di rimettere continuamente in discussione decisioni ormai concluse.

La norma sulla riduzione di pena è considerata di diritto penale sostanziale o processuale?
Secondo la Cassazione, la norma contenuta nell’art. 442, comma 2-bis, c.p.p., ha natura processuale. Di conseguenza, è soggetta al principio tempus regit actum (la legge del tempo regola l’atto), e non al principio di retroattività della lex mitior, che si applica invece alle norme penali sostanziali (quelle che definiscono reati e pene).

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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