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Riduzione della pena: quando è inammissibile il ricorso

La Corte di Cassazione ha dichiarato inammissibile il ricorso di un uomo condannato per tentato furto aggravato di generi alimentari. La richiesta di una maggiore riduzione della pena è stata respinta poiché la Corte d’Appello aveva implicitamente motivato la sua decisione, sottolineando i numerosi precedenti penali dell’imputato e la finalità di rivendita della merce, elementi che ne dimostravano la pericolosità e non lo rendevano meritevole di un trattamento più favorevole.

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Pubblicato il 13 settembre 2025 in Diritto Penale, Giurisprudenza Penale, Procedura Penale

Riduzione della Pena per Tentativo: Perché la Cassazione ha detto No

La quantificazione della riduzione della pena in caso di reato tentato non è automatica, ma è affidata alla valutazione discrezionale del giudice. Con una recente ordinanza, la Corte di Cassazione ha chiarito che tale valutazione può basarsi anche su elementi come la pericolosità sociale dell’imputato, desunta dai suoi precedenti penali, e le circostanze del fatto. Analizziamo insieme questa decisione per capire i principi che guidano i giudici in queste situazioni.

I Fatti del Caso: Il Tentato Furto di Generi Alimentari

Il caso riguarda un uomo condannato per il tentato furto aggravato di 23 confezioni di salmone, avvenuto in un supermercato di una grande città del nord Italia. La condanna, emessa in primo grado, era stata confermata dalla Corte d’Appello territorialmente competente.

L’imputato, non soddisfatto della decisione, ha proposto ricorso per cassazione, lamentando un vizio specifico: a suo dire, i giudici di merito non avevano adeguatamente motivato la mancata applicazione della riduzione della pena per il tentativo nella sua massima estensione possibile.

Il Ricorso in Cassazione e la questione sulla riduzione della pena

Il ricorrente ha presentato un unico motivo di ricorso, incentrato sulla violazione di legge per omessa risposta alla sua richiesta di ottenere una riduzione della pena più consistente. Sostanzialmente, si doleva del fatto che la Corte d’Appello non avesse spiegato perché non gli fosse stato concesso il massimo del beneficio previsto per la figura del delitto tentato.

Le Motivazioni della Corte di Cassazione

La Suprema Corte ha dichiarato il ricorso inammissibile, ritenendolo generico e manifestamente infondato. Secondo gli Ermellini, la Corte d’Appello aveva, in realtà, fornito una motivazione, seppur implicita, del tutto adeguata a giustificare la sua decisione.

I giudici di legittimità hanno osservato come la sentenza impugnata avesse descritto la condotta dell’imputato come “particolarmente odiosa”. Questa valutazione non era astratta, ma si fondava su due elementi concreti:

1. I numerosi precedenti penali: L’imputato era un soggetto con un curriculum criminale significativo, un elemento che, secondo la Corte, ne attestava la spiccata pericolosità sociale.
2. La finalità del furto: L’uomo non aveva rubato i beni (23 confezioni di salmone, definiti “di pregio”) per soddisfare un bisogno personale o familiare, ma con il chiaro intento di rivenderli. Questo escludeva lo stato di necessità e inquadrava l’azione in un contesto di pura finalità di lucro illecito.

La Corte di Cassazione ha quindi stabilito che, spiegando queste circostanze, la Corte d’Appello aveva implicitamente ma chiaramente motivato perché l’imputato non fosse meritevole di una più consistente riduzione della pena. La valutazione negativa sulla personalità del reo e sulla gravità della sua condotta giustificava pienamente un trattamento sanzionatorio più severo rispetto al minimo possibile.

Le Conclusioni

Questa ordinanza ribadisce un principio fondamentale: la riduzione della pena per il delitto tentato non è un diritto dell’imputato a ottenerla nella misura massima, ma una facoltà discrezionale del giudice. Il giudice del merito ha il potere di calibrare la sanzione in base alla gravità del fatto e alla personalità dell’autore del reato. Una motivazione che evidenzi elementi negativi, come i precedenti penali e la natura del reato, è sufficiente a giustificare una riduzione meno ampia, anche se tale giustificazione non è espressa in una sezione autonoma della sentenza ma si ricava logicamente dall’intera argomentazione.

Perché la richiesta di una maggiore riduzione della pena è stata respinta?
La richiesta è stata respinta perché il tribunale ha ritenuto la condotta dell’imputato particolarmente grave. Questa valutazione si basava sui suoi numerosi precedenti penali, che indicavano una notevole pericolosità sociale, e sul fatto che stava rubando beni di valore (23 confezioni di salmone) non per necessità, ma con l’intento di rivenderli.

Il giudice è sempre obbligato a concedere la massima riduzione della pena per un reato tentato?
No. La legge stabilisce un intervallo per la riduzione della pena, e il giudice ha il potere discrezionale di decidere l’entità specifica in base alle circostanze del caso. La decisione deve essere motivata, ma la motivazione può anche essere implicita, purché sia desumibile dal ragionamento complessivo della sentenza.

Cosa significa che un motivo di ricorso è “generico”?
Un motivo di ricorso è considerato “generico” quando non contesta specificamente il ragionamento della decisione del giudice di grado inferiore, ma si limita a riproporre una richiesta già avanzata, senza fornire nuovi argomenti o individuare precisi errori di diritto nella sentenza impugnata. In questo caso, il ricorrente si è limitato a chiedere una riduzione senza criticare efficacemente le ragioni della Corte d’Appello.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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