Riduzione della pena per sovraffollamento: la brevità del periodo può escludere il risarcimento
La Corte di Cassazione, con l’ordinanza n. 10503/2024, torna a pronunciarsi sulla questione della riduzione della pena come rimedio al sovraffollamento carcerario. La decisione chiarisce che la semplice violazione del parametro dei tre metri quadrati di spazio individuale non comporta un automatico diritto al risarcimento se il periodo di sofferenza è estremamente limitato e sussistono altri fattori compensativi. Analizziamo insieme questa importante pronuncia.
I Fatti del Caso
Un detenuto si era visto inizialmente concedere dal Magistrato di Sorveglianza una riduzione della pena ai sensi dell’art. 35-ter dell’ordinamento penitenziario, a causa delle condizioni di sovraffollamento patite. Tuttavia, il Dipartimento dell’amministrazione penitenziaria presentava reclamo, accolto dal Tribunale di Sorveglianza. La revoca del beneficio si basava sul fatto che, per una parte del periodo, il soggetto si trovava in detenzione domiciliare e, per un’altra, beneficiava del regime a celle aperte, condizioni incompatibili con il pregiudizio da sovraffollamento.
Il detenuto ha quindi proposto ricorso in Cassazione, non contestando le valutazioni sui periodi di detenzione domiciliare e a celle aperte, ma sostenendo che residuava un periodo, seppur molto breve (dal 17 luglio al 5 agosto 2017), in cui non aveva fruito di regimi attenuati e per il quale la riduzione della pena avrebbe dovuto essere confermata.
La Valutazione sulla Riduzione della Pena della Corte di Cassazione
La Suprema Corte ha dichiarato il ricorso inammissibile. Il fulcro della decisione non risiede nella negazione del sovraffollamento per il breve periodo indicato, ma nell’applicazione di un principio di diritto più ampio e consolidato. I giudici hanno evidenziato come il ricorso non prendesse posizione su un aspetto cruciale: la possibilità di bilanciare la mancanza di spazio con altri elementi positivi della detenzione.
In sostanza, il ricorso è stato ritenuto privo delle argomentazioni giuridiche necessarie a sostenerlo, poiché si è limitato a indicare un periodo di violazione del parametro spaziale senza affrontare il quadro complessivo delle condizioni detentive.
Le Motivazioni della Decisione
La Corte ha richiamato un’importante sentenza delle Sezioni Unite (n. 6551/2021), la quale ha stabilito che la valutazione del pregiudizio da sovraffollamento non può essere meramente quantitativa e matematica. La brevità del periodo in cui lo spazio individuale è inferiore ai tre metri quadrati può essere considerata un fattore che, unitamente ad altre circostanze, neutralizza il carattere afflittivo della detenzione.
Questi “fattori compensativi” includono:
1. Condizioni carcerarie dignitose: la pulizia, l’illuminazione e l’aerazione della cella.
2. Sufficiente libertà di movimento: la possibilità di trascorrere tempo fuori dalla cella per partecipare ad adeguate attività (lavorative, ricreative, formative).
Poiché il ricorrente non ha argomentato sull’eventuale assenza di tali fattori compensativi nel breve periodo contestato, il suo ricorso è risultato carente. La Corte ha implicitamente confermato che spetta al detenuto dimostrare non solo la mancanza di spazio, ma anche l’assenza di condizioni che possano aver alleviato il disagio, specialmente quando la violazione è di durata molto limitata.
Conclusioni e Implicazioni Pratiche
Questa ordinanza consolida un orientamento giurisprudenziale volto a una valutazione qualitativa e complessiva delle condizioni di detenzione. Non basta più dimostrare di aver vissuto per un certo tempo in meno di tre metri quadrati per ottenere la riduzione della pena. È necessario considerare il contesto generale. La decisione implica che per periodi di sovraffollamento molto brevi, si presume quasi l’esistenza di fattori compensativi, e l’onere di provare il contrario grava sul detenuto. Questo approccio mira a evitare automatismi e a riservare il rimedio risarcitorio solo ai casi in cui il trattamento detentivo, nel suo complesso, possa essere considerato realmente inumano o degradante.
È sempre automatica la riduzione della pena se un detenuto vive in una cella con meno di 3 mq di spazio?
No. Secondo la Corte, la brevità del periodo trascorso in tali condizioni, unita ad altri fattori compensativi come dignitose condizioni carcerarie e sufficiente libertà di movimento, può escludere il diritto alla riduzione.
La detenzione domiciliare o il regime a celle aperte danno diritto alla riduzione della pena per sovraffollamento?
No, il provvedimento chiarisce che questi regimi non sono compatibili con il rimedio previsto per il sovraffollamento carcerario, poiché non presentano le stesse condizioni di afflizione.
Perché il ricorso è stato dichiarato inammissibile?
Il ricorso è stato dichiarato inammissibile perché il ricorrente, pur lamentando un breve periodo di sovraffollamento, non ha argomentato sulla possibile assenza di fattori compensativi (come buone condizioni generali e libertà di movimento), che secondo la giurisprudenza possono neutralizzare il pregiudizio derivante dalla mancanza di spazio.
Testo del provvedimento
Ordinanza di Cassazione Penale Sez. 7 Num. 10503 Anno 2024
Penale Ord. Sez. 7 Num. 10503 Anno 2024
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: NOME COGNOME
Data Udienza: 22/02/2024
ORDINANZA
sul ricorso proposto da:
COGNOME NOME nato a CATANIA il DATA_NASCITA
avverso l’ordinanza del 04/10/2023 del TRIB. SORVEGLIANZA di CATANIA
dato avviso alle parti;
udita la relazione svolta dal Consigliere COGNOME;
Ritenuto in fatto e considerato in diritto
Rilevato che NOME COGNOME ricorre per cassazione contro il provvedimento indicato in intestazione;
Ritenuto che i motivi dedotti nel ricorso non siano consentiti dalla legge in sede di legitti perché privi di ragioni in diritto che le sostengano, atteso che:
il Tribunale di sorveglianza ha accolto il reclamo del Dipartimento dell’amministrazion penitenziaria in quanto per una parte del periodo per cui il magistrato di sorveglianza ave concesso la riduzione della pena ex art. 35-ter ord. pen. il condannato era, in realtà, in detenzione domiciliare, mentre per altro periodo beneficiava del regime detentivo a celle aperte
nel ricorso non si prende posizione sul periodo sofferto in detenzione domiciliare, si accet la decisione relativamente al periodo sofferto in detenzione a celle aperte, ma si deduce ch residuava ancora un periodo in cui il detenuto non aveva fruito di tale regime attenuato, perio con riferimento al quale l’ordinanza del magistrato di sorveglianza non avrebbe dovuto essere riformata;
in realtà, però, tale periodo, cui si riferisce il ricorso, ha una durata estremamente li (17 luglio 2017 – 5 agosto 2017) ed il ricorso non prende posizione sulla circostanza che brevità del periodo possa essere valutata, unitamente a dignitose condizioni carcerarie sufficiente libertà di movimento al di fuori della cella mediante lo svolgimento di adeguate att (Sez. U, Sentenza n. 6551 del 24/09/2020, dep. 2021, D.A.P. in proc. Connmisso, Rv. 280433), quale fattore compensativo della disponibilità nella cella di detenzione di uno spazio minim individuale inferiore a tre metri quadrati;
Rilevato, pertanto, che il ricorso deve essere dichiarato inammissibile con la condanna de ricorrente al pagamento delle spese del procedimento, nonché al versamento in favore della Cassa delle ammende di una somma determinata, in via equitativa, nella misura indicata in dispositivo;
P.Q.M.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spes processuali e della somma di euro tremila in favore della Cassa delle ammende.
Così deciso il 22 febbraio 2024.