Ordinanza di Cassazione Penale Sez. 7 Num. 35597 Anno 2024
Penale Ord. Sez. 7 Num. 35597 Anno 2024
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME NOME
Data Udienza: 09/09/2024
ORDINANZA
sul ricorso proposto da:
COGNOME NOME NOME a ROMA il DATA_NASCITA
avverso la sentenza del 17/10/2023 della CORTE APPELLO di ROMA
dato avviso alle parti;
udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME;
visti gli atti e la sentenza impugnata; dato avviso alle parti; esaminati i motivi del ricorso di COGNOME NOME; udita la relazione svolta dal consigliere NOME COGNOME
Ritenuto che i motivi dedotti nel ricorso avverso la sentenza della Corte di appello che, in sede di giudizio di rinvio, ha ridetermiNOME la pena per effetto delle attenuanti generiche, risultano manifestamente infondati.
Invero, la Corte territoriale a seguito della sentenza della Cassazione, che ha escluso la circostanza aggravante del nesso teleologico, ha operato la riduzione della pena nella misura di 1/4 per effetto dell’art. 62 bis cod. pen.. Di ciò si duole il ricorrente eccependo che, in precedenza, dette attenuanti erano state ritenute equivalenti rispetto ad aggravanti – anche ad effetto speciale – di tal che, una volta che le aggravanti erano state escluse, la riduzione di pena doveva essere determinata nel massimo edittale del terzo.
Preliminarmente, va rilevato che l’esclusione dell’imputazione che era aggravata ex art. 416 bis.1 cod. pen. (capo B5) è stata effettuata in sede di primo giudizio di appello; quindi la questione ora da esaminare va circoscritta alle conseguenze della statuizione della Cassazione che ha disposto il rinvio per la rideterminazione della pena a seguito della esclusione della residua aggravante (art. 61 n. 2 cod. pen.) relativa al delitto di cui al capo B3 (riciclaggio).
In primo luogo, la circostanza che il giudice del rinvio non era tenuto a operare la riduzione della pena nella misura massima del terzo è resa palese proprio dalla statuizione della Corte di legittimità che, ove avesse ragioNOME nel senso indicato dal ricorrente, non avrebbe disposto l’annullamento con rinvio, ma avrebbe direttamente ridetermiNOME la pena – riducendola di un terzo – ai sensi dell’art. 620, comma 1, lettera I), cod. proc. pen.
Esclusa, quindi, ogni violazione dell’art. 627, comma 3, cod. proc. pen., manifestamente infondata risulta anche la doglianza che fa riferimento a una possibile reformatio in peius, atteso che è pacifico che nel caso di impugnazione proposta dal solo imputato, non viola il divieto di “reformatio in peius” la decisione del giudice di appello che, avendo mutato tutti i componenti del computo della pena per il reato ascritto (mediante l’effettuazione del bilanciamento, in precedenza omesso, tra le attenuanti generiche e la residua aggravante) operi, per le già concesse attenuanti generiche, una riduzione minore, sia in termini assoluti, sia in termini di rapporto proporzionale, rispetto a quella effettuata, in ordine a tale componente, dal primo giudice (Sez. 5, n. 209 del 06/10/2022 dep. 05/01/2023, Cundari, Rv. 284311 – 01).
Infine, non si ravvisa alcun vizio di motivazione in merito alla riduzione operata nella misura di un quarto; invero, la sentenza impugnata motiva la misura della diminuzione “atteso l’allarmante contesto in cui maturavano i fatti ascritti all’imputato”. In ragione del fatto per cui è stata accertata la penale responsabilità dello COGNOME (riciclaggio, con la fattispecie di usura come delitto presupposto), trattasi di motivazione non illogica e che appare conforme al principio in base al quale deve ritenersi adempiuto l’obbligo di motivazione da parte del giudice di merito in ordine alla misura della riduzione della pena per effetto dell’applicazione di un’attenuante, attraverso l’adozione, in sentenza, di una formula sintetica (ex multis, Sez. 4, n. 54966 del 20/09/2017, Tocci, Rv. 271524 – 01).
Considerato che all’inammissibilità dell’impugnazione segue la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali e di una somma in favore della cassa delle ammende, che si ritiene conforme a giustizia liquidare come in dispositivo.
P. Q. M.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e al versamento della somma di tremila euro in favore della Cassa delle ammende.
Così deciso il 09/09/2024