Sentenza di Cassazione Penale Sez. 1 Num. 25819 Anno 2024
Penale Sent. Sez. 1 Num. 25819 Anno 2024
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME NOME
Data Udienza: 29/03/2024
SENTENZA
sul ricorso proposto da:
NOME (CUI 01HLDLM) nato il DATA_NASCITA
avverso l’ordinanza del 20/11/2023 della CORTE APPELLO di ROMA
udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOMECOGNOME lette/ente le conclusioni del PG
Il Procuratore generale, NOME COGNOME, chiede l’annullamento con rinvio dell’ordinanza impugnata.
RITENUTO IN FATTO
1. NOME ricorre avverso l’ordinanza del 20 novembre 2023 della Corte di appello di Roma che, quale giudice dell’esecuzione, ha rigettato la richiesta di rideterminazione della pena di anni uno e mesi sei di reclusione, in ordine 4 reato di produzione, traffico e detenzione illecita di sostanze stupefacenti (capo b), applicata con la sentenza della Corte di appello di Roma del 7 novembre 2018, divenuta definitiva, in seguito alla pronuncia n. 40 del 2019, con la quale la Corte costituzionale ha dichiarato illegittimo l’art. 73, comma 1, d.P.R. 9 ottobre 1990, n. 309 nella parte in cui prevede la pena minima edittale di anni otto di reclusione, anziché quella di anni sei.
Il giudice dell’esecuzione ha evidenziato che il giudice di appello, dopo aver riqualificato il fatto di cui al capo a nel reato di cui all’art. 74, comma 2, T.U. stup., aveva rideterminato la pena finale in anni nove di reclusione, così quantificata: anni undici di reclusione per il reato di cui al capo a, aumentata di anni due e mesi sei di reclusione per il reato di cui al capo b (inerente a quattro episodi commessi il 14 ottobre, il 3 e il 20 novembre 2012 e il 4 marzo 2013), ridotta di un terzo per la scelta del rito.
Tale pena, secondo il giudice dell’esecuzione, appariva adeguata e proporzionata ai fatti accertati, considerata la natura della sostanza stupefacente interessata dalle condotte (del tipo eroina e cocaina) e l’entità dei fatti (quattro episodi commessi nell’ambito di una realtà associativa).
2. Il ricorrente denuncia inosservanza ed erronea applicazione della legge penale, con riferimento agli artt. 81 cod. pen., 73, comma 1, T.U. stup., 666 cod. proc. pen. e 30 legge 11 marzo 1953, n. 87, perché il giudice dell’esecuzione avrebbe omesso di applicare al caso di specie il principio di diritto secondo il quale per i delitti previsti dall’art. 73 d.P.R. 9 ottobre 1990, n. 309, l’aumento di pena calcolato a titolo di continuazione per i reati-satellite in relazione alle c.d. drogh leggere e pesanti deve essere oggetto di specifica rivalutazione – con l’utilizzo dei criteri di cui agli artt. 132 e 133 cod. pen., secondo i canoni dell’adeguatezza e della proporzionalità – da parte dei giudici del merito, alla luce della più favorevole cornice edittale applicabile per tali violazioni, a seguito della sentenza n. 32 del 2014 della Corte costituzionale.
Secondo il ricorrente, pertanto, il giudice dell’esecuzione, alla luce del nuovo quadro normativo, non avrebbe potuto mantenere invariata la pena per il reato di produzione, traffico e detenzione illecita di sostanze stupefacenti.
CONSIDERATO IN DIRITTO
1. Il ricorso è infondato.
Giova in diritto evidenziare che che l’art. 73 T.U. stup., nella formulazione originaria, distingueva il trattamento sanzionatorio dei reati aventi ad oggetto le droghe «pesanti» (puniti al comma 1 con la reclusione da otto a venti anni e con la multa) rispetto a quello dei reati aventi ad oggetto le droghe «leggere» (puniti al comma 4 con la reclusione da due a sei anni e con la multa).
Anche per i fatti di lieve entità, in relazione ai quali il comma 5 del medesimo art. 73 stabiliva un’attenuante ad effetto speciale cosiddetta autonoma o indipendente, era riproposta la medesima distinzione.
Per tali reati era prevista la pena della reclusione da uno a sei anni fatti concernenti le droghe «pesanti» e da sei mesi a quattro anni quelli relativi alle droghe «leggere», oltre alle sanzioni pecuniarie.
A seguito dell’art. 4-bis d.l. 30 dicembre 2005, n. 272 (convertito, con modificazioni, dalla legge 21 febbraio 2006, n. 49), è venuta meno la distinzione tra droghe pesanti e droghe leggere e si è proceduto ad assimilare tutti i tipi di sostanze stupefacenti, fatte rientrare in un’unica tabella, senza più riconnettere alcuna conseguenza alla diversa tipologia di effetti ed al diverso grado di dipendenza riferibili alle diverse sostanze.
Per compensare l’aggravamento del trattamento sanzionatorio previsto per le droghe leggere, è stato fissato un minimo edittale pari ad anni sei di reclusione, oltre alla pena pecuniaria.
Successivamente, è intervenuta la sentenza della Corte Costituzionale n. 32 del’11 febbraio 2014, che ha dichiarato l’illegittimità costituzionale dell’art. 4-bis del dl. n. 272 del 2005, determinando la reviviscenza della precedente disciplina che distingueva tra droghe pesanti e droghe leggere e dell’originario trattamento sanzionatorio che fissava in anni otto di reclusione, oltre alla multa, il limite minimo edittale per le condotte di cui all’art. 73, comma 1, T.U. stup. nella sua originaria formulazione.
Ai sensi dell’art. 136 Cost., quindi, la norma dichiarata illegittima ha cessato di avere efficacia dal 12 febbraio 2014, giorno successivo alla pubblicazione della sentenza n. 32 del 2014.
Tra la data del 30 dicembre 2005 (data di entrata in vigore del sopra citato 4-bis d.l. n. 272 del 2005) e il 12 febbraio 2014, pertanto, il minimo edittale
previsto dal nostro ordinamento per il reato di produzione, traffico e detenzione illecita di c.d. droghe leggere era pari ad anni sei di reclusione.
Infine, con il d.l. 20 marzo 2014, n. 36 (convertito, con modificazioni, dalla legge 16 maggio 2014, n. 79) il massimo edittale della pena prevista per il fatto di lieve entità (disciplinato dal comma 5) è stato ulteriormente ridotto e fissato nella misura di anni quattro di reclusione, oltre la multa, senza distinzione tra tipologie di droghe.
Con la sentenza n. 40 del 2019, quindi, la Corte Costituzionale ha ritenuto illegittimo l’art. 73, comma 1, T.U. stup. nella parte in cui fissa in anni otto, anziché in anni sei, il limite minimo edittale, evidenziando che la divaricazione di ben quattro anni venutasi a creare tra il minimo edittale di pena previsto dal comma 1 del citato articolo e il massimo edittale della pena comminata dal comma 5 dello stesso articolo «ha raggiunto un’ampiezza tale da determinare un’anomalia sanzionatoria».
Alla luce di quanto sopra, appare chiaro che la richiesta di rideterminazione della pena in forza della sentenza della Corte costituzione n. 40 del 2019 non può essere accolta per tutti i reati commessi tra il 30 dicembre 2005 (data di entrata in vigore del sopra citato 4-bis d.l. n. 272 del 2005) e il 12 febbraio 2014 (giorno successivo alla pubblicazione della sentenza della Corte costituzionale n. 32 del 2014), arco temporale nel quale – come già evidenziato – la pena minima edittale per il reato di produzione, traffico e detenzione illecita di c.d. droga leggera era già determinata in anni sei di reclusione.
Nel caso di specie, dalla lettura dell’ordinanza impugnata, si evince che il reato ex art. 73 T.U. stup. era stato commesso tra il 2012 e il 2013.
L’istanza di rideterminazione della pena, pertanto, non avrebbe potuto astrattamente trovare accoglimento, a prescindere dalla concreta motivazione di merito offerta dal giudice dell’esecuzione.
In forza di quanto sopra, il ricorso deve essere rigettato. Ne consegue la condanna del ricorrente al pagamento delle spese del procedimento ai sensi dell’art. 616 cod. proc. pen.
P.Q.M.
Rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali.
Così deciso il 29/03/2024