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Rideterminazione pena stupefacenti: la Cassazione chiarisce

La Corte di Cassazione, con la sentenza n. 22656/2025, ha stabilito un importante principio in materia di rideterminazione pena stupefacenti. A seguito della declaratoria di incostituzionalità dell’art. 73, comma 1, D.P.R. 309/90, che ha abbassato la pena minima, la rivalutazione della condanna da parte del giudice è obbligatoria, ma non comporta un’automatica riduzione. La Corte ha rigettato il ricorso di un condannato, ritenendo che la pena inflitta fosse ancora congrua anche all’interno della nuova, più favorevole, cornice edittale.

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Pubblicato il 28 settembre 2025 in Diritto Penale, Giurisprudenza Penale, Procedura Penale

Rideterminazione pena stupefacenti: quando la rivalutazione non significa riduzione

Una recente sentenza della Corte di Cassazione, la n. 22656 del 2025, offre un chiarimento fondamentale sul tema della rideterminazione pena stupefacenti. A seguito della storica sentenza della Corte Costituzionale n. 40/2019, che ha ridotto la pena minima per il reato di traffico di droga, si è posto il problema di come ricalcolare le pene già inflitte. La Suprema Corte stabilisce che, sebbene la rivalutazione della condanna sia un dovere per il giudice, essa non si traduce automaticamente in uno sconto di pena.

I Fatti del Caso

Il caso trae origine dal ricorso di un soggetto condannato a una pena complessiva di diciotto anni e sei mesi di reclusione per associazione finalizzata al traffico di stupefacenti (art. 74 D.P.R. 309/90) e per diversi episodi di spaccio (art. 73 D.P.R. 309/90). L’imputato, tramite il proprio difensore, aveva presentato istanza alla Corte d’Appello di Milano, in qualità di giudice dell’esecuzione, per ottenere una rideterminazione della pena. La richiesta si basava sulla sentenza n. 40/2019 della Corte Costituzionale, che ha dichiarato l’illegittimità della pena minima di otto anni di reclusione per il reato di cui all’art. 73, comma 1, D.P.R. 309/90, riducendola a sei anni.

La Corte d’Appello, tuttavia, rigettava l’istanza, ritenendo che la pena inflitta, sebbene calcolata con i parametri precedenti, fosse ancora congrua e adeguata alla gravità dei fatti, anche alla luce della nuova e più favorevole cornice edittale.

La Decisione della Cassazione e la Rideterminazione Pena Stupefacenti

Investita della questione, la Corte di Cassazione ha dichiarato il ricorso infondato, confermando la decisione dei giudici di merito. Il punto centrale della pronuncia risiede nella distinzione tra l’obbligo di rivalutazione e l’automatismo della riduzione.

La Suprema Corte ribadisce un principio già affermato in precedenza: la sopravvenuta illegalità della pena minima, a seguito di una declaratoria di incostituzionalità, impone ai giudici di procedere a una ‘specifica rivalutazione’ della sanzione. Questo significa che il giudice deve riesaminare la pena alla luce della nuova cornice edittale, più favorevole al reo. Tuttavia, questo dovere non implica necessariamente che la pena debba essere ridotta.

Le Motivazioni della Sentenza

La Cassazione spiega che il giudice dell’esecuzione, nel riconsiderare la pena, esercita nuovamente il proprio potere discrezionale all’interno dei nuovi limiti minimi e massimi stabiliti dalla legge. Se, nel riesaminare la gravità del fatto e la personalità del condannato, ritiene che la pena originariamente inflitta sia ancora giusta ed equa, anche se ora più vicina al nuovo minimo, ha il potere di confermarla. La Corte ha ritenuto che la Corte d’Appello avesse implicitamente compiuto questa valutazione, giudicando la pena di diciotto anni e sei mesi ancora proporzionata alla gravità dei reati commessi, anche considerando la nuova pena minima di sei anni per uno dei capi d’accusa. In sostanza, la pena precedentemente inflitta rientrava ancora nella forbice edittale modificata, e il giudice di merito l’ha considerata adeguata.

Conclusioni

La sentenza n. 22656/2025 consolida un importante principio in materia di esecuzione penale e rideterminazione pena stupefacenti. Per i condannati, essa chiarisce che il diritto a una rivalutazione della pena dopo una sentenza favorevole della Corte Costituzionale è sacrosanto, ma non garantisce un esito positivo. Per i giudici, sottolinea l’importanza di motivare adeguatamente le proprie decisioni, spiegando perché una pena, calcolata su parametri normativi ormai superati, possa ancora essere considerata congrua. Si tratta di un bilanciamento tra il principio del favor rei (la norma più favorevole al reo) e la discrezionalità del giudice nel commisurare la pena alla reale gravità del crimine.

Dopo una declaratoria di incostituzionalità che abbassa la pena minima, la riduzione della condanna è automatica?
No. Secondo la sentenza, la declaratoria di incostituzionalità impone al giudice di effettuare una ‘specifica rivalutazione’ della pena, ma non comporta necessariamente una sua riduzione. La decisione finale resta discrezionale.

Cosa deve fare il giudice quando viene richiesta una rideterminazione della pena a seguito di una sentenza della Corte Costituzionale?
Il giudice deve riconsiderare la pena inflitta alla luce della nuova e più favorevole ‘cornice edittale’ (i nuovi limiti minimi e massimi). Deve valutare se la pena originaria sia ancora congrua e proporzionata rispetto alla gravità del reato, anche con i nuovi parametri.

In questo caso specifico, perché la Corte di Cassazione ha rigettato il ricorso?
La Corte ha rigettato il ricorso perché ha ritenuto che la Corte d’Appello avesse correttamente esercitato la propria discrezionalità. Anche se la pena minima per uno dei reati era scesa da otto a sei anni, la pena complessiva inflitta era stata giudicata ancora adeguata e proporzionata alla gravità dei fatti, rientrando comunque nei limiti della nuova cornice edittale.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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