Rideterminazione Pena: Quando l’Annullamento con Rinvio Non Porta a uno Sconto
L’esito di un processo penale può essere complesso e articolato, specialmente quando intervengono modifiche normative che impattano sulla quantificazione della sanzione. Un caso recente, deciso con ordinanza dalla Corte di Cassazione, offre un importante chiarimento sul concetto di rideterminazione pena, spiegando perché un annullamento con rinvio finalizzato a ricalcolare la condanna non si traduce automaticamente in una sua diminuzione. Analizziamo insieme la vicenda e i principi di diritto affermati dalla Suprema Corte.
Il Contesto del Ricorso: L’Aspettativa di una Riduzione di Pena
Il caso trae origine da una condanna per violazione della legge sugli stupefacenti (art. 73, comma 1, d.P.R. 309/1990). La ricorrente aveva ottenuto in precedenza un annullamento della sentenza d’appello, con rinvio ad un’altra sezione della Corte territoriale, proprio con l’obiettivo di ottenere una rideterminazione pena. L’aspettativa era, evidentemente, quella di ricevere una sanzione più mite.
Tuttavia, la Corte d’Appello, in sede di rinvio, aveva confermato la pena precedente senza apportare alcuna diminuzione. Contro questa decisione, la difesa ha proposto ricorso in Cassazione, lamentando una violazione di legge, poiché a suo dire il giudice del rinvio non aveva adempiuto al compito assegnatogli.
La Decisione della Cassazione sulla Rideterminazione Pena
La Corte di Cassazione ha dichiarato il ricorso manifestamente infondato, e quindi inammissibile. La decisione si basa su una valutazione precisa degli effetti della modifica normativa che aveva causato il primo annullamento.
L’Impatto della Sentenza della Corte Costituzionale n. 40/2019
Il motivo del rinvio originario era legato alla sentenza della Corte Costituzionale n. 40 del 2019. Tale pronuncia aveva modificato la cornice edittale per il reato contestato, abbassando il minimo della pena detentiva. Tuttavia, la Corte di Cassazione osserva che questa modifica ha inciso esclusivamente sulla pena della reclusione, non su quella pecuniaria.
La Distinzione tra Pena Detentiva e Pena Pecuniaria
Nel caso specifico, la pena detentiva inflitta all’imputata era già stata fissata in sei anni di reclusione, che corrispondeva esattamente al nuovo minimo legale introdotto dalla sentenza della Consulta. Di conseguenza, era giuridicamente impossibile per il giudice del rinvio operare un’ulteriore diminuzione su questa parte della sanzione.
Per quanto riguarda la pena pecuniaria, essa era stata fissata in un importo di poco superiore al minimo edittale. La Corte ha ritenuto tale aumento pienamente giustificato, data la notevole quantità di sostanza stupefacente che era stata sequestrata all’imputata. La discrezionalità del giudice nel quantificare la sanzione all’interno della cornice edittale è stata quindi esercitata in modo legittimo.
Le Motivazioni della Manifesta Infondatezza
La Suprema Corte ha concluso che le censure mosse dalla ricorrente erano palesemente infondate. L’annullamento con rinvio non imponeva una riduzione della pena a prescindere, ma solo una sua nuova valutazione alla luce del mutato quadro normativo. Poiché la pena detentiva era già al minimo consentito dalla nuova legge e la pena pecuniaria era motivata, la decisione della Corte d’Appello è risultata corretta e non sindacabile.
Il ricorso è stato quindi dichiarato inammissibile, con la conseguente condanna della ricorrente al pagamento delle spese processuali e di una somma di 3.000 euro in favore della Cassa delle Ammende, stante la colpa nell’aver promosso un’impugnazione priva di fondamento.
Le Conclusioni: Implicazioni Pratiche
Questa ordinanza ribadisce un principio fondamentale: la rideterminazione pena a seguito di un annullamento con rinvio non garantisce uno sconto. Il giudice del rinvio deve semplicemente applicare correttamente la legge, che può anche portare alla conferma della sanzione precedente se questa risulta già conforme ai nuovi parametri normativi. In particolare, quando una pena è già fissata al minimo legale, non vi è margine per ulteriori riduzioni, e lievi aumenti sulla pena pecuniaria possono essere legittimamente giustificati dalle circostanze specifiche del reato, come la gravità del fatto.
 
Perché il ricorso per la riduzione della pena è stato respinto, nonostante una precedente sentenza fosse stata annullata proprio per questo scopo?
La Corte di Cassazione ha respinto il ricorso perché l’annullamento era dovuto a una modifica della legge che aveva abbassato il minimo della pena detentiva. Tuttavia, la condanna dell’imputata era già fissata a sei anni, che corrispondeva esattamente al nuovo minimo legale, rendendo impossibile un’ulteriore riduzione.
Come è stata giustificata la pena pecuniaria, che era superiore al minimo?
La pena pecuniaria, sebbene di poco superiore al minimo previsto dalla legge, è stata considerata giustificata in ragione del “notevolissimo quantitativo di sostanza stupefacente” sequestrato all’imputata. La gravità del fatto concreto ha quindi motivato la decisione del giudice.
Cosa comporta la dichiarazione di inammissibilità di un ricorso in Cassazione?
Quando un ricorso è dichiarato inammissibile, come in questo caso, la persona che lo ha proposto viene condannata al pagamento delle spese processuali e al versamento di una somma di denaro (qui, 3.000 euro) alla Cassa delle Ammende, poiché si ritiene che l’impugnazione sia stata presentata per motivi palesemente infondati.
 
Testo del provvedimento
Ordinanza di Cassazione Penale Sez. 7 Num. 7591 Anno 2024
Penale Ord. Sez. 7   Num. 7591  Anno 2024
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME NOME
Data Udienza: 09/02/2024
ORDINANZA
sul ricorso proposto da:
AMATO NOME nato a NAPOLI il DATA_NASCITA
avverso la sentenza del 13/07/2023 della CORTE APPELLO di NAPOLI
dato avviso alle parti;
udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME;
Rilevato che COGNOME NOME, condannata per il reato di cui all’art. 73, comma 1, d.P.R. n. 309 del 1990, articolando un motivo di ricorso, deduce la violazione di legge avendo riguardo al determinazione della pena, siccome questa è stata confermata senza alcuna diminuzione, nonostante la precedente sentenza di appello fosse stata annullata con rinvio proprio al fine rideterminare la pena;
Considerato che il precisato motivo espone censure manifestamente infondate, posto che, come osservato nella sentenza impugnata, l’annullamento era s1:ato determinato per il mutamento della cornice edittale dell’art. 73, comma d.P.R. n. 309 del 1990 conseguente alla sentenza della Corte costituzionale n. 40 del 2019, che questa ha inciso esclusivamente sull pena della reclusione, che la pena precedentemente irrogata era già stata fissata nel minimo oggi consentito per questa specie di sanzione, e precisamente in sei anni di reclusione, e che pena pecuniaria è di poco superiore al minimo edittale e si giustifica in ragione del notevolis quantitativo di sostanza stupefacente sequestrata all’imputata;
Ritenuto, pertanto, che il ricorso debba essere dichiarato inammissibile, con condanna dell ricorrente al pagamento RAGIONE_SOCIALE spese processuali e della somma di euro 3000 in favore della RAGIONE_SOCIALE, sussistendo profili di colpa nella determinazione RAGIONE_SOCIALE cause di inammissibilità
P.Q.M.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna la ricorrente al pagamento RAGIONE_SOCIALE spese processuali e della somma di euro tremila in favore della RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE ammende.
Così deciso in Roma, il 9 febbraio 2024 Il Consigliere estensore
Il Presidente