Sentenza di Cassazione Penale Sez. 1 Num. 7695 Anno 2024
Penale Sent. Sez. 1   Num. 7695  Anno 2024
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME
Data Udienza: 18/10/2023
SENTENZA
sul ricorso proposto da:
COGNOME NOME NOME a NAPOLI il DATA_NASCITA
avverso l’ordinanza del 21/03/2023 del GIP TRIBUNALE di TORINO udita la relazione svolta dal Consigliere COGNOME; lette/sentite le conclusioni del PG
Letta la requisitoria del Pubblico Ministero, in persona del AVV_NOTAIO, con cui è stato chiesto il rigetto del ricorso.
RITENUTO IN FATTO
Il Giudice per le indagini preliminari del Tribunale di Torino, in funzione di giudice dell’esecuzione, con l’ordinanza indicata in epigrafe, ha rigettato la richiesta, avanzata nell’interesse di NOME COGNOME, di rideterminazione della pena pecuniaria applicata al medesimo con la sentenza ex artt. 444 cod. proc. pen. per il reato di cui all’art. 10-quater, comma 2, d. Igs. n. 74 del 2000, di euro 30.000 di multa, in essa convertita la pena di mesi 4 di reclusione. La richiesta di rideterminazione era giustificata dalla considerazione che la conversione era stata disposta assumendo come parametro di valore giornaliero la somma di euro 250,00, individuata, come valore minimo giornaliero di conversione al momento dell’applicazione della pena dall’art. 53, comma 2, I. 24 novembre 1981, n. 689, e che successivamente era intervenuta la sentenza della Corte costituzionale n. 28 dell’1/02/2022, dichiarativa dell’illegittimità costituzionale dell’articolo in ult citato, che aveva indicato in euro 75, anziché euro 250, il minimo della pena pecuniaria giornaliera applicabile in sede di conversione, fermo restando il massimo stabilito in euro 2.500.
L’adito Giudice dell’esecuzione ha escluso di intervenire sulla pena pecuniaria applicata prima dell’intervento della Corte costituzionale, ritenendo che la situazione economico patrimoniale di COGNOME – lungi dall’essere lo stesso indigente in quanto titolare di beni mobili e immobili – non giustificasse tale riduzione, che, comunque, l’importo determiNOME in sede di conversione rientrasse nei limiti di legge, tenuto conto del massimo giornaliero, ancora oggi di euro 2.500, e che, infine, la pena pecuniaria determinata in sentenza fosse congrua e proporzionata alla gravità del fatto e alla personalità manifestata dall’imputato.
Ricorre per cassazione NOME COGNOME, con il ministero del suo difensore di fiducia, deducendo violazione dell’art. 53 I. 24 novembre 1981, n. 689, in relazione all’art. 135 cod. pen., per avere il Giudice dell’esecuzione eluso la modifica della regola per la conversione, dichiarata illegale, confermando una pena che andava modificata e ignorando il nuovo accordo tra le parti che in sede esecutiva avevano concordato su una pena determinata individuando il valore giornaliero nel nuovo minimo edittale di euro 75 individuato dalla sentenza della Corte costituzionale. Rileva la difesa che nel caso in esame non è stata richiesta la rideterminazione della pena, ma del ragguaglio tra la pena inflitta e la pena
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pecuniaria dichiarata incostituzionale. E insiste per l’annullamento dell’ordinanza impugnata.
CONSIDERATO IN DIRITTO
 Il ricorso è fondato nei limiti di seguito specificati.
1.1. La decisione della Corte costituzionale n. 28 dell’1/02/2022 ha dichiarato l’illegittimità costituzionale dell’art. 53, comma 2, I. 24 novembre 1981, n. 689, nella parte in cui prevedeva che il valore giornaliero non potesse essere inferiore alla somma indicata dall’art. 135 del codice penale e non potesse superare di dieci volte tale ammontare, anziché che il valore giornaliero non potesse essere inferiore a 75 euro e non potesse superare di dieci volte la somma indicata dall’art. 135 del codice penale.
1.2. È principio acquisito nella giurisprudenza di legittimità quello della cd. “flessibilità” del giudicato, in ipotesi come quella in esame.
Allorquando, invero, a seguito di una sentenza irrevocabile di condanna, interviene la dichiarazione d’illegittimità costituzionale di una norma penale diversa da quella incriminatrice, incidente sulla commisurazione del trattamento sanzioNOMErio, e quest’ultimo non sia stato interamente eseguito, il giudice dell’esecuzione deve rideterminare la pena in favore del condanNOME (Sez. U, n. 42858 del 29/05/2014, Gatto, Rv. 260697).
Nel caso di specie il giudice dell’esecuzione, pure a fronte della sentenza sopra indicata della Corte costituzionale, ha considerato non illegale il trattamento sanzioNOMErio sopra specificato, in quanto rientrante comunque nei parametri normativi.
2.1. Deve, contrariamente, osservarsi che, a seguito della declaratoria di illegittimità costituzionale di cui si è detto, l’illegalità della sanzione pecunia individuata all’esito di conversione discende dalla circostanza oggettiva della diversità tra il quadro normativo vigente al momento della conclusione dell’accordo processuale sulla pena e il quadro normativo successivo alla predetta sentenza della Corte costituzionale.
2.2. Il Giudice dell’esecuzione, a fronte del mutato paradigma di conversione (con un diverso range da un minimo di 75 euro ad un massimo di 2500 euro), avrebbe dovuto procedere a una riduzione “necessaria” della pena applicata all’esito di una conversione che muoveva da un minimo giornaliero molto più elevato, interpellando le parti con le modalità di cui al procedimento previsto dall’art. 188 disp. att. cod. proc. pen., e, solo in caso di mancato accordo ovvero di pena concordata ritenuta incongrua, provvedere autonomamente ai sensi degli
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artt. 132-133 cod. pen. (secondo l’insegnamento di Sez. U, n. 37107 del 26/02/2015, COGNOME, Rv. 264858, con riguardo all’ipotesi che successivamente alla pronuncia di una sentenza irrevocabile di applicazione di pena ex art. 444 cod. proc. pen. in materia di stupefacenti, intervenga la dichiarazione d’illegittimità costituzionale di una norma penale diversa da quella incriminatrice, incidente sulla commisurazione del trattamento sanzioNOMErio).
Alla luce di quanto premesso vanno disposti l’annullamento dell’ordinanza impugnata ed il rinvio per nuovo giudizio al G.i.p. del Tribunale di Torino.
P.Q.M.
Annulla l’ordinanza impugnata con rinvio per nuovo giudizio al G.i.p. del Tribunale di Torino.
Così deciso in Roma, il 18 ottobre 2023.