Sentenza di Cassazione Penale Sez. 1 Num. 1780 Anno 2024
Penale Sent. Sez. 1 Num. 1780 Anno 2024
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME NOME
Data Udienza: 09/11/2023
SENTENZA
sul ricorso proposto da
COGNOME NOME COGNOME, nato il DATA_NASCITA
avverso l’ordinanza dell’01/12/2022 della Corte di appello di Reggio Calabria visti gli atti, il provvedimento impugnato e il ricorso; udita la relazione svolta dal AVV_NOTAIO NOME COGNOME; lette le conclusioni del Pubblico ministero, in persona del AVV_NOTAIO NOME AVV_NOTAIO, che ha chiesto l’annullamento con rinvio dell’ordinanza impugnata relativamente al reato di cui all’art. 73 d.P.R. 9 ottobre 1990, n. 309.
RITENUTO IN FATTO
Con ordinanza dell’i dicembre 2022 la Corte di appello di Reggio Calabria rigettava l’istanza presentata da NOME COGNOME, ai sensi degli artt. 666 e 673 cod. proc. pen., finalizzata a ottenere la rideterminazione della pena che gli era stata irrogata con le sentenze irrevocabili di cui ai punti 1, 2 e 3, con cui il ricorrente era stato condannato per i reati di cui agli artt. 73 e 7 d.P.R. 9 ottobre 1990, n. 309 (T.U. stup.), alla luce della sentenza della Corte costituzionale 23 gennaio 2019, n. 40. Tali pronunce irrevocabili, in particolare, risultavano deliberate dalla Corte di appello di Reggio Calabria nelle date del 18 dicembre 2016, del 5 febbraio 2008 e del 6 luglio 2016
Il provvedimento di rigetto veniva adottato dal Giudice dell’esecuzione sull’assunto della congruità della pena irrogata ad COGNOME, che, pur attraverso un differente vaglio dosimetrico, veniva ritenuta adeguata al disvalore delle condotte illecite presupposte.
Avverso questa ordinanza NOME AVV_NOTAIO, a mezzo dell’AVV_NOTAIO, ricorreva per cassazione, deducendo la violazione di legge e il vizio di motivazione del provvedimento impugnato, per avere il Giudice dell’esecuzione respinto la richiesta del condannato senza tenere conto della rivisitazione complessiva dei parametri edittali del reato di cui all’art. 73, comma 1, T.U. stup., per il quale, tra l’altro, il ricorrente era stato condannato con sentenze di cui ai punti 1, 2 e 3 dell’originaria istanza, determinata dalla sentenza della Corte costituzionale n. 40 del 2019.
La Corte territoriale, al contempo, non aveva esplicitato i parametri alla stregua dei quali la pena irrogata ad COGNOME doveva essere ritenuta congrua, tenuto conto della rivisitazione della cornice edittale dell’art. 73, comma 1, T.U. stup. determinata dalla sentenza della Corte costituzionale n. 40 del 2019, incidente sul trattamento sanzionatorio irrogato con le sentenze di cui alla richiesta presupposta.
Le considerazioni esposte imponevano l’annullamento dell’ordinanza impugnata.
CONSIDERATO IN DIRITTO
Il ricorso proposto da NOME COGNOME è fondato.
In via preliminare, deve rilevarsi che l’incidente di esecuzione in esame pone il problema della disciplina applicabile nelle ipotesi in cui si procede per i
reato di cui all’art. 73, comma 1, T.U. stup., dopo la sentenza della Corte costituzionale n. 40 del 2019.
Com’è noto, questa pronunzia della Corte costituzionale dichiarava l’illegittimità costituzionale dell’art. 73, comma 1, T.U. stup. «nella parte in c prevede la pena minima edittale della reclusione nella misura di otto anni anziché di sei anni».
In questa cornice, la Corte di appello di Reggio Calabria era tenuta a compiere una verifica preliminare sulla rilevanza delle sentenze irrevocabili presupposte, con cui COGNOME, tra l’altro, era stato condannato per il reato di cui all’art. 73, comma 1, T.U. stup. – con le sentenze pronunciate dalla stessa Corte nelle date del 18 dicembre 2016, del 5 febbraio 2008 e del 6 luglio 2016 – sulla libertà personale del ricorrente, per essere in effettiva esecuzione la pena derivante da una norma dichiarata parzialmente incostituzionale, verificandone l’incidenza sul trattamento sanzionatorio irrogato all’istante.
A tale operazione preliminare, in caso di esito positivo dell’accertamento compiuto in executivis, occorreva fare seguire la rideterminazione del trattamento sanzionatorio irrogato ad COGNOME, tenendo conto della compiuta ricostruzione del fatto – così come accertato nelle decisioni presupposte, su cui si erano formati i titoli esecutivi di cui si controverte – e delle norme applicabili momento della decisione, sotto il profilo della commisurazione della pena.
Questa operazione comportava una rivalutazione complessiva dei fatti di reato contestati negli originari procedimenti, che si imponeva alla luce della posizione giurisprudenziale recepita dalle Sezioni Unite (Sez. U, n. 42858 del 29/05/2014, COGNOME, Rv. 260700 – 01), che, intervenendo sulle conseguenze sistematiche prodotte dalla sentenza della Corte costituzionale 11 febbraio 2014, n. 32 – con cui veniva dichiarata l’incostituzionalità degli artt. 4-bis e 4-vicies del decreto-legge 30 dicembre 2005, n. 272, convertito, con modificazioni, dalla legge 21 febbraio 2006, n. 49 -, avevano affermato che, in queste ipotesi, l’esecuzione della pena deve ritenersi illegittima sia sotto il profilo oggettivo, quanto derivante dall’applicazione di una norma dichiarata incostituzionale dopo il passaggio in giudicato della sentenza, sia sotto il profilo soggettivo, in quanto, almeno per una parte, non può essere positivamente finalizzata alla rieducazione del condannato imposta dall’art. 27, comma terzo, Cost. (Sez. U, n. 42858 del 29/05/2014, COGNOME, cit.).
Sulla scorta di questa ricostruzione sistematica, qui succintamente richiamata, le Sezioni Unite affermavano il seguente principio di diritto: «Successivamente a una sentenza irrevocabile di condanna, la dichiarazione d’illegittimità costituzionale di una norma penale diversa dalla norma incriminatrice, idonea a mitigare il trattamento sanzionatorio, comporta la
rideterminazione della pena, che non sia stata interamente espiata, da parte del giudice dell’esecuzione» (Sez. U, n. 42858 del 29/05/2014, COGNOME, cit.).
In questa cornice, deve evidenziarsi che il percorso argomentativo seguito dalla Corte di appello di Reggio Calabria nel valutare l’incidente di esecuzione proposto da NOME COGNOME, relativamente alle fattispecie sanzionate dall’art. 73, comma 1, T.U. stup., giudicate dalle sentenze irrevocabili di cui ai punti 1, 2 e 3, non appare rispettoso dei parametri ermeneutici richiamati nel paragrafo precedente.
Il Giudice dell’esecuzione, invero, per ciascuna delle fattispecie di cui all’art. 73, comma 1, T.U. stup., così come giudicate dalla decisioni irrevocabili presupposte, avrebbe dovuto verificare se i delitti si erano consumati nella vigenza della normativa più favorevole per COGNOME, tenuto conto della successione di leggi intervenuta in materia e dei parametri ermeneutici richiamati nel paragrafo precedente.
Occorreva, pertanto, verificare se, nel momento in cui i reati di cui all’art. 73, comma 1, T.U. stup. erano stati commessi da COGNOME, era già entrata in vigore la modifica normativa in esame, introdotta con il decreto-legge 30 dicembre 2005, n. 272, convertito, con modificazioni dalla legge 21 febbraio 2006, n. 49, che, per questa fattispecie, aveva elevato il minimo della pena.
Tale verifica, del resto, era imprescindibile, occorrendo individuare quali fossero, alla data di commissione dei delitti giudicati dalle decisioni di cui ai punt 1, 2 e 3, i parametri edittali applicabili per tali fattispecie, che dovevano esser valutati alla luce della rivisitazione della cornice edittale dell’art. 73, comma 1 T.U. stup. determinata dalla sentenza della Corte costituzionale n. 40 del 2019.
Per questi motivi, l’ordinanza impugnata deve essere annullata, con il conseguente rinvio per nuovo giudizio alla Corte di appello di Reggio Calabria, che dovrà essere eseguito nel rispetto dei principi di diritto che si sono richiamati.
P.Q.M.
Annulla l’ordinanza impugnata con rinvio per nuovo giudizio alla Corte di 41pello di Reggio Calabria.
Così deciso il 9 novembre 2023
Il AVV_NOTAIO estensore