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Rideterminazione pena: no a istanze ripetitive

La Corte di Cassazione ha dichiarato inammissibile un ricorso per la rideterminazione della pena, poiché l’istanza era una mera ripetizione di una precedente già rigettata. La Corte ha chiarito che, senza nuovi presupposti di fatto o di diritto, una nuova richiesta non può essere accolta. Nel caso specifico, la modifica normativa invocata non era neppure applicabile al condannato.

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Pubblicato il 19 novembre 2025 in Diritto Penale, Giurisprudenza Penale, Procedura Penale

Rideterminazione della pena: Quando una nuova istanza è inammissibile?

La possibilità di ottenere una rideterminazione della pena a seguito di modifiche legislative favorevoli è un principio cardine del nostro ordinamento. Tuttavia, cosa accade se una prima richiesta viene respinta? È possibile riproporla? Una recente ordinanza della Corte di Cassazione chiarisce i limiti e le condizioni per presentare una nuova istanza, sottolineando l’importanza di addurre nuovi elementi di fatto o di diritto per evitare una declaratoria di inammissibilità.

Il Caso: Una Richiesta di Sconto di Pena Basata su una Sentenza della Consulta

Un soggetto, condannato con sentenza definitiva, presentava al Giudice dell’esecuzione una richiesta per la rideterminazione della pena. La richiesta si basava sulla sentenza n. 40 del 2019 della Corte Costituzionale, che aveva dichiarato l’illegittimità di una norma del Testo Unico sugli stupefacenti (art. 73 D.P.R. 309/1990), abbassando la pena minima edittale per alcuni reati da otto a sei anni di reclusione.

La Corte d’Appello, in funzione di Giudice dell’esecuzione, dichiarava inammissibile la richiesta. Il condannato, non rassegnandosi, proponeva una seconda istanza, identica alla prima, che veniva nuovamente dichiarata inammissibile. Contro questa seconda decisione, il soggetto proponeva ricorso per Cassazione, lamentando una violazione di legge.

La Decisione della Corte e la rideterminazione della pena

La Corte di Cassazione ha rigettato il ricorso, dichiarandolo manifestamente infondato e, quindi, inammissibile. Gli Ermellini hanno chiarito un punto fondamentale relativo alla procedura di esecuzione penale. Sebbene il divieto del ‘ne bis in idem’ (ovvero il divieto di essere giudicati due volte per la stessa cosa) non si applichi in modo assoluto in questa fase, una nuova istanza, per essere ammissibile, deve necessariamente basarsi su presupposti di fatto o motivi di diritto che non siano stati dedotti in precedenza.

In altre parole, non è possibile presentare una seconda istanza che sia una mera fotocopia della prima, criticando genericamente la decisione precedente. È necessario introdurre elementi nuovi, che il giudice non aveva potuto valutare in precedenza. Poiché nel caso di specie la seconda istanza era identica alla prima, la sua sorte non poteva che essere l’inammissibilità.

Le Motivazioni: Assenza di Nuovi Elementi e Inapplicabilità della Norma Favorevole

La Corte ha basato la sua decisione su due pilastri argomentativi. Il primo, di natura procedurale, è l’assenza di novità nella seconda istanza. Il ricorrente si era limitato a criticare in modo assertivo e generico la prima decisione, senza portare alcun nuovo elemento fattuale o giuridico a sostegno della sua tesi. Questa ripetitività ha reso la nuova richiesta processualmente inammissibile.

Il secondo pilastro è ancora più sostanziale. La Corte ha evidenziato che la questione era già stata correttamente valutata dal Giudice dell’esecuzione. La declaratoria di incostituzionalità invocata dal ricorrente, infatti, riguardava una cornice di pena edittale che non era mai stata applicata nel suo caso specifico. Di conseguenza, il condannato non aveva alcun interesse concreto a invocare l’applicazione della nuova, più favorevole disciplina, poiché la sua situazione giuridica non ne sarebbe stata comunque influenzata. La sua istanza era, fin dall’origine, priva di fondamento.

Le Conclusioni: Le Implicazioni Pratiche per le Istanze Future

L’ordinanza in esame offre una lezione pratica molto chiara: per poter presentare una nuova istanza di rideterminazione della pena dopo un primo rigetto, è indispensabile che essa sia fondata su elementi non precedentemente esaminati dal giudice. Non basta essere in disaccordo con la prima decisione; occorre portare argomenti nuovi e pertinenti. In assenza di tali novità, l’istanza sarà dichiarata inammissibile, con conseguente condanna al pagamento delle spese processuali e di una sanzione pecuniaria alla Cassa delle ammende, come avvenuto nel caso di specie.

È possibile presentare una nuova istanza di rideterminazione della pena dopo che una prima richiesta è stata respinta?
Sì, ma solo a condizione che la nuova istanza si fondi su presupposti di fatto o motivi di diritto diversi e non dedotti in precedenza. Non può essere una semplice ripetizione della prima istanza.

Perché la Corte ha ritenuto inammissibile il ricorso in questo caso specifico?
Il ricorso è stato ritenuto inammissibile per due ragioni principali: primo, perché la seconda istanza non presentava elementi nuovi rispetto alla prima già rigettata; secondo, perché la modifica normativa invocata (derivante dalla sentenza della Corte Costituzionale) non era comunque applicabile al caso del condannato.

Cosa comporta una dichiarazione di inammissibilità del ricorso in Cassazione?
Comporta la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali e, se non vi sono cause di esonero, al versamento di una somma di denaro in favore della Cassa delle ammende, che nel caso di specie è stata determinata in tremila euro.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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