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Rideterminazione pena: limiti del giudice dell’esecuzione

La Corte di Cassazione dichiara inammissibile il ricorso di un condannato che chiedeva una nuova rideterminazione della pena per reati di droga. La sentenza chiarisce che il giudice dell’esecuzione non può riesaminare il bilanciamento delle circostanze effettuato nel processo di merito e può confermare la pena originaria se rientra nella nuova, più favorevole, cornice edittale.

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Pubblicato il 28 ottobre 2025 in Diritto Penale, Giurisprudenza Penale, Procedura Penale

Rideterminazione Pena Stupefacenti: I Limiti del Giudice dell’Esecuzione

La rideterminazione pena è un istituto cruciale nel diritto penale, specialmente quando le leggi, come quelle in materia di stupefacenti, subiscono importanti modifiche. Questo processo permette di adeguare una condanna passata a una nuova normativa più favorevole. Tuttavia, quali sono i poteri e i limiti del giudice in questa fase? Una recente sentenza della Corte di Cassazione, la n. 4278/2024, offre chiarimenti fondamentali, delineando il perimetro dell’intervento del giudice dell’esecuzione.

I Fatti del Caso

Il caso ha origine dal ricorso di un uomo condannato con una sentenza del Tribunale di Bari per un reato legato agli stupefacenti. A seguito di importanti interventi della Corte Costituzionale, la fattispecie di lieve entità (il cosiddetto ‘quinto comma’ del D.P.R. 309/1990) è stata trasformata da circostanza attenuante a reato autonomo, con una cornice edittale più mite.

Di conseguenza, il condannato si è rivolto al Tribunale di Bari, in funzione di giudice dell’esecuzione, per ottenere una rideterminazione pena. Il Tribunale, pur applicando la nuova normativa, ha confermato la stessa pena inflitta nella sentenza originaria. L’imputato ha quindi proposto ricorso in Cassazione, lamentando due principali vizi: un errore nel bilanciamento tra le circostanze attenuanti e l’aggravante della recidiva, e una discrepanza tra la pena indicata nella motivazione e quella nel dispositivo dell’ordinanza.

La Decisione della Corte di Cassazione: Ricorso Inammissibile

La Suprema Corte ha dichiarato il ricorso inammissibile, giudicando le censure del ricorrente come manifestamente infondate. La decisione si basa su principi consolidati riguardo al ruolo del giudice dell’esecuzione e alla corretta procedura da seguire in questi casi.

Le Motivazioni: La corretta applicazione dei principi sulla rideterminazione pena

La Cassazione ha chiarito in modo netto i confini dell’intervento del giudice in sede di esecuzione.

In primo luogo, il compito del giudice dell’esecuzione è quello di ricalcolare la pena tenendo conto della nuova e più favorevole cornice edittale. Questo non significa che debba necessariamente diminuire la sanzione. Il giudice può, infatti, ritenere congrua la stessa pena originariamente inflitta, a condizione che questa rientri nei nuovi limiti minimi e massimi previsti dalla legge. Nel caso specifico, il giudice ha motivato la sua scelta facendo riferimento alla gravità del fatto (pluralità di sostanze, tra cui la cocaina), rendendo la sua valutazione insindacabile in sede di legittimità.

In secondo luogo, e questo è il punto cruciale, il giudice dell’esecuzione non può tornare a valutare questioni che appartengono al processo di merito, come il bilanciamento delle circostanze. Eventuali errori nel soppesare attenuanti e aggravanti avrebbero dovuto essere contestati attraverso i mezzi di impugnazione ordinari (appello e ricorso per cassazione) contro la sentenza di condanna. La fase esecutiva non è una terza istanza di giudizio dove si può rimettere in discussione il verdetto originale.

Infine, la Corte ha considerato irrilevante la discrepanza tra la motivazione e il dispositivo dell’ordinanza impugnata. Dalla lettura del provvedimento, era evidente che l’intenzione del giudice fosse quella di ‘irrogare la stessa pena’ della sentenza di condanna. Poiché la pena indicata nel dispositivo corrispondeva a tale volontà, eventuali errori materiali di calcolo presenti nel corpo della motivazione non ne inficiavano la validità.

Le Conclusioni: Cosa Insegna Questa Sentenza?

La sentenza n. 4278/2024 ribadisce un principio fondamentale della procedura penale: ogni fase processuale ha le sue regole e i suoi limiti. La rideterminazione pena in fase esecutiva è uno strumento di garanzia per adeguare le condanne a leggi più favorevoli, ma non può diventare un’occasione per riaprire il processo di merito. Gli eventuali errori di valutazione commessi dal giudice della cognizione devono essere contestati nelle sedi e nei tempi previsti dalla legge. Per i condannati, ciò significa che l’assistenza legale deve essere attenta e scrupolosa fin dal primo grado di giudizio, poiché le omissioni e gli errori non potranno, di regola, essere sanati in fase esecutiva.

Può il giudice dell’esecuzione, in sede di rideterminazione della pena, riesaminare il bilanciamento tra aggravanti e attenuanti deciso nel processo di merito?
No. La Cassazione chiarisce che le questioni relative al bilanciamento delle circostanze avrebbero dovuto essere sollevate con l’appello o il ricorso avverso la sentenza di merito. Il giudice dell’esecuzione non può rivedere tali valutazioni.

Se la legge cambia e prevede una pena più bassa, il giudice dell’esecuzione deve necessariamente diminuire la pena precedentemente inflitta?
No, non necessariamente. Il giudice deve procedere a una nuova determinazione tenendo conto della nuova e più favorevole cornice edittale. Tuttavia, può anche giungere alla stessa quantificazione della pena originaria, se questa rientra nei nuovi limiti, fornendo un’adeguata motivazione.

Cosa succede se c’è una discrepanza tra la pena indicata nella motivazione e quella nel dispositivo di un’ordinanza?
Secondo la sentenza, tale difformità può essere ininfluente se dall’intera motivazione emerge chiaramente qual era la volontà del giudice. Se la decisione finale indicata nel dispositivo è coerente con l’intenzione espressa dal giudice, allora è quella a prevalere, e gli eventuali errori materiali di calcolo nella motivazione non la invalidano.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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