Sentenza di Cassazione Penale Sez. 1 Num. 28029 Anno 2024
Penale Sent. Sez. 1 Num. 28029 Anno 2024
Presidente: COGNOME
Relatore: COGNOME NOME COGNOME
Data Udienza: 10/04/2024
SENTENZA
sul ricorso proposto da:
COGNOME NOME NOME il DATA_NASCITA
avverso l’ordinanza del 15/11/2023 della CORTE APPELLO di BRESCIA
udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME;
lette le conclusioni del PG, NOME COGNOME, che ha chiesto il rigetto del ricorso.
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RITENUTO IN FATTO
La Corte di appello di Brescia, provvedendo con l’ordinanza indicata in epigrafe in funzione di giudice dell’esecuzione, rigettava l’istanza nell’interesse di NOME COGNOME che, invocando gli effetti della sentenza della Corte cost. n. 40 del 2019 (che ha dichiarato l’illegittimità costituzionale dell’art. 73 d.P.R. n. 309 del 1990 laddove prevede come pena minima edittale la reclusione di otto anni invece che di sei), aveva richiesto la rideterminazione delle pene inflitte al predetto COGNOME con due sentenze, e precisamente 1) sentenza GUP Tribunale San Remo del 13/03/2006, irr. 22/01/2010 e 2) Corte appello Brescia del 13/02/2019, irr. 12112/2019.
Propone ricorso per cassazione NOME COGNOME tramite il difensore, lamentando violazione di legge ed in particolare della norma di cui all’art. 73 d.P.R. n. 309 del 1990 nella nuova cornice edittale derivante dalla pronuncia della Corte costituzionale n. 40 del 2019.
A ragione, il Giudice dell’esecuzione osservava che, quanto alla prima sentenza (GUP Tribunale San Remo del 13/03/2006), essa riguardava un fatto commesso il 21/12/2005, epoca in cui il regime sanzioNOMErio introdotto dall’art. 4 bis d. Igs. 272 del 2005 già prevedeva per il reato di cui all’art. 73 d.P.R. 309 del 1990 la pena detentiva minima di sei anni di reclusione; con riferimento alla senl:enza della Corte appello Brescia del 13/02/2019, la Corte bresciana rilevava come la pena base fosse stata individuata in anni 20 di reclusione, in relazione al reato di cui all’art. 74 d.P.R. 309 del 1990, norma non attinta dalla pronuncia di incostituzionalità; quanto ai reati satellite (6 episodi di cessione/importazione di sostanza stupefacente commessi negli anni 2012 e 2013), riteneva il G.E. che gli aumenti calcolati in sede di cognizione in complessivi anni 3 mesi 8 di reclusione, fossero proporzionati alla gravità dei fatti; osservava anche come la citata sentenza della Corte di appello di Brescia fosse stata impugnata con ricorso per cassazione dall’imputato e che questa Corte di legittimità aveva rigettato il ricorso il 12/12/2019, successivamente alla sentenza della Corte costituzionale n. 40 del 2019, senza che la Difesa in quella sede avesse investito la Corte della questione oggi in esame. Corte di Cassazione – copia non ufficiale
Ha errato, secondo il ricorrente, il G.E. nel non procedere alla rideterminazione delle pene inflitte con le due sentenze di cui all’istanza, anche cori riferimento alle pene stabilite dalla sentenza della Corte di appello di Brescia a titolo di continuazione.
Con requisitoria scritta, il sostituto Procuratore Generale, NOME COGNOME, ha chiesto il rigetto del ricorso.
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CONSIDERATO IN DIRITTO
Il ricorso, che presenta tratti di inammissibilità, è complessivamente infondato.
Le deduzioni svolte dal ricorrente con riferimento alla mancata rideternninazione del trattamento sanzioNOMErio inflitto con la sentenza GUP Tribunale San Remo del 13/03/2006, irr. 22/01/2010, risultano generiche ed aspecifiche, nonché meramente reiterative di argomenti risolti dal Giudice dell’esecuzione con motivazione priva di aporie logiche, con le quali il ricorrente omette di confrontarsi: del tutto correttamente il G.E. ha infatti sul punto evidenziato come, essendo la sentenza successiva al 31/12/2005, il regime sanzioNOMErio introdotto dall’art. 4 bis d. Igs. 272 del 2005 già prevedesse per il reato di cui all’art. 73 d.P.R. 309 del 1990 la pena detentiva minima di sei anni di reclusione.
Quanto alle deduzioni svolte con riferimento alla sentenza della Corte appello di Brescia del 13/02/2019, irr. 12/12/2019, occorre rammentare che, in tema di disciplina penale degli stupefacenti, la reviviscenza dell’art. 73 d.P.R. 9 ottobre 1990, n. 309, nel testo anteriore alle modifiche introdotte dal d.l. 30 dicembre 2005, n. 272, convertito, con modificazioni, dalla legge 21 febbraio 2006, n. 49 – determinatasi per effetto della sentenza della Corte costituzionale n. 32 del 2014 – resuscitò, per le droghe cosiddette pesanti, quali quelle di causa, un trattamento sanzioNOMErio meno favorevole per il reo (il minimo di pena detentiva salì da sei ad otto anni), applicabile tuttavia, in base al principio di legalità, solo ai fatti di reato commessi successivamente alla declaratoria di illegittimità costituzionale. Sono questi i fatti interessati dalla successiva sentenza della Corte costituzionale n. 40 del 2019, che ha dichiarato l’illegittimità costituzionale del superiore minimo edittale alle condotte, aventi ad oggetto droghe pesanti, che fossero state commesse nel corso della vigenza delle disposizioni attinte dalla sentenza costituzionale n. 32 del 2014, anche se giudicate dopo la pubblicazione di quest’ultima le disposizioni medesime continuavano ad applicarsi (Sez. 5, n. 14863 del 21/12/2020, dep. 2021, Bruni, Rv. 281138-02; Sez. 4, n. 46415 del 22/06/2018, P., Rv. 273990- 01).
I fatti oggetto della sentenza della Corte appello di Brescia del 13/02/2019, irr. 12/12/2019, commessi nel 2012 e 2013, in epoca antecedente rispetto alla declaratoria di illegittimità costituzionale di cui alla sentenza della Corte costituzionale n. 32 del 2014, sono già stati sanzionati secondo la cornice edittale avente sei anni (e non otto) di pena detentiva minima. Rispetto ad essi la sentenza costituzionale n. 40 del 2019 è pertanto palesemente priva di influenza.
Ne discende il rigetto del ricorso, cui consegue, ai sensi dell’art.. 616 cod. proc. pen., la condanna del ricorrente al pagamento delle spese del procedimento.
P.Q.M.
Rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali.
Così deciso il 10/04/2024