Sentenza di Cassazione Penale Sez. 1 Num. 9429 Anno 2024
Penale Sent. Sez. 1 Num. 9429 Anno 2024
Presidente: COGNOME
Relatore: COGNOME
Data Udienza: 01/12/2023
SENTENZA
sul ricorso proposto da:
NOME COGNOME nato a PORTO TORRES il DATA_NASCITA
avverso l’ordinanza del 09/05/2023 della CORTE APPELLO di PALERMO
udita la relazione svolta dal Consigliere COGNOME COGNOME; lette/bel GLYPH fIlle le conclusioni del PG
Letta la requisitoria del Pubblico Ministero, in persona del AVV_NOTAIO NOME COGNOMEAVV_NOTAIO, con cui è stato chiesto l’annullamento con rinvio dell’ordinanza impugnata.
RITENUTO IN FATTO
La Corte di appello di Palermo, in funzione di giudice dell’esecuzione, con l’ordinanza in epigrafe, ha rigettato la richiesta, avanzata nell’interesse di NOME COGNOME, di rideterminazione della pena di anni 12 di reclusione ed euro 60.000 di multa inflitta con la sentenza irrevocabile emessa in data 6/12/2001 dalla stessa Corte, per il delitto ex art. 73, comma 1, d.P.R. 9 ottobre 1990, n. 309, aggravato dall’art. 80 stesso decreto.
La richiesta di rideterminazione era giustificata dall’intervenuta sentenza della Corte costituzionale in data 23 gennaio 2019 n. 40, che aveva rideterminato la reviviscenza della pena base minima per la detenzione illecita di cocaina di anni 6 di reclusione (e 26.000 euro di multa) a fronte di quella di anni 8 di reclusione (invariata la pena pecuniaria). Aveva, invero’ argomentato il difensore che, non essendo stata eseguita la pena pecuniaria (risultando, invece, eseguita integralmente la pena detentiva), vi era l’interesse del condannato alla rideterminazione della pena, considerata la possibilità di convertire la pena detentiva espiata in eccesso in pena pecuniaria e di detrarre la pena pecuniaria così ragguagliata da quella non eseguita.
L’adito Giudice dell’esecuzione ha escluso di intervenire sulla pena, in ragione dell’integrale legittima esecuzione della pena detentiva e dell’insussistenza dei presupposti previsti dall’art. 657 cod. proc. pen. (revoca condanna, concessione di amnistia e di indulto), rilevando che non può essere invocata la fungibilità tra pena detentiva e pena pecuniaria rispetto al medesimo reato.
Ricorre per cassazione NOME COGNOME, con il ministero del suo difensore di fiducia, deducendo violazione degli artt. 657, 660 cod. proc. pen., 24 cod. pen., 73 d.P.R. 309/1990 nella misura della pena determinata a seguito della sentenza della Corte Cost. n. 40/2019, violazione dell’art. 30, ultimo comma, I. 87/1953, omessa e comunque insufficiente motivazione.
Lamenta il difensore che la Corte territoriale nel rigettare la richiesta trascura che la giurisprudenza di legittimità ha ritenuto l’interesse del condannato alla rideterminazione della pena ove non risulti concluso il rapporto giuridico sanzionatorio tra lo Stato e lo stesso condannato, come nel caso in esame, in cui la condanna alla multa non risulta ancora eseguita.
2
M
La difesa invoca il principio della “flessibilità del giudicato” ed evidenzia come la giurisprudenza di legittimità abbia ritenuto applicabili sia il suddetto crite dell’interesse che il principio in ultimo menzionato, qualora il condannato abbia espiato la sola pena detentiva comminata.
Rileva che il criterio interpretativo che nega formale applicazione alla rideterminazione degli effetti penali della multa non espiata, ove la sanzione detentiva sia stata già eseguita, ha trovato definitiva smentita nella sentenza n. 68 del 2021 con cui la Corte costituzionale ha dichiarato l’illegittimità costituzionale dell’art. 30, comma 4, I. 11 marzo 1953, n. 87, già posto a fondamento della giurisprudenza di legittimità nel negare la fruibilità/fungibilità della pena detenti già interamente espiata.
Insiste, quindi, il difensore per l’annullamento dell’ordinanza impugnata.
CONSIDERATO IN DIRITTO
1. Il ricorso è fondato.
1.1. È principio acquisito nella giurisprudenza di legittimità quello della cd. “flessibilità” del giudicato.
Allorquando, invero, a seguito di una sentenza irrevocabile di condanna, interviene la dichiarazione d’illegittimità costituzionale di una norma penale diversa da quella incriminatrice, incidente sulla commisurazione del trattamento sanzionatorio, e quest’ultimo non sia stato interamente eseguito, il giudice dell’esecuzione deve rideterminare la pena in favore del condannato (Sez. U, n. 42858 del 29/05/2014, Gatto, Rv. 260697).
1.2. Va, inoltre, osservato che in tema di stupefacenti, sussiste l’interesse del condannato ad ottenere la rideterminazione in executivis della pena divenuta illegale a seguito della sentenza della Corte costituzionale n. 40 del 2019 qualora, pur interamente espiata la pena detentiva, non sia stata ancora eseguita quella pecuniaria contestualmente irrogata, atteso che, agli effetti dell’art. 30 della legge 11 marzo 1953, n. 87, il rapporto esecutivo si esaurisce soltanto con l’estinzione di entrambe tali pene (Sez. 5, n. 370 del 19/10/2021, dep. 2022, COGNOME, Rv. 282420; conforme Sez. 1, n. 13072 del 03103/2020, COGNOME, Rv. 278893: in motivazione la Corte ha precisato che, nel caso in cui residui da eseguire la sola pena pecuniaria, la rideterminazione ad opera del giudice dell’esecuzione deve investire anche quella detentiva, in funzione della eventuale commisurazione, nell’ipotesi di esecuzione di pene concorrenti, della pena residua da espiare).
Tale soluzione è condivisibile, anche perché coerente con la previsione dell’art. 657, comma 3, cod. proc. pen., relativamente alla fungibilità della carcerazione sine titulo nel computo, previo ragguaglio, della pena pecuniaria da eseguire.
Riferisce, invero, la prima pronuncia sopra citata, in motivazione, come «in concreto, allora, il soggetto che abbia scontato una pena detentiva superiore a quella ricalcolata per effetto dell’intervento del giudice delle leggi e non ancora pagato l’importo dovuto a titolo di multa mantiene interesse alla complessiva rideterminazione del trattamento sanzionatorio quantomeno in vista dell’abbattimento, previa conversione del periodo detentivo espiato in eccesso nella corrispondente pena pecuniaria, del quantum da versare».
Esattamente ciò che veniva richiesto con l’istanza rigettata ed oggetto dell’odierna impugnazione.
Alla luce di quanto premesso vanno disposti l’annullamento dell’ordinanza impugnata ed il rinvio per nuovo giudizio alla Corte di appello di Palermo.
P.Q.M.
Annulla l’ordinanza impugnata con rinvio per nuovo esame alla Corte di appello di Palermo.
Così deciso in Roma, GLYPH dicembre 2023.