Sentenza di Cassazione Penale Sez. 1 Num. 21600 Anno 2024
Penale Sent. Sez. 1 Num. 21600 Anno 2024
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME NOME
Data Udienza: 16/02/2024
SENTENZA
sul ricorso proposto da: COGNOME NOME nato a GENOVA il DATA_NASCITA
avverso l’ordinanza del 20/09/2023 del TRIBUNALE di GENOVA
udita la relazione svolta dal AVV_NOTAIO NOME COGNOME; lette le conclusioni del AVV_NOTAIO per il rigetto del ricorso.
RITENUTO IN FATTO
Il Tribunale di Genova, quale giudice dell’esecuzione, in sede di rinvio, con l’ordinanza del 20/9/2023, a seguito dell’annullamento disposto dalla Corte di cassazione, ha rideterminato in anni sei, mesi uno e giorni dieci di reclusione la pena detentiva irrogata con la sentenza pronunciata il giorno 31/5/1995 dalla Corte di Appello di Bologna nei confronti di COGNOME NOME per il reato di cui all’art. 73 D.P.R. 309 del 1990.
NOME COGNOME ha proposto incidente di esecuzione con il quale, a seguito della sentenza della Corte cost. n. 40 del 2019, ha chiesto di rideterminare la pena allo stesso inflitta dal Tribunale di Bologna nell’anno 1994, poi confermata dalla Corte di appello di Bologna.
Il Presidente del Tribunale di Genova ha dichiarato inammissibile de/piano la richiesta.
Il decreto, a seguito del ricorso proposto dal condannato, è stato annullato con rinvio in quanto pronunciato in assenza di contraddittorio.
Il Tribunale di Genova, quale giudice dell’esecuzione, in sede di rinvio, ha accolto la richiesta e ha rideterminato la pena come indicato sub 1.
Avverso il provvedimento ha proposto ricorso l’interessato che, a mezzo del difensore, ha dedotto i seguenti motivi.
4.1. Violazione di legge in relazione agli artt. 34, comma 1, e 623 cod. proc. pen. in quanto alla deliberazione dell’ordinanza impugnata avrebbe partecipato lo stesso giudice persona fisica che ha emesso il provvedimento che ha dichiarato originariamente inammissibile la richiesta e che è stato annullato con rinvio dalla Corte di cassazione. Circostanza questa che, a seguito della sentenza della Corte cost. n. 7 del 2022, determinerebbe la nullità dell’ordinanza.
4.2. Violazione di legge e vizio di motivazione con riferimento alla rideterminazione della pena base da infliggere a seguito della sentenza della Corte cost. n. 40 del 2019. Nel secondo motivo la difesa rileva che la nuova quantificazione della pena, nella quale si è operato una riduzione minima, sarebbe il frutto di una valutazione viziata in quanto fondata sui comportamenti e le condotte tenute dal ricorrente nel periodo successivo alla commissione del reato, avvenuta quasi trenta anni prima.
4.3. Violazione di legge e vizio di motivazione quanto alla mancata rideterminazione (riduzione) dell’aumento di pena applicato in continuazione per il reato satellite.
In data 19 dicembre 2023 sono pervenute in cancelleria le conclusioni con le quali il AVV_NOTAIO, premesso che il ricorrente non ha specificato se la pena è in esecuzione ovvero se il rapporto esecutivo è cessato, chiede comunque il rigetto del ricorso.
CONSIDERATO IN DIRITTO
Il ricorso è fondato nei termini che seguono.
Dagli atti risulta che il condannato è a oggi detenuto. Ragione questa per la quale, in assenza di specifici elementi di contrario avviso e nonostante il tempo trascorso, non si può ritenere che il rapporto esecutivo sia cessato e conseguentemente che sia allo stato venuto meno l’interesse alla decisione.
Nel primo motivo la difesa deduce la violazione di legge in relazione agli artt. 34, comma 1, e 623 cod. proc. pen. in quanto alla deliberazione dell’ordinanza impugnata avrebbe partecipato quale componente del collegio anche il giudice persona fisica che ha emesso il provvedimenl:o che ha dichiarato inammissibile la richiesta e che è stato annullato con rinvio dalla Corte di cassazione.
3.1. Le situazioni di incompatibilità di cui all’art. 34 cod. proc. pen. non attengono alla capacità del giudice e non determinano la nullità del provvedimento ex artt. 178 e 179, cod. proc. pen.
Le stesse, pertanto, come più volte ribadito da questa Corte, rilevando solo quali casi di ricusazione, devono essere fatte valere tempestivamente con la procedura di cui all’art. 37 cod. proc. pen. e non possono essere sollevate per la prima volta con l’impugnazione avverso il provvedimento emesso (Sez. 6, n. 12550 del 01/03/2016, COGNOME., Rv. 267419 – 01; Sez. 6, n. 3042 del 04/11/2015, dep. 2016, COGNOME, Rv. 266326 – 01; Sez. 6, n. 39174 del 09/09/2015, COGNOME, Rv. 264637 – 01; Sez. 2, n. 12896 del 05/03/2015, COGNOME, Rv. 262780 – 01).
Ciò essendo consentito, di contro, nel solo caso in Clli il provvedimento impugnato sia stato pronunciato de plano da parte di un collegio composto anche dal giudice che ha emesso la prima decisione sul punto.
In tale specifica ipotesi, infatti, la parte interessata, che è venuta a conoscenza della causa di incompatibilità esclusivamente a seguito della comunicazione dell’atto, è legittimata a dedurre la nullità assoluta del provvedimento con ricorso per cassazione, stante in questa peculiare situazione l’impraticabilità della procedura di ricusazione preventiva di cui all’art. 37 cod. proc. pen. (Sez. 1, n. 19643 del 02/04/2019, Brancato, Rv. 275844 – 01).
3.2. Alla luce dei principi indicati la censura è manifestamente infondata.
Nel caso di specie, infatti, il provvedimento impugnato è stato emesso a seguito dell’udienza camerale celebrata con la partecipazione delle parti e non risulta che la difesa del ricorrente abbia tempestivamente attivato la procedura di ricusazione di cui all’art. 37 cod. proc. pen.
Nel secondo motivo la difesa deduce la violazione di legge e il vizio di motivazione con riferimento alla rideterminazione della pena base da infliggere a seguito della sentenza della Corte cost. n. 40 del 2019.
La doglianza, in parte anche tesa a sollecitare una diversa e non consentita valutazione sul punto, è infondata.
Il giudice dell’esecuzione ha dato atto di avere effettuato una valutazione complessiva nella quale ha tenuto conto di tutti gli elementi in proprio possesso.
La motivazione resa sul punto, seppure tiene conto del comportamento tenuto dall’imputato successivamente alla commissione del reato, risulta corretta.
Nella commisurazione della pena, infatti, il giudice, con i riferimenti ai precedenti penali per reati di notevole gravità di cui il c:ondannato era già gravato e alla circostanza che è stato dichiarato delinquente abituale del DATA_NASCITA, ha dato atto di avere considerato la condotta commessa e le condizioni personali dell’imputato all’epoca dei fatti e, in tal modo, ha dato sufficiente e adeguato conto delle ragioni che hanno guidato, nel rispetto del principio di proporzionalità, l’esercizio del potere discrezionale riconosciuto dagli artt. 132 e 133 cod. pen. al giudice di merito.
Nel terzo motivo la difesa deduce la violazione di legge e il vizio di motivazione in relazione alla mancata rideterminazione della pena applicata in continuazione per il reato satellite.
La doglianza è fondata.
5.1. L’applicazione della continuazione impone al giudice di determinare la pena ai sensi dell’art. 81, comma secondo cod. pen.
Ai sensi di tale norma la porzione di pena relativa ai singoli reati satellite deve essere commisurata alla violazione più grave, senza che rilevino i limiti legali della pena previsti dalle rispettive norme incriminatrici (Sez. 4, n. 54797 del 20/09/2017, Chimenti, Rv. 271657), trovando applicazione esclusivamente i limiti fissati in via generale, sia nel giudizio di cognizione che nel procedimento di esecuzione, dall’art. 81, commi primo e secondo, cod. pen. con il riferimento al triplo della pena-base ovvero, se più favorevole, della pena che sarebbe applicabile in ipotesi di cumulo (Sez. U, n. 28659 del 18/05/2017, COGNOME, Rv. 270073 – 01 e Sez. U, n. 6296 del 24/11/2016, dep. 2017, Nocerino, Rv. 268735 – 01).
Il minimo e massino edittale del reato continuato, infatti, non sono quelli previsti per i reati che lo compongono, ma quelli autonomamente stabiliti dalla norma generale di cui all’art. 81, comma primo, cod. pen. in stretta correlazione alla violazione più grave nella misura variabile fino al triplo di quest’ultima così che la determinazione dell’aumento ex art. 81, secondo comma, cod. pen. seppure si debba considerare, in applicazione dei criteri fissati dall’art. 133, comma 1 cod. pen., la gravità e le altre caratteristiche oggettive della singola violazione satellite- è parannetrato al quantum previsto per il reato più grave.
In questa prospettiva il rapporto che si instaura tra la pena da applicarsi per il reato satellite e quella stabilita per la violazione più grave comporta che quando il trattamento sanzionatorio di quest’ultima è dichiarato incostituzionale,
con conseguente riduzione dei limiti edittali, gli effetti favorevoli non possono non ripercuotersi anche nella pena inflitta per il reato satellite che, pertanto, deve essere corrispondentemente ridotta dal giudice dell’esecuzione, così da renderla adeguata a quella su cui è computata (Sez. 1, n. 23588 del 09/07/2020, Carniti, Rv. 279522 – 01 anche specifica sul punto «In tema di effetti della declaratoria d’incostituzionalità dell’art. 73, comma 1, d.P.R. 9 ottobre 1990, n. 309, nella parte in cui prevedeva la pena minima edittale della reclusione nella misura di anni otto anziché di anni sei, intervenuta con sentenza della Corte costituzionale n. 40 del 2019, in caso di condanna irrevocabile per più reati unificati sotto il vincolo della continuazione, il più grave dei quali sia quell previsto dal citato art. 73, comma 1, il giudice dell’esecuzione che proceda alla rideterminazione della pena inflitta in relazione a detto reato è tenuto a rideterminare anche gli aumenti di pena inflitti per i reati-satellite, sebbene non incisi dalla decisione di incostituzionalità, in quanto, ai sensi dell’art. 81, comma 2, cod. pen. la porzione di pena relativa a detti reati è commisurata alla violazione più grave, non rilevando più i limiti di pena di cui alle rispettive norme incriminatrici, bensì quelli stabiliti in via generale per il reato continuato, d triplo della pena-base o, se più favorevole, della pena che sarebbe applicabile in ipotesi di cumulo»).
3.4.2. Nel caso di specie il giudice dell’esecuzione non si è conformato ai principi in precedenza enucleati e, a fronte della dichiarazione di incostituzionalità dell’art. 73 D.P.R. 309 del 1990 di cui alla sentenza n. 40 del 2019 della Corte cost., ha omesso di pronunciarsi in ordine all’aumento di pena applicato in continuazione per il reato satellite, peraltro relativo a una violazione oggetto della medesima norma dichiarata incostituzionale.
3.5. La violazione accertata impone l’annullamento dell’ordinanza impugnata con rinvio affinché il Tribunale di Genova, in diversa composizione, quale giudice dell’esecuzione, proceda a un nuovo giudizio sul punto.
P.Q.M.
Annulla l’ordinanza impugnata limitatamente alla misura dell’aumento di pena per la continuazione e rinvia per nuovo giudizio sul punto al Tribunale di Genova. Rigetta il ricorso nel resto.
Così deciso a Roma il 16 febbraio 2024.