Sentenza di Cassazione Penale Sez. 1 Num. 25214 Anno 2025
Penale Sent. Sez. 1 Num. 25214 Anno 2025
Presidente: COGNOME
Relatore: COGNOME
Data Udienza: 20/06/2025
SENTENZA
sul ricorso proposto da
COGNOME NOME nato a Mongiuffi Melia il 10/01/1952
avverso l’ordinanza emessa il 05/03/2024 dal Tribunale di Bari visti gli atti, il provvedimento impugnato e il ricorso; udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME lette le conclusioni del Sostituto Procuratore generale NOME COGNOME che ha
chiesto l’accoglimento del ricorso.
RITENUTO IN FATTO
Con ordinanza del 5 marzo 2024 il Tribunale di Bari, in accoglimento della richiesta avanzata da NOME COGNOME finalizzata a ottenere il riconoscimento della continuazione, ai sensi degli artt. 81, secondo comma, cod. pen. e 671 cod. proc. pen., in relazione ai reati giudicati dalle due sentenze irrevocabili presupposte, rideterminava il trattamento sanzionatorio irrogato all’istante in venti anni di reclusione e 180.000,00 euro di multa.
La GLYPH rideterminazione GLYPH del GLYPH trattamento GLYPH sanzionatorio GLYPH conseguiva all’individuazione della pena base di tredici anni, quattro mesi di reclusione e 125.000,00 euro di multa, irrogata con la sentenza irrevocabile emessa dal Tribunale di Bari il 21 maggio 2020, alla quale veniva applicato l’aumento di sei anni di reclusione e 55.000,00 euro di multa, a titolo di continuazione, per i fatti di reato giudicati con la residua decisione irrevocabile, pronunciata dalla Corte di appello di Bari il 24 settembre 2013.
Avverso questa ordinanza NOME COGNOME a mezzo dell’avv. NOME COGNOME proponeva ricorso per cassazione, deducendo la violazione di legge e il vizio di motivazione del provvedimento impugnato, conseguenti al fatto che la decisione in esame risultava sprovvista di un percorso argonnentativo che desse esaustivamente conto delle modalità con cui era stato rideterminato il trattamento sanzionatorio irrogato all’istante per il reato più grave e dei criteri seguiti per quantificare, in sede esecutiva, l’aumento di pena applicato a titolo di continuazione.
Le considerazioni esposte imponevano l’annullamento dell’ordinanza impugnata.
CONSIDERATO IN DIRITTO
Il ricorso proposto da NOME COGNOME è fondato nei termini di seguito indicati.
Osserva il Collegio che il Tribunale di Bari, in accoglimento dell’istanza presentata da NOME COGNOME, procedeva alla rideterminazione del trattamento sanzionatorio applicato nei suoi confronti, ex artt. 81, secondo comma, cod. pen. e 671 cod. proc. pen., quantificandolo in venti anni di reclusione e 180.000,00 euro di multa.
Tale quantificazione discendeva dall’individuazione della pena base di base di tredici anni, quattro mesi di reclusione e 125.000,00 euro di multa, irrogata a
NOME COGNOME con la sentenza irrevocabile emessa dal Tribunale di Bari il 21 maggio 2020. A tale frazione sanzionatoria veniva applicato l’aumento di sei anni di reclusione e 55.000,00 euro di multa, a titolo di continuazione, ex artt. 81, secondo comma, cod. pen. e 671 cod. proc. pen., per i fatti di reato giudicati con l’ulteriore sentenza irrevocabile, deliberata dalla Corte di appello di Bari il 24 settembre 2013.
Tuttavia, nel procedere alla rideterminazione invocata, il Giudice dell’esecuzione individuava la porzione detentiva su cui determinare il trattamento sanzionatorio nella pena comminata con la decisione emessa dal Tribunale di Bari il 21 maggio 2020, come sopra quantificata, senza procedere alla ricognizione preliminare delle frazioni applicate per ciascuno dei reati per i quali, nel giudizio di cognizione, era stata applicata tale pena, che presupponeva il riconoscimento della continuazione interna. Sul punto, si ritiene opportuno richiamare il principio di diritto affermato da Sez. 5, n. 8436 del 27/09/2013, dep. 2014, Romano, Rv. 259030 – 01, secondo cui: «Il giudice dell’esecuzione che debba procedere alla rideterminazione della pena per la continuazione tra reati separatamente giudicati con sentenze, ciascuna delle quali per più violazioni già unificate a norma dell’art. 81 cod. pen., deve dapprima scorporare tutti i reati che il giudice della cognizione abbia riunito in continuazione, individuare quello più grave e solo successivamente, sulla pena come determinata per quest’ultimo dal giudice della cognizione, operare autonomi aumenti per i reati satellite, compresi quelli già riuniti in continuazione con il reato posto a base del nuovo computo».
Si muove, del resto, nella stessa direzione il principio di diritto, notevolmente più risalente, affermato da Sez. 1, n. 4911 del 15/01/2009, Neder, Rv. 2433375 – 01, secondo cui: «Il giudice dell’esecuzione, nel determinare la pena in riguardo a più condanne, ciascuna per più reati unificati dal vincolo della continuazione, deve riferirsi, quale pena-base, a quella del reato più grave fra tutti e, ferma la quantificazione operata dal giudice della cognizione, su essa deve determinare “ex novo” l’aumento a titolo di continuazione, per ciascuno dei reati satellite, anche per quelli già riuniti nella continuazione con il reato più grave posto alla base del nuovo computo».
A tali considerazioni, deve aggiungersi che il Giudice dell’esecuzione non dava adeguatamente conto del percorso dosimetrico seguito per quantificare le singole frazioni della pena irrogata a NOME COGNOME a seguito dell’accoglimento della sua istanza di applicazione della continuazione.
Deve, in proposito, osservarsi che, sebbene l’art. 671 cod. proc. pen. non richiami i criteri di cui all’art. 133 cod. pen., posto che la rideterminazione della
pena opera su una comminatoria che ha già visto applicati in sede di cognizione tali parametri, il giudice ha pur sempre il dovere – nei limiti prefissati dall stesso art. 671 cod. proc. pen. – di esporre le sue ragioni, allo scopo di consentire al condannato di comprendere il percorso dosimetrico seguito in sede di rideterminazione della pena.
L’esposizione sintetica di tale percorso argomentativo si rende indispensabile allo scopo di esplicitare non solo gli elementi che sono stati oggetto del suo ragionamento, ma anche i canoni dosimetrici adottati, onde consentire una valutazione unitaria e complessiva dei dati esaminati in sede esecutiva. Basti, in proposito, richiamare il principio di diritto affermato da Sez. 1, n. 17209 del 25/05/2020, COGNOME, Rv. 279316 – 01, secondo cui: «In tema di quantificazione della pena a seguito di applicazione della disciplina del reato continuato in sede esecutiva, il giudice – in quanto titolare di un potere discrezionale esercitabile secondo i parametri fissati dagli artt. 132 e 133 cod. pen. – è tenuto a motivare, non solo in ordine all’individuazione della pena-base, ma anche in ordine all’entità dei singoli aumenti per i reati-satellite ex art. 81, comma secondo, cod. pen., in modo da rendere possibile un controllo effettivo del percorso logico e giuridico seguito nella determinazione della pena, non essendo all’uopo sufficiente il semplice rispetto del limite legale del triplo della pena-base».
Tale opzione ermeneutica, da ultimo, ha ricevuto il definitivo suggello delle Sezioni Unite, che, in Sez. U, n. 47127 del 24/06/2021, COGNOME, Rv. 282269 01, hanno ribadito la necessità di una ricognizione preliminare delle frazioni sanzionatorie che compongono il trattamento sanzionatorio rideterminato ex artt. 81, secondo comma, cod. pen. e 671 cod. proc. pen., affermando il seguente principio di diritto: «In tema di reato continuato, il giudice, nel determinare la pena complessiva, oltre ad individuare il reato più grave e stabilire la pena base, deve anche calcolare e motivare l’aumento di pena in modo distinto per ciascuno dei reati satellite».
Tuttavia, GLYPH a GLYPH questi, GLYPH ineludibili, GLYPH parametri GLYPH ermeneutici GLYPH il GLYPH Giudice dell’esecuzione non si conformava correttamente, non dando conto delle ragioni per le quali veniva disposto l’aumento di pena di sei anni di reclusione e 55.000,00 euro dì multa, a titolo di continuazione, per i fatti di reato richiamati, anche in questo caso, in termini generici -, giudicati con la sentenza irrevocabile, deliberata dalla Corte di appello di Bari il 24 settembre 2013, limitandosi, a pagina 3 dell’ordinanza impugnata, ad affermare che tale quantificazione doveva ritenersi «congrua in ragione delle modalità della condotta e della quantità e qualità dello stupefacente ».
4. Per queste ragioni, l’ordinanza impugnata deve essere annullata, limitatamente al trattamento sanzionatorio applicato a NOME COGNOME ai sensi
degli artt. 81, secondo comma, cod. pen. e 671 cod. proc. pen., con il conseguente rinvio al Tribunale di Bari per un nuovo giudizio, che dovrà essere
eseguito in conformità dei principi che si sono enunciati.
P.Q.M.
Annulla l’ordinanza impugnata con rinvio per nuovo giudizio a Tribunale di
Bari.
Così deciso il 20 giugno 2025.