Sentenza di Cassazione Penale Sez. 1 Num. 7320 Anno 2024
Penale Sent. Sez. 1 Num. 7320 Anno 2024
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME NOME COGNOME
Data Udienza: 17/11/2023
SENTENZA
sul ricorso proposto da:
COGNOME NOME NOME a NAPOLI il DATA_NASCITA
avverso l’ordinanza del 23/03/2023 della CORTE APPELLO di MILANO
udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME;
lette le conclusioni del PG, NOME COGNOME, che ha chiesto l’annullamento con rinvio.
RITENUTO IN FATTO
Con ordinanza del 23 marzo 2023, la Corte di appello di Milano, in funzione di Giudice dell’esecuzione, ha accolto l’istanza avanzata nell’interesse di NOME COGNOME volta all’applicazione della disciplina della continuazione tra i fat giudicati dalle seguenti sentenze:
sentenza emessa dalla Corte di appello di Milano il 5 giugno 2012, di condanna alla pena di anni 4 e mesi 6 di reclusione per i reati di cui agli artt. 110, 609 octies, comma 1, 61 nn. 2 e 9, 314, 317, comma 2 e 62 bis cod. pen., commessi a Milano e a Baranzate di Bollate tra il mese di gennaio 2007 e il mese di maggio 2009;
sentenza emessa dalla Corte di appello di Milano in data 16 dicembre 2021, di condanna alla pena di anni 3 e mesi 8 di reclusione per i reati di cui agli 110, 61 nn. 2 e 5, 609 bis, 314, 317 cod. pen., commessi a Milano il 16 giugno 2009.
Il Giudice dell’esecuzione, riconosciuta la riconducibilità dei reati sopra indicati al medesimo disegno criminoso, ha ridetermiNOME la pena finale in anni 6 mesi 6 di reclusione, sulla base del seguente calcolo: pena base anni 4 e mesi 6 di reclusione per i reati giudicati dalla sentenza sub 1), aumentata di ulteriori anni 3 di reclusione per i fatti di cui alla sentenza sub 2) (e specificamente anni 2 mesi 8 di reclusione per il delitto di concussione, mesi 3 di reclusione per il reato di violenza sessuale di gruppo e mesi 1 di reclusione per il delitto di peculato), ridotta per il rito in anni 2 di reclusione.
Ricorre per cassazione NOME COGNOME, per mezzo del difensore, articolando un unico motivo di impugnazione con cui denuncia erronea applicazione della legge penale e vizio di motivazione.
In particolare, il ricorrente deduce che il Giudice dell’esecuzione, nel rideterminare la pena per effetto della ritenuta continuazione tra i fatti contestati con le due summenzionate sentenze, non ha operato lo scorporo dei reati di cui alla sentenza sub 1), individuando come pena base quella finale irrogata dalla medesima sentenza per tutti i fatti oggetto di contestazione. Pertanto, si duole che il riconoscimento della continuazione non sia avvenuto nel rispetto del criterio prescritto per la strutturazione del reato unitario, che richiede il previ scioglimento del cumulo eventualmente operato in sede di cognizione, l’individuazione del reato più grave che determina la pena base, e la quantificazione di autonomi aumenti per i reati satellite, che richiedono ciascuno una specifica motivazione, nella specie del tutto assente.
Si rimarca che gli immotivati aumenti per continuazione rispondono a criteri disomogenei e sperequati posto che l’aumento di pena di anni 2 e mesi 8 di
reclusione previsto per la concussione di cui alla sentenza sub 2) si appalesa irragionevolmente difforme e sproporzioNOME non solo in raffronto con gli aumenti di pena applicati per i restanti reati giudicati dalla medesima sentenza, ma anche con l’incremento praticato per l’analoga fattispecie di cui all’art. 317 cod. pen. contestato con la sentenza sub 1).
Il Procuratore Generale, AVV_NOTAIO, intervenuto con requisitoria scritta, ha chiesto l’annullamento con rinvio dell’ordinanza impugnata.
CONSIDERATO IN DIRITTO
L’impugnazione è fondata.
Effettivamente il Giudice dell’esecuzione non ha operato il previo “scorporo” dei cumuli giuridici già riconosciuti in sede di cognizione, trascurando principi già enunciati da questa Corte di legittimità.
Invero, la rideterminazione della pena finale per il reato continuato riconosciuto in sede esecutiva – ove risultasse necessario – deve effettuarsi con una previa operazione di scioglimento del cumulo, qualora esso sia stato già riconosciuto per alcuni dei reati da unificare, onde procedere ad individuare tra tutti il reato più grave, la cui pena porre a base del cumulo, e quelli satellite, per quali determinare i singoli aumenti per la continuazione. In tali termini si è espressa questa Corte di legittimità: «Il giudice dell’esecuzione che debba procedere alla rideterminazione della pena per la continuazione tra reati separatamente giudicati con sentenze, ciascuna delle quali per più violazioni già unificate a norma dell’art. 81 cod. pen., deve dapprima scorporare tutti i reati che il giudice della cognizione abbia riunito in continuazione, individuare quello più grave e solo successivamente, sulla pena come determinata per quest’ultimo dal giudice della cognizione, operare autonomi aumenti per i reati satellite, compresi quelli già riuniti in continuazione con il reato posto a base del nuovo computo» (Sez. 1, n. 38244 del 13/10/2010, Conte, Rv. 248299; Sez. 5, n. 8436 del 27/09/2013, dep. 2014, COGNOME, Rv. 259030; Sez. 1, n. 21424 del 19/03/2019, Scanferla, Rv. 275845).
Tale modus procedendi consente infatti una ordinata ricostruzione del cumulo giuridico ed una razionale graduazione delle sanzioni, con particolare riguardo ai reati satellite, i cui segmenti di pena vanno armonizzati in relazione alla loro gravità, come riconosciuta in sede di cognizione, cosicché per reati accomunati da profili analoghi e dunque trattati in termini quantitativamente
omogenei non siano introdotte sperequazioni sanzioNOMErie in sede esecutiva, e comunque esse siano motivate in modo specifico.
Anche su tale profilo, vi sono precise indicazioni dell’esegesi di legittimità, che hanno condotto all’elaborazione del principio di diritto per cui: «Nel procedere alla rideterminazione della pena per la continuazione tra reati separatamente giudicati, il giudice dell’esecuzione deve dare conto con adeguata motivazione dei singoli aumenti qualora essi risultino significativi rispetto a quelli riconosciuti in sede d cognizione per reati satellite» (Sez. 1, n. 32870 del 10/06/2013, COGNOME, Rv. 257000; Sez. 1, n. 52531 del 19/09/2018, Mejri, Rv. 274548; Sez. 1, n. 17209 del 25/05/2020, Trisciuoglio, Rv. 279316). Da ultimo, a suggello dei criteri che si sono illustrati, è intervenuto il massimo consesso di legittimità, affermando che «In tema di reato continuato, il giudice, nel determinare la pena complessiva, oltre ad individuare il reato più grave e stabilire la pena base, deve anche calcolare e motivare l’aumento di pena in modo distinto per ciascuno dei reati satellite» (Sez. U, n. 47127 del 24/06/2021, Pizzone, Rv. 282269). In questa pronuncia, la Corte ha precisato che il grado di impegno motivazionale richiesto in ordine ai singoli aumenti di pena è correlato all’entità degli stessi e tale da consentire di verificare che sia stato rispettato il rapporto di proporzione tra le pene, anche in relazione agli altri illeciti accertati, che risultino rispettati i limiti previsti dall’ar pen. e che non si sia operato surrettiziamente un cumulo materiale di pene.
Nel caso di specie, quindi, non risulta che la rideterminazione della pena a seguito del riconoscimento del beneficio de quo sia stato operato in modo corretto, con la conseguenza che il ricorso deve ritenersi fondato.
All’accoglimento del ricorso segue l’annullamento del provvedimento AZ2-13impugNOME con rinvio a disnms~g(13 Corte di appello di Milano per nuovo esame .4,2-,
P.Q.M.
Annulla l’ordinanza impugnata con rinvio per nuovo giudizio alla Corte di appello di Milano.
Così deciso in Roma, il 17 novembre 2023.