Sentenza di Cassazione Penale Sez. 1 Num. 10041 Anno 2025
Penale Sent. Sez. 1 Num. 10041 Anno 2025
Presidente: COGNOME
Relatore: COGNOME
Data Udienza: 21/11/2024
SENTENZA
sul ricorso proposto da NOME NOMECOGNOME nato a Siracusa il 5/11/1988
avverso la sentenza della Corte d’assise d’appello di Catania del 18/7/2024
visti gli atti, il provvedimento impugnato e il ricorso; udita la relazione svolta dal consigliere NOME COGNOME letta la requisitoria del Pubblico Ministero, in persona del Sostituto Procuratore generale NOME COGNOME che ha chiesto la declaratoria di inammissibilità del ricorso;
RITENUTO IN FATTO
Con ordinanza resa in data 18.7.2024, la Corte d’Assise d’Appello di Catania, a seguito di annullamento da parte della Quinta Sezione della Corte di Cassazione che escludeva la recidiva applicata con la sentenza di condanna di GRECO Davide dell’11.10.2023 per i reati di omicidio nonché di detenzione e porto di arma comuna da sparo, ha deciso in sede di rinvio sulla conseguente rideterminazione del trattamento sanzionatorio.
La Corte territoriale ha premesso che, contrariamente a quanto affermato dalla difesa nelle sue conclusioni, la sentenza annullata partiva da una pena base di ventiquattro anni di reclusione, poi aumentata fino a trenta anni per la recidiva, e dava altresì atto che l’aumento di tre anni per la continuazione con i reati in materia di armi non poteva essere applicata in concreto per il divieto di superamento dei limiti di cui agli artt. 64 e 78 cod. pen.
Giacché la Corte di Cassazione ha solo escluso la recidiva (e, del resto, il precedente ricorso riguardava solo la recidiva), i giudici del rinvio hanno ritenuto che siano coperte da giudicato sia la statuizione relativa all’omicidio, sia quella relativa alle armi, e, di conseguenza, hanno rideterminato la pena in complessivi venti sette anni di reclusione: ventiquattro anni per l’omicidio, aumentati di tre anni in continuazione per i reati in materia di armi.
Avverso tale sentenza, ha proposto ricorso il difensore dell’imputato, articolando un unico motivo, con il quale deduce violazione di legge e vizio di motivazione in ordine alla quantificazione della pena.
Il ricorso evidenzia che, nella sentenza annullata con rinvio, COGNOME era stato condannato alla pena di trenta anni di reclusione, così determinata: pena base di anni ventuno; aumentata per la continuazione ad anni ventiquattro; aumentata ad anni trenta per la recidiva reiterata, specifica e infraquinquennale, in ragione dei limiti di cui agli artt. 64, comma secondo, e 78, comma primo, n. 1) cod. pen.
La sentenza rescindente aveva escluso la recidiva e aveva rinviato ai soli fini della rideterminazione del trattamento sanzionatorio, ma la sentenza rescissoria è partita invece dalla pena base di ventiquattro anni.
Con requisitoria scritta del 31.10.2024, il Sostituto Procuratore generale ha chiesto dichiararsi il ricorso inammissibile, rilevando che l’assunto difensivo non trova alcun aggancio nella precedente sentenza della Corte di Assise d’Appello di Catania emessa in data 11.10.2023.
CONSIDERATO IN DIRITTO
Il motivo di ricorso è manifestamente infondato.
Le doglianze del ricorrente, infatti, non trovano alcun riscontro nella parte in cui ambiscono a ricostruire il percorso seguito dai giudici nelle sentenze di merito in ordine alla quantificazione della pena inflitta a COGNOME Davide.
La sentenza della Corte d’Assise di Appello di Catania del 20.1.2022, poi annullata con rinvio dalla Prima Sezione di questa Corte con riguardo ai motivi abietti ascritti a COGNOME aveva richiamato il trattamento sanzionatorio riservato in primo grado dalla Corte d’Assise di Siracusa all’imputato, che era stato condannato
all’ergastolo per omicidio aggravato dai motivi abietti; per la detenzione e il porto d’arma da fuoco era stata poi fissata in continuazione la pena di tre anni di reclusione, ma si trattava di pena tale da non superare la soglia di cinque anni prevista dall’art. 72, comma secondo, cod. pen., e, quindi, da non comportare l’ergastolo con isolamento diurno. Né nella sentenza di secondo grado del 20.1.2022, né nella sentenza di primo grado della Corte d’Assise di Siracusa, si faceva invece menzione della recidiva reiterata e infraquinquennale.
La seconda sentenza della Corte d’Assise di Appello di Catania dell’11.10.20 23, pronunciata a seguito del primo annullamento con rinvio, affermava, esclusa la circostanza dei motivi abietti e coperto da giudicato il diniego delle attenuanti generiche, che la recidiva non era mai stata esclusa dalle precedenti sentenze e che comunq ue non c’era ragione di escluderla, in quanto indicativa (a ragione dei numerosi e variegati e gravi precedenti) ‘del sempre più ingravescente percorso criminale del Greco e. dunque, di una sua maggiore colpevolezza e pericolosità’.
Di conseguenza, la pronuncia in questione fissava la pena base di ventiquattro anni di reclusione per l’omicidio, aumentata per la recidiva reiterata, specifica ed infraquinquennale a trenta anni di reclusione (in concreto, infatti, l’aumento di due terzi non può portare al superamento dei trenta anni, in forza del disposto di cui all’art. 64, comma secondo, e 78, comma 1, n. 1, cod. pen.). Non potendo la pena complessiva superare i trenta anni di reclusione in caso di concorso di reati comportanti pena detentiva temporanea, la pena applicabile in concreto restava quella di trent’anni di reclusione, nonostante la ulteriore pena di tre anni inflitta a titolo di continuazione per i reati in materia di armi.
Se è così, la sentenza oggi impugnata, pronunciata a seguito del secondo annullamento con rinvio da parte della Quinta Sezione di questa Corte, ricostruisce correttamente il procedimento della pena seguito dalla sentenza annullata dell’11.10.2023 e altrettanto correttamente si limita, a seguito dell’esclusione della recidiva qualificata, a rideterminare il trattamento sanzionatorio, per il tramite della mera eliminazione dell’aumento di pena che era stato stabilito per la detta recidiva.
Non solo, ma la Corte d’Assise d’Appello prende espressamente in considerazione, in quanto già proposta in sede di conclusioni del giudizio di rinvio, la questione della individuazione della pena base, spiegando con dovizia di particolari che quella di ventiquattro anni di reclusione era la pena base per il più grave reato di omicidio volontario e non certo, come sostenuto dalla difesa dell’imputato, la pena finale derivante dalla somma della pena per l’omicidio e della pena fissata in aumento per la continuazione.
Ciò nonostante, il ricorso reitera questa prospettazione, già specificamente disattesa in modo appropriato dalla sentenza impugnata, contrastandolo per il tramite, non della confutazione mirata delle argomentazioni in virtù delle quali non era stata fatta propria dalla Corte d’Assise d’Appello, bensì della pedissequa riproposizione di un dato di fatto errato e già smentito delle sentenze di merito, ovvero che la pena base fosse di ventuno anziché di ventiquattro anni di reclusione.
Il ricorso, pertanto, deve essere dichiarato inammissibile per manifesta infondatezza, in quanto muove al provvedimento impugnato una critica inequivocabilmente contrastata dagli atti processuali ab initio nella disponibilità della parte ricorrente.
Consegue la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di euro tremila in favore della Cassa delle ammende.
P.Q.M.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di euro tremila in favore della Cassa delle ammende.
Così deciso il 21.11.2024