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Rideterminazione della pena: la Cassazione decide

La Corte di Cassazione dichiara inammissibile il ricorso di un imputato contro la rideterminazione della pena per omicidio. La Corte ha stabilito che il calcolo della pena, a seguito dell’esclusione della recidiva, era stato correttamente eseguito partendo dalla base di 24 anni, come risultava dalle sentenze precedenti, e non di 21 anni come erroneamente sostenuto dalla difesa.

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Pubblicato il 17 settembre 2025 in Diritto Penale, Giurisprudenza Penale, Procedura Penale

Rideterminazione della pena: I Criteri della Cassazione

La Corte di Cassazione, con una recente sentenza, è tornata a pronunciarsi sui criteri che governano la rideterminazione della pena a seguito di un annullamento parziale di una precedente condanna. Il caso in esame offre importanti spunti di riflessione su come i giudici devono procedere quando, esclusa un’aggravante come la recidiva, sono chiamati a ricalcolare la sanzione finale.

I Fatti del Processo

La vicenda processuale ha origine dalla condanna di un individuo per i reati di omicidio e detenzione e porto di arma da fuoco. Inizialmente, la pena era stata calcolata tenendo conto di diverse circostanze, tra cui la recidiva qualificata. Successivamente, la Corte di Cassazione, in un primo giudizio, aveva annullato la sentenza di condanna limitatamente all’applicazione della recidiva, rinviando il caso alla Corte d’Assise d’Appello per un nuovo calcolo della pena.

La Corte d’Appello, in sede di rinvio, ha quindi proceduto alla rideterminazione della pena. Ha preso come punto di partenza una pena base di ventiquattro anni di reclusione per il reato di omicidio e ha aggiunto tre anni per la continuazione con i reati in materia di armi, giungendo a una pena complessiva di ventisette anni di reclusione.

Il Ricorso e i principi sulla Rideterminazione della Pena

L’imputato, tramite il suo difensore, ha presentato un nuovo ricorso in Cassazione, contestando la correttezza del calcolo effettuato dalla Corte d’Appello. Secondo la difesa, la pena base da cui partire per il nuovo calcolo non doveva essere di ventiquattro anni, bensì di ventuno. Questa diversa interpretazione avrebbe ovviamente portato a una pena finale inferiore.
Il ricorrente sosteneva che la pena di ventiquattro anni, indicata nella precedente sentenza, fosse già il risultato di un aumento per la continuazione, e non la pena base per il solo omicidio.

Le Motivazioni della Decisione

La Suprema Corte ha dichiarato il ricorso manifestamente infondato e, quindi, inammissibile. I giudici hanno chiarito che l’argomentazione della difesa era basata su una ricostruzione errata e palesemente contraddetta dagli atti processuali. La Corte ha attentamente riesaminato le precedenti sentenze di merito, evidenziando come la pena base per il reato più grave (l’omicidio) fosse stata fin da subito fissata in ventiquattro anni.
La sentenza impugnata, pertanto, si era limitata a eliminare l’aumento di pena precedentemente applicato per la recidiva, ricalcolando correttamente la sanzione finale partendo da una base di calcolo ormai coperta da giudicato, ovvero non più discutibile. La Cassazione ha ribadito un principio fondamentale: un ricorso è inammissibile quando si fonda sulla riproposizione di un dato di fatto errato e già smentito in modo appropriato nelle precedenti fasi del giudizio.

Conclusioni

La decisione in commento consolida l’orientamento secondo cui la rideterminazione della pena deve avvenire nel rigoroso rispetto delle parti della sentenza non annullate e divenute definitive. Non è possibile, in sede di rinvio, rimettere in discussione elementi del calcolo della pena già cristallizzati e non oggetto del precedente annullamento. Questo principio garantisce la certezza del diritto e impedisce che il processo regredisca a fasi già superate, confermando che i ricorsi basati su presupposti fattuali inesistenti o palesemente smentiti dagli atti non possono trovare accoglimento.

Quando la Corte di Cassazione annulla una parte della sentenza, come viene ricalcolata la pena?
La pena viene ricalcolata dal giudice del rinvio (in questo caso, la Corte d’Assise d’Appello) basandosi esclusivamente sulle parti della sentenza che non sono state annullate e che sono quindi diventate definitive. Il giudice si limita a eliminare gli effetti della parte annullata (in questo caso, l’aumento per la recidiva) e a determinare la nuova pena finale.

Perché il ricorso dell’imputato è stato dichiarato inammissibile?
Il ricorso è stato dichiarato inammissibile perché basato su una “manifesta infondatezza”. La difesa sosteneva che la pena base fosse di 21 anni, ma questa affermazione era inequivocabilmente contraddetta dalle precedenti sentenze, che avevano chiaramente stabilito una pena base di 24 anni. Il ricorso, quindi, non presentava argomenti validi ma si limitava a riproporre una tesi già smentita.

Cosa significa che un elemento della sentenza è “coperto da giudicato”?
Significa che quell’elemento della decisione è diventato definitivo e non può più essere messo in discussione o modificato nei successivi gradi di giudizio. Nel caso specifico, la statuizione relativa alla pena base di 24 anni per l’omicidio era coperta da giudicato e, pertanto, la Corte d’Appello doveva necessariamente partire da quella per il nuovo calcolo.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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