Sentenza di Cassazione Penale Sez. 2 Num. 23455 Anno 2024
Penale Sent. Sez. 2 Num. 23455 Anno 2024
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME NOME
Data Udienza: 12/04/2024
SENTENZA
sui ricorsi proposti da: COGNOME NOME nato a ROMA il DATA_NASCITA COGNOME nato a PEC( JUGOSLAVIA) il DATA_NASCITA
avverso la sentenza del 11/09/2023 della CORTE APPELLO di ROMA
visti gli atti, il provvedimento impugnato e il ricorso; udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME; udito il Pubblico Ministero, in persona del Sostituto Procuratore NOME COGNOME che ha concluso chiedendo che i ricorsi vengano rigettati;
udite le conclusioni del difensore di COGNOME NOME, AVV_NOTAIO, che ha insistito per l’accoglimento dei motivi di ricorso;
lette le conclusioni del difensore di NOME, AVV_NOTAIO, che ha chiesto che la sentenza impugnata venga annullata con o senza rinvio, con ogni conseguente statuizione.
RITENUTO IN FATTO
La Corte di appello di Roma, ad esito dell’annullamento con rinvio disposto con sentenza n. 8805 del 06/11/2019 della Sesta sezione penale della Corte di cassazione nei confronti di COGNOME NOME e COGNOME NOME quanto al trattamento sanzionatorio, ha rideterminato la pena inflitta con sentenza del Tribunale ordinario di Roma:- per il NOME in anni otto e mesi sei di reclusione (in relazione ai capi d) ed e) in mesi sei di reclusione, tenuto conto della pena di anni otto di reclusione già inflitta per il reato di cui al capo a), previo riconoscimento delle attenuanti generiche); – per il COGNOME in anni sette di reclusione ed euro 40.000,00 di multa per il reato di cui al capo e) con le già riconosciute circostanze attenuanti generiche equivalenti alle circostanze aggravanti.
Avverso la predetta sentenza hanno proposto ricorso il COGNOME e il COGNOME, proponendo motivi di ricorso sostanzialmente sovrapponibili, che qui si riportano nei limiti strettamente necessari per la motivazione ai sensi dell’art. 173 disp. att. cod. proc. pen.
Ricorso COGNOME. Inosservanza ed erronea applicazione dell’art. 624, 627 cod. proc. pen. in relazione all’art. 133 cod.proc.pen, nonché vizio della motivazione perché mancante, contraddittoria o gravemente illogica. La Corte di appello nel rideterminare la pena ha irrogato una pena detentiva eccessiva, violando le regole del giudicato progressivo ai sensi dell’art. 624 cod. proc. pen., oltre che del devoluto in sede di rinvio ai sensi dell’art. 627 cod. proc. pen. in relazione all’art. 133 cod. pen. Difatti, tenuto conto della sentenza della Corte costituzionale n. 40 del 2019 e della nuova cornice di riferimento, la Corte di appello ha determinato la pena in misura superiore di un anno al minimo edittale, esattamente come aveva già fatto la Corte di appello nel corso del primo giudizio. Nella prospettazione difensiva, la scelta della Corte di appello, non tenendo effettivamente conto nella scelta della pena, del giudizio devoluto, realizzava una reformatio in pejus, atteso che l’aumento di un anno sulla pena base di sei anni appare maggiormente afflittivo rispetto all’aumento (nella stessa misura ma su pena base maggiore) realizzato dalla Corte di appello nel giudizio ante annullamento della Corte di cassazione, tra l’altro con un passaggio motivazionale da censurare perché incidente sul giudicato già formatosi sulla responsabilità, proprio in relazione agli elementi citati ai sensi dell’art. 133 cod. pen. avendo richiamato per la prima volta,
quale elemento di portata risolutiva la contiguità con organizzazione criminale, con ciò realizzando una inammissibile valutazione nel merito.
Ricorso COGNOME. Inosservanza ed erronea applicazione dell’art. 624, 627 cod. proc. pen. in relazione all’art. 133 cod.proc.pen, nonché vizio della motivazione perché mancante, contraddittoria o gravemente illogica. La Corte di appello nel rideterminare la pena irrogava una pena detentiva eccessiva, violando le regole del giudicato progressivo ai sensi dell’art. 624 cod. proc. pen. e del devoluto in sede di rinvio ai sensi dell’art. 627 cod. proc. pen. in relazione all’art. 133 cod. pen. Difatti, tenuto conto della sentenza della Corte costituzionale n. 40 del 2019 e della nuova cornice di riferimento, la Corte di appello aveva determinato la pena in misura superiore di un anno al minimo edittale, esattamente come aveva già fatto la Corte di appello nel corso del primo giudizio. Richiamate le valutazioni rese dalla Corte di appello ai sensi dell’art. 133 cod. pen. (con particolare riferimento al dato ponderale ed alla contiguità ad associazione criminale), la difesa ha ritenuto in violazione del divieto di reformatio in peiius. Si è osservato che se è vero che la rideterminazione della pena non può risolversi in un aumento caratterizzato da un criterio proporzionale di tipo aritmetico, tuttavia non può risolversi in un aumento in misura proporzionalmente superiore a quanto effettuato nella sentenza antecedente alla dichiarazione di incostituzionalità della norma imputata al ricorrente. Si è, inoltre, osservato che il passaggio motivazionale relativo alla contiguità con organizzazione criminale si mostra contraddittorio con il giudicato sulla responsabilità a seguito della sentenza della Corte di appello del 14/09/2018, violando il principio del giudicato progressivo e del devoluto a seguito di annullamento con rinvio.
Il Procuratore generale ha concluso chiedendo il rigetto dei ricorsi.
CONSIDERATO IN DIRITTO
I motivi proposti, che possono essere trattati congiuntamente, avendo proposto le difese lo stesso tema in correlazione alla pena rideterminata per ciascun ricorrente, sono manifestamente infondati.
Questa Corte ha affermato, con principio che qui si intende ribadire, che in tema di stupefacenti, il giudice di rinvio che, in fase esecutiva, procede alla rideterminazione della pena in applicazione della disciplina più favorevole
determinatasi per effetto della sentenza della Corte costituzionale deve tenere conto dei parametri di cui all’art. 133 cod. pen. e rivalutarli in relazione ai nuovi limiti edittali, con il solo vincolo del divieto di sovvertire il giudizio d disvalore espresso dal precedente giudice, senza dover seguire un criterio proporzionale di tipo aritmetico correlato alla pena calcolata prima della declaratoria di incostituzionalità (Sez. 5, n. 42229 del 16/09/2021, Scaringella, Rv. 282093-01). Nel caso in esame non si riscontra alcuna refomatio in peius, attesa l’evidente riduzione della pena per i reati satellite quanto alla posizione del primo ricorrente e la applicazione di una pena superiore al minimo edittale, ma in modo del tutto compatibile con i diversi limiti edittali richiamati dalla sentenza di annullamento, compiutamente applicati dal giudice in sede di rinvio richiamando i parametri di cui all’art. 133 cod. pen. Con tale concreta scelta sanzionatoria i ricorrenti non si confrontano realmente, richiamando elementi eccentrici (ovvero la valutazione originariamente realizzata nel precedente giudizio, messa in comparazione con la nuova, in mancanza di elementi di effettiva discrasia e illegittimità nella nuova determinazione della pena), rispetto alla nuova valutazione compiuta in assenza di violazione di legge o di qualsiasi profilo di irragionevolezza dalla Corte di appello in sede di rinvio. In tal senso, occorre ricordare che la graduazione della pena rientra nella discrezionalità del giudice di merito, che la esercita, così come per fissare la pena base, in aderenza ai principi enunciati negli artt. 132 e 133 cod. pen., sicché è inammissibile la censura che, nel giudizio di cassazione, miri ad una nuova valutazione della congruità della pena la cui determinazione non sia frutto di mero arbitrio o di ragionamento illogico e sia sorretta da sufficiente motivazione. (Sez. 2, n. 17347 del 26/01/2021, COGNOME NOME, Rv. 281217-01, in motivazione). Il giudice, dunque, nel realizzare il giudizio di determinazione della pena “non è tenuto ad una analitica enunciazione di tutti gli elementi presi in considerazione, ma può limitarsi alla sola enunciazione di quelli determinanti per la soluzione adottata, la quale è insindacabile in sede di legittimità qualora sia immune da vizi logici di ragionamento”. (Sez. 3, n. 6877 del 26/10/2016, S., Rv. 26919601, Sez. 5, n. del 30/09/2013, COGNOME, Rv. 259142-01, Sez. 3, n. 1182 del 17/10/2007, Cilia, Rv. 238851-01). L’obbligo di rimodulazione della pena nell’ambito della nuova cornice edittale “rivissuta” è stato correttamente realizzato dalla Corte di appello, utilizzando gli ordinari criteri previsti dall’art. 133 cod. pen., senza che si possa ritenere che il giudice sia tenuto a seguire un criterio proporzionale di tipo aritmetico correlato alla pena calcolata prima della declaratoria di incostituzionalità, facendo “vivere”, così, nelle singole Corte di Cassazione – copia non ufficiale
fattispecie applicative, il percorso interpretativo più profondo delle sentenze delle Sezioni Unite “COGNOME” e “COGNOME” (Sez. U, n. 33040 del 26/2/2015, COGNOME, Rv. 264205-01; Sez. U, n. 37107 del 26/2/2015, COGNOME, Rv. 264857), sia nel caso di pena che sia illegale poiché superiore ai limiti edittali previsti dalla normativa oggetto di reviviscenza, sia nel caso in cui la pena concretamente inflitta sia compresa entro i limiti edittali appena indicati (Sez. 3, n. 36357 del 19/5/2015, COGNOME, Rv. 264880-01 e Sez. 2, n. 29431 del 8/5/2018, COGNOME, Rv. 273809-01).
I ricorsi devono in conclusione essere dichiarati inammissibili con condanna dei ricorrenti, ex art. 616 cod. proc. pen., al pagamento delle spese processuali e della somma di euro tremila ciascuno, ritenuta equa, in favore della cassa delle ammende.
P.Q.M.
Dichiara inammissibili i ricorsi e condanna i ricorrenti al pagamento delle spese processuali e della somma di euro tremila in favore della cassa delle ammende.
Così deciso il 12 aprile 2024.