Sentenza di Cassazione Penale Sez. 2 Num. 44307 Anno 2024
In nome del Popolo Italiano
Penale Sent. Sez. 2 Num. 44307 Anno 2024
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME
Data Udienza: 20/11/2024
SECONDA SEZIONE PENALE
– Presidente –
NOME COGNOME NOME COGNOME NOME COGNOME
– Relatore –
SENTENZA
sul ricorso proposto nell’interesse di COGNOME NOMECOGNOME nato a Napoli il 29/08/1977
avverso la sentenza del 19/03/2024 della Corte di Appello di Napoli visti gli atti, il provvedimento impugnato e il ricorso; udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME
lette le richieste del Sostituto Procuratore generale NOME COGNOME che ha concluso chiedendo che il ricorso venga dichiarato inammissibile.
RITENUTO IN FATTO
Con la sentenza impugnata, la Corte di appello di Napoli, quale giudice del rinvio, in parziale riforma della pronuncia emessa in data 25 novembre 2021 dal Giudice dell’udienza preliminare del Tribunale di Napoli, per quanto qui rileva, ha rideterminato la pena inflitta a NOME COGNOME per il reato di cui agli artt. 56 e 110 cod. pen. e 73, d.P.R. 9 ottobre 1990, n. 309.
Ha proposto ricorso per cassazione, a mezzo del proprio difensore, deducendo, con un unico articolato motivo, la violazione di legge in relazione all’art. 80 d.P.R. n. 390/1990 e agli artt. 56 e 133 cod. pen., nonchØ il vizio di motivazione.
In primo luogo, non sarebbe stata esclusa l’aggravante speciale, come invece disposto dalla Corte di cassazione in sede di annullamento, dal momento che la condotta del ricorrente avrebbe avuto per oggetto solo una parte del consistente quantitativo detenuto dal còrreo COGNOME.
Sarebbe, inoltre, stato violato il divieto di reformatio in peius e mancherebbe la motivazione in merito alla mancata rideterminazione del trattamento sanzionatorio nel minimo edittale, come pure prescritto dalla sentenza di annullamento. Infatti, nonostante tale indicazione cogente, nella sentenza impugnata, la dosimetria, muovendo dal minimo edittale per la fattispecie consumata, operava una riduzione ex art. 56 cod. pen. soltanto di un terzo.
Si Ł proceduto con trattazione scritta, ai sensi dell’art. 23, comma 8, decreto-legge 28 ottobre 2020, n. 137, convertito nella legge 18 dicembre 2020, n. 176 (applicabile in forza di quanto disposto dall’art. 94, comma 2, decreto legislativo 10 ottobre 2022, n. 150, come modificato, da ultimo, dall’art. 11, comma 7, decreto-legge 30 dicembre 2023, n. 215, convertito con modificazioni dalla legge 23 febbraio 2024, n. 18).
CONSIDERATO IN DIRITTO
Il ricorso Ł inammissibile, perchØ articolato su censure manifestamente infondate.
La Sesta Sezione di questa Corte, con sentenza n. 45890 del 26/09/2023, per quanto attiene alla posizione di NOME COGNOME ferma l’inammissibilità delle ulteriori doglianze (anche inerenti il trattamento sanzionatorio), ha accolto unicamente il motivo di ricorso concernente l’aggravante dell’ingente quantità, annullando conseguentemente con rinvio la sentenza di appello «limitatamente alla pena applicata , non disponendosi in questa sede di sicuri parametri per procedere alla rideterminazione, anche in ragione del non chiaro riferimento della Corte alla determinazione di una pena base pari al minimo edittale a fronte di un’ipotesi di delitto tentato».
La devoluzione al giudice del rinvio, con ogni evidenza e al contrario di quanto dedotto dal ricorrente, era limitata a un nuovo computo della pena – non potendo il giudice di legittimità procedere ex art. 620, lett. l) , cod. proc. pen., poichØ erano indispensabili apprezzamenti di merito con l’unico vincolo consistente nell’espunzione della circostanza di cui all’art. 80, comma 2, d.P.R. 309/1990. In particolare, nessuna indicazione era espressa in merito alla consistenza della nuova pena o al suo necessario appiattimento sulla soglia inferiore della forbice edittale.
Nel nuovo giudizio di secondo grado, la Corte territoriale, espressamente muovendosi entro questo perimetro cognitivo, ha argomentatamente indicato la nuova dosimetria:
pena base su cui poi computare la riduzione per il delitto tentato: sei anni di reclusione (minimo di legge) ed euro 45.000 di multa (prossima ai minimi di legge, data la previsione normativa di una multa da euro 26.000 a euro 260.000);
riduzione di un terzo ex art. 56 cod. pen.;
riduzione di un terzo per la diminuente del rito.
In primo luogo, emerge nitidamente da tal computo come non sia stata applicata alcuna circostanza aggravante.
In secondo luogo, i giudici di appello ottemperano appieno al proprio obbligo motivazionale, chiarendo che il trattamento sanzionatorio – peraltro, tutt’altro che particolarmente severo, nel complesso, rispetto alle astratte previsioni di legge – era determinato dalla gravità della condotta (intermediazione per l’acquisto di una quantità sicuramente significativa di cocaina proveniente dall’estero, entrando in contatto con soggetti di spiccata caratura criminale, con cui dimostrava di avere consuetudine di rapporti) e dai precedenti penali, anche per reati gravi, che confermavano la personalità incline a delinquere. La dosimetria, anche in relazione alla diminuzione per il tentativo, Ł, dunque, congruamente illustrata.
Peraltro, secondo il consolidato orientamento di questa Corte, nel caso in cui venga irrogata una pena molto al di sotto della media edittale, l’obbligo motivazionale si attenua: sarebbe persino sufficiente il richiamo al criterio di adeguatezza della pena o che si dia conto dell’impiego dei criteri di cui all’art. 133 cod. pen., anche solo con espressioni del tipo: ‘pena congrua’, ‘pena equa’ o ‘congruo aumento’, come pure con il riferimento alla gravità del reato o alla capacità a delinquere;
resterebbe, invece, necessaria una specifica e dettagliata spiegazione del ragionamento seguito soltanto quando la pena sia di gran lunga superiore alla misura media di quella edittale (Sez. 3, n. 29968 del 22/02/2019, COGNOME, Rv. 276288; Sez. 2, n. 36104 del 27/04/2017, COGNOME, Rv. 271243; Sez. 4, n. 46412 del 05/11/2015, COGNOME, Rv. 265283).
Il ricorso deve pertanto essere dichiarato inammissibile.
Ai sensi dell’art. 616 cod. proc. pen., il ricorrente deve essere condannato al pagamento delle spese processuali e, a titolo di sanzione pecuniaria, di una somma in favore della Cassa delle ammende, da liquidarsi equitativamente, valutati i profili di colpa emergenti dall’impugnazione (Corte cost., 13 giugno 2000, n. 186), nella misura indicata in dispositivo.
P.Q.M.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di euro tremila in favore della cassa delle ammende.
Così Ł deciso, 20/11/2024
Il Consigliere estensore NOME COGNOME
Il Presidente NOME COGNOME