Sentenza di Cassazione Penale Sez. 1 Num. 35796 Anno 2024
Penale Sent. Sez. 1 Num. 35796 Anno 2024
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: NOME COGNOME
Data Udienza: 05/06/2024
SENTENZA
sul ricorso proposto da:
COGNOME NOME nato a CANOSA DI PUGLIA il DATA_NASCITA
avverso la sentenza del 15/05/2023 della CORTE APPELLO di BARI
visti gli atti, il provvedimento impugnato e il ricorso; udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME; ha chiesto dichiararsi inammissibile il ricorso
letta la requisitoria del AVV_NOTAIO generale NOME AVV_NOTAIO, che
RITENUTO IN FATTO
Con sentenza del 29/11/2021, il Tribunale di Trani in composizione monocratica ha dichiarato NOME COGNOME responsabile del reato di cui all’art. 75 d.lgs. 06 settembre 2011, n. 159, per aver ripetutamente violato le prescrizioni del decreto n. 39/2014 emesso a suo carico, relativo alla sorveglianza speciale con obbligo di soggiorno nel Comune di Minervino Murge; per l’effetto – riconosciute le circostanze attenuanti generiche, computate con il criterio della equivalenza rispetto alla contestata recidiva e operato l’aumento a titolo di continuazione – il Tribunale ha condannato l’imputato alla pena di anni uno e mesi uno di reclusione, oltre che al pagamento delle spese processuali, ordinando anche la confisca e distruzione del telefono in sequestro.
Con la sentenza indicata in epigrafe, la Corte di appello di Bari ha riformato la sentenza appellata, riqualificando ex art. 650 cod. pen. la contestata violazione dell’obbligo di portare con sé la carta precettiva e, per l’effetto, h dichiarato estinta per intervenuta prescrizione tale porzione dell’imputazione; nel resto, la Corte territoriale ha confermato la pronuncia gravata.
Ricorre per cassazione NOME COGNOME, a mezzo dell’AVV_NOTAIO, deducendo due motivi, che vengono di seguito riassunti entro i limiti strettamente necessari per la motivazione, ai sensi dell’art. 173 disp. att. cod. proc. pen.
3.1. Con il primo motivo, viene denunciata violazione dell’art. 606, comma 1, lett. e) cod. proc. pen., per mancanza, contraddittorietà e/o manifesta illogicità della motivazione, mediante la quale è stato disatteso l’appello in punto di penale responsabilità.
È costituzionalmente illegittima la norma contestata, nella parte in cui include anche i telefoni cellulari, nel novero degli apparati di comunicazione ricetrasmittente dei quali è consentito limitare l’utilizzo, in sede di applicazion della misura di prevenzione. Nel caso di specie, il provvedimento del Tribunale di Trani del 23/06/2014 prevedeva – fra le altre prescrizioni – quella di non detenere né telefoni cellulari, né altri apparati radioelettrici di comunicazione, senza che venisse fornita, però, una adeguata motivazione sul punto.
3.2. Con il secondo motivo, viene denunciata violazione dell’art. 606 comma 1 lett. b) cod. proc. pen., in quanto il Giudice – una volta dichiarata estinta una delle contestate violazioni – avrebbe dovuto almeno procedere a una rideterminazione migliorativa del trattamento sanzionatorio.
Il AVV_NOTAIO generale ha chiesto dichiararsi la inammissibilità del ricorso.
CONSIDERATO IN DIRITTO
Il ricorso è fondato, limitatamente al motivo inerente al trattamento sanzionatorio, che viene rideterminato come in dispositivo; infondata è, al contrario, la ulteriore doglianza.
Integrando quanto già chiarito in parte narrativa, può precisarsi come il COGNOME sia stato condannato, in primo grado, per la violazione dell’art. 75 d.lgs. 06 settembre 2022, n. 159, declinata secondo plurime modalità; nel corso del giudizio di appello, una delle prescrizioni che gli erano state contestate, ossia quella di portare con sé la carta precettiva, è stata riqualificata ai sensi dell’a 650 cod. pen. e – venendo in rilievo, in tal modo, una contravvenzione – è stata dichiarata estinta per prescrizione. È stata invece confermata la pena per le residue contestazioni, contenute nell’unico capo di imputazione.
Con il primo motivo, la difesa sostiene anzitutto la illegittimità costituzionale della prescrizione, imposta in sede di decreto di sorveglianza speciale, di non detenere telefoni, all’uopo essenzialmente richiamando il dictum di Corte Costituzionale, sentenza n. 2 del 2023.
3.1. In tale pronuncia, il Giudice delle leggi ha sancito come la misura limitativa in argomento sia atta a incidere su diritti fondamentali, posto che l’utilizzo dei telefoni mobili o cellulari – stando all’interpretazione consolidata de giurisprudenza di legittimità – rientra nell’alveo delle attività umane riconducibi a tale parametro.
L’illegittimità della previsione legislativa di cui sopra, dunque, si annidava nella possibilità che tale limitazione venisse disposta non mediante atto motivato dell’autorità giudiziaria, bensì direttamente ad opera dell’autorità amministrativa, alla quale veniva così demandato un potere autonomo e discrezionale, privo persino della necessità di successiva comunicazione all’autorità giudiziaria. La Corte costituzionale ha peraltro ritenuto ininfluente, in punto di tenuta costituzionale, anche l’eventuale previsione di un riesame della prescrizione ad opera del Giudice, essendo invece rilevante – sotto il profilo della conformità alla riserva di giurisdizione costituzionalmente imposta – la titolarità del potere impositivo, consistente nella possibilità di decidere, in via diretta e definitiva, misura stessa.
3.2. Chiarita la sussistenza di una riserva giurisdizionale, in materia di limitazioni all’uso dei telefoni, giova altresì ricordare come questa Corte abbia ripetutamente precisato come non possa reputarsi integrato il modello legale ex art. 75 d.lgs. n. 159 del 2011, allorquando si riscontri la violazione del divieto d possedere o utilizzare telefoni cellulari, da parte del destinatario di un mero avviso orale del AVV_NOTAIO, emesso ai sensi dell’art. 3 d.lgs. citato; tale condotta, infatti non rientra – per effetto della succitata sentenza della Corte costituzionale n. 2 del 2023 – tra quelle sanzionabili, posto che il divieto può essere disposto, come già detto, solo con provvedimento dell’autorità giudiziaria (Sez. 1, n. 36865 del 04/07/2023, COGNOME, Rv. 285269 – 01; nello stesso senso, si veda Sez. 1, n. 9653 del 05/10/2023, dep. 2024, COGNOME, Rv. 285918 – 01).
3.3. Nel caso di specie, la questione di legittimità costituzionale posta dalla difesa – oltre che prospettata con argomentazioni apodittiche – risulta manifestamente infondata, per essere essa radicalmente confliggente proprio con quanto affermato dalla Corte costituzionale, nella sentenza n. 2 del 2023, laddove si chiarisce, come detto, l’esistenza di una riserva giurisdizionale in materia.
La prescrizione ora avversata dalla difesa, in definitiva, deve ritenersi legittimamente imposta, essendo stata adottata non dal AVV_NOTAIO in sede di avviso orale, bensì mediante il decreto n. 39 del 2014 del Tribunale di Trani.
3.5. La residua porzione della doglianza, ossia quella che deduce il difetto di motivazione del provvedimento del Tribunale di Trani del 23/06/2014, nella parte in cui era prevista – fra le altre prescrizioni – quella di non detenere n telefoni cellulari, né altri apparati radioelettrici di comunicazione, è assertiva generica, in quanto priva dell’indicazione degli specifici elementi di censura.
4. La seconda doglianza, invece, è fondata.
In primo grado, il ricorrente è stato condannato alla pena di anni uno e mesi uno di reclusione, essendo stato riconosciuto responsabile di più violazioni delle prescrizioni contenute nel decreto di sorveglianza speciale n. 39 del 2014 (in tale occasione, è stata stabilita la pena base di anni uno di reclusione per l’episodio risalente al 20 novembre 2014 ed è stato applicato, su tale pena, un aumento a titolo di continuazione pari a mesi uno, così giungendosi alla pena finale); in appello, come detto, una delle violazioni originariamente contestate è stata riqualificata ai sensi dell’art. 650 cod. pen. e, consequenzialmente, è stata dichiarata estinta per prescrizione. Secondo la difesa, dunque, sarebbe stato doveroso operare una rimodulazione in melius del trattamento sanzionatorio.
4.1. Questo Collegio, allora, ritiene di poter richiamare il principio di dirit fissato da Sez. 5, n. 31998 del 06/03/2018, Rossi, Rv. 273570 – 01, a mente della quale: «Viola il divieto di “reformatio in peius” la decisione del giudice di appello
che, in presenza di impugnazione del solo imputato avverso una sentenza di condanna pronunciata per più reati unificati dal vincolo della continuazione, pur dichiarando l’estinzione per prescrizione per taluno di essi, non diminuisce l’entità della pena originariamente inflitta» (sulla medesima direttrice ermeneutica, si sono posizionate Sez. 2, n. 6043 del 16/12/2021, dep. 2022, NOME, Rv. 282628 – 02, che ha precisato come, nel giudizio di appello, il divieto di riforma peggiorativa non attenga solo all’entità complessiva della pena, bensì al complesso degli elementi autonomi che concorrono alla determinazione della stessa e Sez. 6, n. 29659 del 11/05/2022, COGNOME, Rv. 283535 – 01, secondo la quale: «Incorre in violazione del divieto di “reformatio in peius” il giudice d’appello che, in presenza di impugnazione del solo imputato avverso una sentenza di condanna pronunciata per più reati unificati dal vincolo della continuazione, pur prosciogliendo l’imputato per taluno di essi, non diminuisca l’entità della pena originariamente inflitta in funzione “emendativa” sul presupposto che il giudice di primo grado, per le ulteriori imputazioni, erroneamente non aveva apportato alcun aumento di pena»).
4.2. Nella concreta fattispecie, ciascuno dei plurimi episodi violativi dell’unico decreto di sorveglianza speciale costituisce reato autonomo; in tal modo, infatti, li ha correttamente trattati la Corte territoriale, procedendo a riqualificazione soltanto di una delle contestate violazioni, poi dichiarata estinta per prescrizione.
4.3. Ritiene la Corte, quindi, che sia possibile procedere, in forza del disposto dell’art. 620, comma 1, lett. I), cod. proc. pen. – nella veste assunta grazie alla legge 23 giugno 2017, n. 103 – alla immediata rideterminazione del trattamento sanzionatorio, sulla base delle statuizioni assunte dal giudice di merito, così giungendosi a un esito di annullamento senza rinvio della sentenza impugnata. Trattasi, infatti, di una pena emendabile in sede di legittimità, non essendovi necessità di esame degli atti del giudizio di merito, né di rivisitazione dei criteri di quantificazione della pena, attività, queste ultime, obiettivamente incompatibili con il perimetro valutativo riservato al giudice di legittimità (Sez. 6 n. 44874 del 11/09/2017, COGNOME, Rv. 271484 – 01).
La pena può essere rideterminata, pertanto, nella misura di anni uno e giorni quindici di reclusione, misura alla quale si perviene elidendo l’aumento operato dalla Corte distrettuale, in relazione all’episodio riqualificato ex art. 65 cod. pen. e dichiarato prescritto.
Alla luce delle considerazioni che precedono, la sentenza impugnata – in accoglimento del secondo motivo – viene annullata senza rinvio, con
(
rideterminazione della pena inflitta all’imputato in anni uno e giorni quind reclusione e con rigetto della censura ulteriore.
P.Q.M.
Annulla senza rinvio la sentenza impugnata limitatamente al trattamento sanzionatorio, che ridetermina in anni uno e giorni quindici di reclusione. Rig nel resto il ricorso.
Così deciso in Roma, il 05 giugno 2024.