Rideterminazione della Pena: Quando il Nuovo Calcolo è Legittimo?
La rideterminazione della pena è un momento cruciale nel processo penale, specialmente quando una sentenza viene annullata e il caso torna a un nuovo giudice. Una recente ordinanza della Corte di Cassazione offre importanti chiarimenti su come deve essere effettuato questo nuovo calcolo. La questione centrale riguarda la discrezionalità del giudice nel ricalcolare la sanzione dopo l’esclusione di una circostanza aggravante. Vediamo nel dettaglio la vicenda e i principi affermati dalla Suprema Corte.
I Fatti del Caso
Il caso trae origine da una condanna per reati legati al traffico di stupefacenti, in particolare per associazione a delinquere finalizzata allo spaccio (art. 74 D.P.R. 309/90) e per plurimi episodi di cessione (art. 73 D.P.R. 309/90). L’imputato, con un ruolo di organizzatore, era stato condannato in primo grado. Successivamente, la Corte di Cassazione aveva annullato con rinvio la sentenza di appello, incaricando una nuova sezione della Corte territoriale di rivalutare il caso.
Il giudice del rinvio, escludendo un’aggravante precedentemente contestata (art. 112 n. 4 c.p.), ha proceduto a una nuova quantificazione della pena, riducendola di un periodo considerato esiguo dalla difesa: solo 1 mese e 10 giorni. La pena finale è stata fissata in 13 anni, 10 mesi e 20 giorni di reclusione.
Il Ricorso in Cassazione: Critiche alla Rideterminazione della Pena
La difesa dell’imputato ha presentato un nuovo ricorso in Cassazione, contestando proprio le modalità di rideterminazione della pena. Secondo il ricorrente, la riduzione minima applicata dal giudice del rinvio, a fronte dell’esclusione di un’aggravante, integrava una violazione di legge e un vizio di motivazione. In sostanza, si lamentava che il nuovo calcolo fosse illogico e non tenesse adeguatamente conto del mutato quadro sanzionatorio.
Le Motivazioni della Suprema Corte
La Corte di Cassazione ha dichiarato il ricorso manifestamente infondato, fornendo una spiegazione chiara sulla legittimità del calcolo operato dal giudice del rinvio. I giudici supremi hanno sottolineato che il computo della pena non presentava alcun vizio di legittimità.
Il ragionamento è stato il seguente:
1. Pena Base: Il giudice del rinvio è partito da una pena base di 20 anni di reclusione per il reato associativo, tenendo conto del ruolo di organizzatore dell’imputato.
2. Aumento per la Continuazione: Su questa base, ha applicato un aumento di 10 mesi per il reato satellite, relativo alle numerose cessioni di droga (ben 58 episodi).
3. Riduzione per il Rito: Sulla pena così calcolata, è stata applicata la riduzione di un terzo prevista per la scelta del rito abbreviato.
La Corte ha specificato che questo procedimento è pienamente legittimo e non rivela alcuna criticità. In particolare, ha evidenziato due aspetti fondamentali:
Assenza di Reformatio in Peius*: La nuova pena, seppur ridotta di poco, non era superiore a quella precedente. Pertanto, non è stato violato il principio che vieta di peggiorare la condizione dell’imputato a seguito di un suo ricorso.
Congruità* della Pena: La sanzione finale è stata ritenuta ‘congrua’, ovvero adeguata alla gravità dei fatti. La Corte ha valorizzato il ruolo operativo dell’imputato all’interno del sodalizio criminale e l’elevato numero di episodi di spaccio contestati.
Le Conclusioni
L’ordinanza in esame ribadisce un principio fondamentale in materia di rideterminazione della pena: il giudice del rinvio, pur dovendo attenersi alle indicazioni della Cassazione (in questo caso, l’esclusione dell’aggravante), esercita un potere autonomo nella ricalibrazione del trattamento sanzionatorio. Non è tenuto a una riduzione ‘matematica’ o proporzionale, ma può rivalutare l’intero assetto sanzionatorio, modificando anche la pena base. L’unico limite invalicabile è il divieto di reformatio in peius. La decisione finale deve essere sorretta da una motivazione logica e coerente, che dimostri come la pena inflitta sia adeguata alla concreta gravità del reato e alla personalità dell’imputato.
Se in appello viene esclusa un’aggravante, la pena deve essere ridotta in modo proporzionale?
Non necessariamente. La Corte di Cassazione ha chiarito che il giudice del rinvio, pur escludendo un’aggravante, ha il potere di ricalcolare l’intera pena, anche partendo da una pena base diversa, purché il risultato finale non sia peggiorativo per l’imputato (divieto di
reformatio in peius) e la pena sia congrua e motivata.
Cos’è il divieto di ‘reformatio in peius’?
È il principio processuale secondo cui la posizione dell’imputato non può essere peggiorata a seguito di un ricorso presentato unicamente da lui. In questo caso, la Corte ha verificato che la nuova pena, sebbene ridotta di poco, non era superiore a quella precedente, rispettando così tale divieto.
Quali elementi ha considerato la Corte per giudicare ‘congrua’ la nuova pena?
La Corte ha ritenuto la pena congrua basandosi su due elementi principali: il ruolo operativo di spicco dell’imputato, qualificato come organizzatore del gruppo criminale, e la notevole pluralità dei reati commessi, nello specifico ben 58 episodi di cessione di sostanze stupefacenti.
Testo del provvedimento
Ordinanza di Cassazione Penale Sez. 7 Num. 32431 Anno 2025
Penale Ord. Sez. 7 Num. 32431 Anno 2025
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME NOME
Data Udienza: 04/07/2025
ORDINANZA
sul ricorso proposto da:
COGNOME NOME nato a PALERMO il DATA_NASCITA
avverso la sentenza del 19/11/2024 della CORTE APPELLO di PALERMO
dato avviso alle parti;
udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME;
Premesso che è stata impugnata la sentenza della Corte di appello di Palermo del 19 novembre 2024 che, giudicando in sede di rinvio a seguito della sentenza della Quarta Sezione Penale di questa Corte n. 31184 del 27 giugno 2024 e in parziale riforma della decisione resa dal G.U.P. del Tribunale di Palermo il 29 aprile 2022, ha rideterminato in anni 13, mesi 10 e giorni 20 reclusione la pena a carico di NOME COGNOME, ritenuto colpevole dei reati ex art. 73 e 74, com 1, del d.P.R. n. 309 del 1990, commessi in Palermo dal 10 luglio 2019 al 6 dicembre 2021, avendo i giudici del rinvio escluso l’applicazione dell’aggravante di cui all’art. 112 n.4 cod. pen.
Osservato che l’unico motivo di ricorso, con cui la difesa contesta, sotto il duplice profilo violazione di legge e del vizio di motivazione, la rideterminazione del trattamento sanzionatori essendo stata ridotta la pena, pur a seguito dell’esclusione dell’aggravante prima indicata, di so 1 mese e 10 giorni, è manifestamente infondato, non presentando il computo della pena alcun vizio di legittimità: ed invero, esclusa l’aggravante ex art. 112 n.4 cod. pen., i giudici del sono partiti dalla pena base di 20 anni di reclusione per il reato associativo di cui al ca (all’imputato era contestato il ruolo di organizzatore) e su di essa hanno operato l’aumento d mesi 10 per la continuazione con il reato fine di cui al capo 33, operando sulla pena risultante riduzione di un terzo per la scelta del rito: tale computo non rivela alcuna criticità, sia p non risulta vi sia stata alcuna reformatio in peius, sia perché la pena appare congrua in ragione del ruolo operativo dell’imputato e della pluralità (ben 58) delle cessioni descritte al capo 33
Considerato, pertanto, che il ricorso deve essere dichiarato inammissibile e rilevato che all declaratoria dell’inammissibilità consegue, a norma dell’art. 616 cod. proc. pen., l’onere d pagamento delle spese del procedimento, nonché quello del versamento della somma, in favore della Cassa delle ammende, equitativamente fissata in tremila euro.
P.Q.M.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di euro tremila in favore della Cassa delle ammende.
Così deciso in Roma il 4 luglio 2025.