Sentenza di Cassazione Penale Sez. 1 Num. 25964 Anno 2025
Penale Sent. Sez. 1 Num. 25964 Anno 2025
Presidente: COGNOME
Relatore: COGNOME
Data Udienza: 03/04/2025
SENTENZA
sul ricorso proposto da:
COGNOME NOME nato ad Altamura il 30/08/1985 avverso l’ordinanza del 19/12/2024 della Corte di Appello di Bari udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME COGNOME;
lette le conclusioni del Sost. Proc. Gen. NOME COGNOME per l’inammissibilità del ricorso.
RITENUTO IN FATTO
La Corte di Appello di Bari, con ordinanza del 19 dicembre 2024, ha rigettato l’istanza di ricusazione proposta da NOME COGNOME nei confronti del dott. NOME COGNOME Giudice per le Indagini Preliminari investito del procedimento n. 187/2023 r.g.n.r. Bari e 7508/23 r.g.gip trib. in fase di definizione con le forme del giudizio abbreviato per i reati di cui agli artt. 110, 575, 577 n. 3, (capo 1) e 110, 61, n. 2, cod. pen. e 12, 12, 14 I. 497 del 1974 (capo 2), entrambi aggravati ex art. 416-bis.1 cod. pen.
L’istanza, per quanto rileva in sintesi ai fini del presente ricorso, è fondata sul fatto che il medesimo magistrato ha processato il ricorrente per il reato di cui all’art. 73 d.P.R. 309 del 1990 aggravato ex art. 416-bis cod. pen. con riferimento allo stesso clan.
Per la difesa, pertanto, ricorrerebbero gli elementi per ritenere che il giudice
si sia già espresso in merito al medesimo fatto, ovvero in ordine alla sussistenza dell’associazione e dell’aggravante a carico dell’attuale imputato, ciò anche considerato che il fatto oggetto dell’odierno processo si inserirebbe nello stesso contesto e, anche, che le fonti di prova sarebbero, almeno in parte, analoghe.
Con il provvedimento impugnato, la Corte di appello ha ritenuto che non vi siano cause di incompatibilità in quanto non si tratta del medesimo fatto e, avendo giudicato di situazioni diverse, non vi sarebbe né potrebbe esservi alcun pregiudizio.
Avverso il provvedimento ha proposto ricorso l’imputato, che, a mezzo del difensore, in un unico articolato motivo di ricorso, ha dedotto la violazione di legge e il vizio di motivazione,evidenziando che la conclusione sarebbe errata in quanto, a ben vedere, i fatti sarebbero sostanzialmente i medesimi poiché la ritenuta sussistenza dell’aggravante e l’inserimento in un medesimo contesto darebbero conto dell’esistenza di un pregiudizio da cui deriverebbe l’incompatibilità del giudice alla celebrazione dell’attuale processo.
In data 26 febbraio 2025 sono pervenuti in cancelleria i motivi nuovi di ricorso con i quali, facendo riferimento a ulteriore giurisprudenza di legittimità e, anche, alla sentenza della Corte cost. n. 64 del 2022, si insiste per l’accoglimento del ricorso originario.
In data 14 marzo 2025 è pervenuta in cancelleria la requisitoria scritta con la quale il Sost. Proc. Gen. NOME COGNOME chiede che il ricorso sia dichiarato inammissibile.
CONSIDERATO IN DIRITTO
1. Il ricorso è inammissibile.
Nell’unico motivo di ricorso, poi ulteriormente approfondito con i motivi nuovi, la difesa, anche paventando che diversamente interpetrata la norma sarebbe costituzionalmente illegittima, rileva che la conclusione cui è pervenuta la Corte territoriale sarebbe errata in quanto la circostanza che il medesimo giudice si sia già pronunciato in un diverso giudizio in ordine all’imputazione a due ipotesi di reato in materia di stupefacenti, per il coimputato ritenute aggravate ex art. 416-bis.1 cod. pen., renderebbe il dott. COGNOME incompatibile a pronunciarsi nei confronti del ricorrente, ora imputato del reato di omicidio e violazioni della legge
armi, aggravate ai sensi dell’art. 416-bis cod. pen.
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Nello specifico, secondo la difesa, qtiel4e-ela€ assumerebbe rilievo dirimente saceltzita: la contestazione dell’aggravante, per cui i fatti sarebbero inseriti nel medesimo contesto e l’avere ritenuto la sussistenza del sodalizio creerebbe un pregiudizio; il fatto che il coimputato nel processo in materia di stupefacenti era un esponente di spicco dell’associazione che comporterebbe la sussistenza dell’aggravante; la sostanziale coincidenza delle fonti di prova acquisite nel corso delle indagini relative ai due processi.
In ordine a tali censure, ora nella sostanza reiterate, si è già espressa la Corte territoriale evidenziando che i fatti sono diversi per cui non si vede in una delle ipotesi previste dagli artt. 34 e, conseguentemente, 37 cod. proc. pen., ciò anche considerato che proprio l’autonomia dei due giudizi esclude che ci possa essere una interferenza probatoria.
2.1. Le considerazioni esposte dalla Corte sono corrette e le censure esposte nel ricorso sono manifestamente infondate.
Come evidenziato dal giudice di merito, e pure seguendo i criteri indicati dalla difesa da ultimo nei motivi nuovi facendo riferimento alla più recente sentenza n. 64 del 2022 della Corte costituzionale, infatti, nel caso di specie non è configurabile alcuna situazione che possa dar luogo a una ipotesi di ricusazione.
I fatti oggetto dei due giudizi sono radicalmente diversi. Il primo si riferisce a violazioni in materia di stupefacenti e il secondo a un tentato omicidio.
Il fatto che nel primo procedimento è stata riconosciuta la circostanza aggravante di cui all’art. 416-bis.1 cod. pen., peraltro applicata solo nei confronti di altro coimputato e non del ricorrente, non assume alcun rilievo. Ciò sia a fronte della differenza ontologica delle due contestazioni sia, soprattutto, perché avere ritenuto che nel primo caso siano state utilizzate delle modalità mafiose ovvero che le violazioni dell’art. 73 d.P.R. 309 del 1990 siano state commesse al fine di agevolare una specifica associazione non implica la sussistenza delle medesime condizioni e situazioni per la commissione del ben diverso reato di omicidio oggetto dell’attuale processo (Sez. 1, n. 21064 del 12/05/2010, COGNOME, Rv. 247578 – 01; Sez. 1, n. 39797 del 09/10/2007, COGNOME, Rv. 237751 – 01; Sez. 1, n. 1376 del 05/12/2002, dep. 2003, De, Rv. 223260 – 01).
c) La circostanza che alcune fonti di prova coincidano o, meglio, che alcune prove provengano dalle medesime fonti, come correttamente indicato dalla Corte territoriale evidenziando che la valutazione di una medesima fonte probatoria può essere diversa nei diversi processi, non dà lugo a ricusazione (tra le tante, da ultimo, Sez. 6, n. 37635 del 11/09/2024, COGNOME, Rv. 287030 – 01: «non dà luogo a ricusazione, ai sensi dell’art. 37 cod. proc. pen. come risultante a seguito della parziale dichiarazione di illegittimità di cui alla sentenza n. 283 del 2000 della
Corte costituzionale, la circostanza che il magistrato abbia già preso parte a un giudizio a carico dell’imputato per fatti diversi, sebbene caratterizzati dalla pretesa
identità delle fonti probatorie valutate e da valutare, atteso che una stessa fonte, considerata rilevante ed attendibile in un processo, potrebbe non esserlo in un
altro»)
La manifesta infondatezza della censura, come già evidenziato dalla Corte territoriale, esclude che ricorrano i presupposti per sollevare l’invocata questione
di legittimità costituzionale degli artt. 34 e 37 cod. proc. pen.
3. Alla inammissibilità del ricorso consegue la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali, nonché, ai sensi dell’art. 616 c.p.p., valutati i
profili di colpa nella determinazione della causa di inammissibilità emergenti dal ricorso (Corte Cost. 13 giugno 2000, n. 186), al versamento della somma, che
ritiene equa, di euro tremila a favore della cassa delle ammende.
P.Q.M.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di euro tremila in favore della cassa delle ammende.
Così è deciso il 3 aprile 2025