Sentenza di Cassazione Penale Sez. 4 Num. 20946 Anno 2025
Penale Sent. Sez. 4 Num. 20946 Anno 2025
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME NOME
Data Udienza: 30/04/2025
SENTENZA
sul ricorso proposto da:
NOME COGNOME nato a PALERMO il 13/02/1986
avverso la sentenza del 05/07/2024 della CORTE APPELLO di PALERMO
visti gli atti, il provvedimento impugnato e il ricorso; udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME lette le conclusioni del PG, in persona del Sostituto Procuratore NOME COGNOME con
cui ha chiesto dichiararsi l’inammissibilità del ricorso
RITENUTO IN FATTO
La Corte d’appello di Palermo, con sentenza del 5 luglio 2024, in parziale riforma della sentenza del Tribunale di Termini Imerese, appellata dall’imputato, ha dichiarato non doversi procedere nei confronti di NOME COGNOME in ordine al reato di cui all’art. 186 d.lgs 30 aprile 1992 n. 285, per essere lo stesso estinto per prescrizione, e confermato la condanna in ordine al reato di cui all’art. 590 bis cod. pen., commesso in danno di NOME COGNOME, NOME COGNOME, NOME COGNOME, NOME NOME COGNOME (in Bagheria il 23 dicembre 2018) riducendo la pena inflitta ad anni 2 di reclusione con il beneficio della sospensione condizionale della pena e revoca delle statuizioni civili.
La dinamica dell’incidente stradale è stata ricostruita nelle sentenze di merito nei termini di seguito indicati. Il giorno 23 dicembre 2018, Anello alla guida dell’autovettura Fiat Punto in stato di ebbrezza alcolica con un tasso alcolennico accertato pari a 1,06 g/I, percorrendo l’autostrada A19 in direzione Palermo, nei pressi della progressiva chilometrica 5+800, appena superata l’uscita di Bagheria, aveva urtato violentemente la parte posteriore dell’autoveicolo Citroen C2 condotto da NOME COGNOME COGNOME, che era da poco entrato in autostrada allo svincolo di Bagheria e stava regolarmente procedendo nella sua corsia di marcia. A seguito del tamponamento l’autovettura Fiat Punto aveva deviato a sinistra e urtato il guardrail, mentre l’autovettura Citroen aveva deviato a destra, compiuto una rotazione e, con la parte posteriore, urtato il guardrail di destra; in conseguenza dell’incidente, il conducente della Citroen e i passeggeri avevano riportato lesioni personali.
L’addebito di colpa nei confronti dell’imputato è stato individuato nella negligenza, imprudenza e imperizia e nella violazione delle norme del Codice della Strada e in particolare dell’art. 141 CdS per non avere rispettato la distanza di sicurezza e i limiti di velocità.
Avverso la sentenza d’appello ha proposto ricorso l’imputato, a mezzo di difensore, formulando due motivi.
2.1 Con il primo motivo, ha dedotto il vizio di motivazione in relazione alla affermazione della penale responsabilità. Il difensore osserva che le risultanze probatorie non avevano permesso di ricostruire l’esatta dinamica dell’incidente. I testi di polizia giudiziaria avevano riferito che non erano stati effettuati rilie fotografici; che non vi erano tracce di frenata da cui risalire alla velocità dei mezzi; che l’unico elemento sulla base del quale individuare il punto d’urto era la presenza di frammenti vetrosi sull’asfalto. Di contro il consulente della difesa
aveva effettuato GLYPH una diversa ricostruzione, fondata su dati scientifici e tecnici, in base alla quale era stata l’autovettura Citroen C2 a invadere la corsia dell’autovettura Fiat Punto, posizionata nella corsia di sorpasso, e a collidere con tale auto, mentre i danni alla parte posteriore della Citroen e alla pate anteriore della Fiat Punto erano stati determinati dall’urto con il guardrail.
Stante la divergenza fra la ricostruzione del consulente e quella degli agenti di polizia giudiziaria, il Tribunale aveva disposto ex art. 507 cod. proc. pen. nuovo esame di questi ultimi. In tale sede il Sovr. Capo NOME COGNOME aveva affermato che il fatto che l’auto condotta dall’imputato avesse tamponato l’auto a bordo della quale viaggiavano le persone offese si desumeva dai danni riportati, tutti concentrati per l’autovettura Fiat Punto nella parte anteriore, ma non aveva tenuto conto che dopo l’urto tale auto aveva impattato contro il guardrail proprio con la parte anteriore; inoltre aveva affermato che dalla posizione finale dei veicoli era evidente che la Fiat Punto avesse avuto una velocità superiore a quella della Citroen C2, ma subito dopo aveva ammesso che non era stato possibile accertare la velocità dei mezzi, perché non vi erano tracce di frenata. La testimonianza del teste di polizia giudiziaria COGNOME era stata di analogo tenore. I testimoni avevano ribadito che il punto di contatto era avvenuto lungo la corsia di marcia e non lungo la corsia di sorpasso, nonostante nella comunicazione notizia di reato si fosse precisato che frammenti vetrosi erano stati rinvenuti sparsi su tutta la carreggiata.
2.2. Con il secondo motivo ha lamentato la mancata assunzione di una prova decisiva. Il difensore aveva richiesto alla Corte di appello di disporre perizia sulla dinamica dell’incidente, ma tale richiesta era stata rigettata senza adeguata motivazione.
Il Procuratore Generale, nella persona del sostituto NOME COGNOME ha presentato conclusioni scritte con cui ha chiesto dichiararsi inammissibilità del ricorso.
CONSIDERATO IN DIRITTO
Il ricorso non supera il vaglio di ammissibilità.
Il primo motivo, con cui si censura la ricostruzione della dinamica dell’incidente, è inammissibile, in quanto volto a sottoporre a questa Corte profili che esulano dal suo sindacato.
2.1.Si deve, a tale fine, ricordare, quanto alla natura del ricorso in cassazione, che il contenuto essenziale dell’atto d’impugnazione deve essere il confronto
puntuale, con specifica indicazione delle ragioni di diritto e degli elementi di fatto che fondano il dissenso, con le argomentazioni del provvedimento il cui dispositivo si contesta (in motivazione, sez. 6 n. 8700 del 21/1/2013, Leonardo e altri Rv. 254584). Sono, perciò, estranei alla natura del sindacato di legittimità l’apprezzamento e la valutazione del significato degli elementi probatori attinenti al merito, che non possono essere apprezzati dalla Corte di Cassazione se non nei limiti in cui risulti viziato il percorso giustificativo sulla loro capa dimostrativa e sono precluse al giudice di legittimità la rilettura degli elementi di fatto posti a fondamento della decisione impugnata e l’autonoma adozione di nuovi e diversi parametri di ricostruzione e valutazione dei fatti, indicati dal ricorrente come maggiormente plausibili o dotati di una migliore capacità esplicativa rispetto a quelli adottati dal giudice del merito (cfr. sez. 6 n. 47204 del 7/10/2015, COGNOME, Rv. 265482).
Ne consegue che la ricostruzione di un incidente stradale nella sua dinamica e nella sua eziologia è rimessa al giudice di merito e integra una serie di apprezzamenti di fatto che sono sottratti al sindacato di legittimità, se sorretti da adeguata motivazione.
2.2.La lettura della motivazione della sentenza impugnata sfugge alle censure articolate dal ricorrente, giacché ricostruisce le modalità dell’incidente stradale in termini coerenti con i dati riportati, dei quali fornisce una interpretazione non illogica.
In particolare, la Corte ha dato atto che le testimonianze delle parti offese, le quali avevano riferito in maniera coerente fra di loro e senza mai esasperare i toni, di aver sentito un urto violentissimo provenire da tergo mentre percorrevano sulla corsia centrale il tratto rettilineo che segue lo svincolo di Bagheria, dovevano ritenersi credibili e attendibili, tanto più che non vi era stata costituzione di part civile, indicativa di un interesse economico alla definizione del processo in un modo, piuttosto che in un altro. La ricostruzione per cui l’imputato aveva tamponano l’auto delle persone offese era stata confermata anche da alcuni riscontri oggettivi, quali: il rinvenimento dei detriti plastico-vetrosi riconducibi alle due auto prevalentemente sulla corsia centrale; la traiettoria seguita da due veicoli dopo la collisione, compatibile con la ricostruzione dell’accusa, essendo plausibile che a seguito del violento tamponamento al centro della carreggiata nella corsia di marcia normale la Citroen sia stata proiettata sul guardrail di destra mentre la Fiat dell’imputato sia stata proiettata sul guardrail di sinistra; i danni riportati da due mezzi, che rispecchiano l’impatto secco lamentato dalle parti offese, in quanto la Citroen è risultata danneggiata su tutto il lato posteriore e non già solo sull’angolo sinistro, come avrebbe dovuto accadere se tale auto avesse intersecato la direttrice di marcia della Fiat Punto; lo sbalzo fuori
dall’abitacolo dell’auto Citroen della passeggera NOME COGNOME compatibile con un urto da dietro particolarmente violento.
Di contro – ha proseguito la Corte – la ricostruzione dell’imputato, avallata dalle conclusioni del Consulente Tecnico di parte, era meramente ipotetica e, oltre a non spiegare per quali ragioni (in una strada rettilinea con il fondo stradale asciutto, in condizioni di traffico regolare e in condizioni metereologiche serene) il conducente dell’autovettura Citroen (risultato negativo all’alcoltest) avesse improvvisamente attraversato in senso diagonale tutta la carreggiata con conseguente invasione della corsia di sorpasso, non era compatibile con i dati oggettivi su indicati.
Poteva, dunque, dirsi provato il rapporto diretto di causalità fra la condotta dell’imputato ed il sinistro: Anello si era posto la guida in stato di ebbrezza e, non rispettando né il limite di velocità, né la distanza di sicurezza, aveva perso il controllo del mezzo e aveva invaso la corsia centrale in cui si trovava la Citroen, cagionando lesioni personali al conducente e ai passeggeri.
Le censure del ricorrente non colgono nel segno, in quanto ripropongono questioni, quale quella della plausibilità della ricostruzione dell’incidente riferita dall’imputato, a cui la Corte ha risposto in maniera non illogica, ovvero sollecitano, come detto, rilettura di elementi di fatto. Anche la doglianza relativa alla mancata considerazione della Consulenza Tecnica di parte è manifestamente infondata, in quanto la Corte si è espressamente confrontata con le conclusioni ivi espresse e le ha confutate con richiami pertinenti ai dati di fatto risultati dai rilievi
Infine, nelle motivazioni delle conformi sentenze di merito non è dato rinvenire alcuna delle contraddizioni segnalate, in maniera peraltro generica, dal ricorrente in ordine alle dichiarazioni rese dal personale intervenuto dopo l’incidente, anche rispetto alle indicazioni contenute nella comunicazione notizia di reato.
Le argomentazioni sopra esposte valgono anche a ritenere manifestamente infondato il secondo motivo di ricorso con cui si è censurata la mancata rinnovazione dell’istruttoria con espletamento della perizia.
A tale fine si deve ricordare che il principio generale, dettato dall’art. 603, comma 1, cod. proc. pen. è quello per cui, quando una parte ha chiesto la riassunzione di prove già acquisite nel dibattimento di primo grado, ovvero l’assunzione di nuove prove, il giudice di appello, se non è in grado di decidere allo stato degli atti, dispone la rinnovazione dell’istruzione dibattimentale. Ai sensi dell’art. 603, comma 3, cod. proc. pen., il giudice dispone di ufficio la rinnovazione dell’ istruzione dibattimentale, quando la ritiene assolutamente necessaria ai fini della decisione, perché potenzialmente idonea ad incidere sulla valutazione del
complesso degli elementi acquisiti. L’art. 603, commi primo e terzo cod. proc. pen., prevede, dunque, la rinnovazione dell’istruzione dibattimentale in grado di appello solamente quando il giudice sia impossibilitato a decidere allo stato degli atti e ritenga indispensabile la prova richiesta. In entrambi i casi l’accertamento è rimesso alla valutazione del giudice di merito, incensurabile in sede di legittimità se correttamente motivata. La giurisprudenza di legittimità ha già avuto modo di chiarire che i fenomeni di integrazione probatoria in appello rispondono ad una 2logica di eccezionalità, in coerenza con la presunzione di completezza dell’accertamento probatorio che caratterizza il giudizio di primo grado (Sez. 6 n. 48093 del 10/10/2018, COGNOME, Rv. 274230; Sez. 6, n. 8936 del 13/01/2015, COGNOME, Rv. 262620; sez. 2, n. 36630 del 15/05/2013, COGNOME, Rv. 257062; sez. 4, n. 18660 del 19/02/2004, COGNOME, Rv. 228353). Con riferimento specifico all’espletamento della perizia, l’art. 220, comma 1, cod. proc. pen. prevede che «La perizia è ammessa quando occorre svolgere indagini o acquisire dati o valutazioni che richiedono specifiche competenze tecniche, scientifiche o artistiche». Il tenore della norma è nel senso che il ricorso alla perizia è rimesso al potere discrezionale del giudice, cui spetta di valutarne la necessità in ragione delle risultanze processuali: la decisione, se adeguatamente motivata, è insindacabile in sede di legittimità (Sez. 6, n. 456 del 21/09/2012, dep. 2013, Cena e altri, Rv.254226; Sez. 6, n. 43526 del 03/10/2012, Ritorto e altri, Rv. 253707; Sez. 4, n.7444 del 17/01/2013, COGNOME, Rv. 255152; Sez. 2, n. 52517 del 03/11/2016, Russo, Rv. 268815; sino a Sez. U, n. 39476 del 23/03/2017, A ed altro, Rv.270936).
Nel caso di specie il giudice di appello ha logicamente rappresentato che, sulla base di una corretta e completa lettura degli elementi acquisiti al processo, non ricorreva l’esigenza di rinnovare l’istruttoria.
Non può, dunque, ritenersi sussistente il vizio lamentato dal ricorrente, sub specie di assenza di motivazione. Le stesse ragioni che hanno portato i giudici a ricostruire il sinistro nei termini sopra indicati, sulla scorta delle dichiarazioni dell vittime e di precisi dati tecnici risultanti dai rilievi, e a sconfessare la divers dinamica proposta dal consulente di parte, sono state poste, in maniera logica e perciò, come detto, non sindacabile, a fondamento del rigetto della richiesta di perizia.
Il ricorrente richiama impropriamente, a proposito della perizia, il concetto di prova decisiva in contrasto con il principio per cui essa è mezzo di prova “neutro”, rimesso alla discrezionalità del giudice e, pertanto, sottratto alla disponibilità delle parti a mente dell’art. 495, comma 2, cod. proc. pen., che si riferisce esclusivamente alle prove a discarico aventi carattere di decisività (Sez. U, n. 39746 del 23/03/2017, A., Rv. 270936 – 01; da ultimo
Sez. 4 , n. 9455 del 09/01/2025, COGNOME
GLYPH
Rv. 287734 – 01). La mancata effettuazione di un accertamento peritale non può, quindi, costituire motivo di
ricorso per cassazione ai sensi dell’art. 606, comma 1, lett. d), cod. proc. pen.
(Sez. 3, n. 41426 del 3/10/2024, Martino, non mano.; Sez. 2, n. 39198 del
24/09/2024, COGNOME, non mass.; Sez. 2, n. 25829 del 06/06/2024, COGNOME, non mass.; Sez. 4, n. 23720 del 22/02/2023, COGNOME, non mass.; Sez. 4, n.
27643 del 10/06/2022, COGNOME, non mass.; Sez. 2, n. 52517 del 03/11/2016, Russo,
Rv. 268815 – 01). D’altra parte, la prova decisiva deve avere ad oggetto un fatto certo nel suo accadimento e non può consistere in un mezzo il cui risultato è
destinato ad essere vagliato per effettuare un confronto con gli altri elementi di prova acquisiti, al fine di prospettare l’ipotesi di un astratto quadro storico
valutativo favorevole al ricorrente (Sez. 5, n. 37195 del 11/07/2019, D., Rv.
277035 – 01; Sez. 5, n. 9069 del 07/11/2013, dep. 2014, Pavento, Rv. 259534;
Sez. 1, n. 3148 del 11/02/1998, COGNOME, Rv. 210191 – 01).
4. Alla dichiarazione di inammissibilità del ricorso segue la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali. Tenuto conto della sentenza della Corte costituzionale n. 186 del 13 giugno 200Q e rilevato che non sussistono elementi per ritenere che il ricorrente non versasse in colpa nella determinazione della causa di inammissibilità, deve essere disposto a suo carico, a norma dell’art. 616 cod. proc. pen., l’onere di versare la somma di C 3.000,00 in favore della Cassa delle Ammende, somma così determinata in considerazione delle ragioni di inammissibilità.
P.Q.M.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di euro tremila in favore della cassa delle ammende.
Deciso in Roma il 30 aprile 2025
Il Consiglier COGNOME
nsore GLYPH
Il Presidente
NOME