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Ricorso vago e generico: Cassazione inammissibile

La Corte di Cassazione ha dichiarato inammissibile il ricorso di un imputato condannato per guida senza patente con recidiva. Il motivo principale è stata la presentazione di un ricorso vago e generico, che si limitava a riproporre argomenti già respinti nei gradi precedenti senza una critica specifica alla sentenza d’appello. La decisione sottolinea come la mancanza di specificità dei motivi renda l’impugnazione non meritevole di esame nel merito, comportando la condanna al pagamento delle spese e di una sanzione pecuniaria.

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Pubblicato il 8 novembre 2025 in Diritto Penale, Giurisprudenza Penale, Procedura Penale

Ricorso vago e generico: la Cassazione chiude la porta

L’ordinanza in esame offre un importante spunto di riflessione su un requisito fondamentale nel processo penale: la specificità dei motivi di ricorso. Quando si impugna una sentenza, non è sufficiente esprimere un generico dissenso; è necessario articolare critiche precise e pertinenti. Un ricorso vago e generico rischia, come in questo caso, di essere dichiarato inammissibile, con conseguenze significative per il ricorrente. Vediamo nel dettaglio la vicenda processuale e le ragioni della Suprema Corte.

I Fatti del Caso

Un soggetto veniva condannato in primo e secondo grado per il reato di guida senza patente, aggravato dalla recidiva nel biennio. La Corte d’Appello aveva confermato integralmente la decisione del Tribunale, riconoscendo la responsabilità penale dell’imputato e applicando le circostanze attenuanti generiche per la determinazione della pena.

Contro questa decisione, la difesa proponeva ricorso per Cassazione, affidandosi a tre principali motivi di doglianza.

I Motivi del Ricorso

Il ricorrente lamentava, in sintesi:
1. La mancata assoluzione e l’errata applicazione della norma del Codice della Strada relativa alla guida senza patente.
2. L’omessa applicazione della pena nel suo minimo assoluto, nonostante la concessione delle attenuanti generiche.
3. La mancata applicazione della causa di non punibilità per particolare tenuità del fatto, prevista dall’art. 131-bis del codice penale.

La Decisione della Corte di Cassazione

La Suprema Corte ha dichiarato il ricorso manifestamente infondato e, di conseguenza, inammissibile. Questa decisione non entra nel merito delle questioni sollevate, ma si ferma a un livello preliminare, giudicando l’atto di impugnazione in sé non idoneo a provocare un nuovo esame della vicenda.

Secondo gli Ermellini, il ricorso mancava della necessaria specificità, requisito essenziale per qualsiasi impugnazione. Di conseguenza, il ricorrente è stato condannato al pagamento delle spese processuali e di una somma di tremila euro in favore della Cassa delle ammende.

L’analisi della Corte: il ricorso vago e generico

Il cuore della decisione risiede nella valutazione del ricorso come estremamente vago e non specifico. La Corte ha osservato che i motivi presentati non costituivano una critica argomentata e puntuale contro la sentenza d’appello, ma si limitavano a riproporre, in modo generico, censure già adeguatamente esaminate e respinte dai giudici di merito con corretti argomenti giuridici.

In particolare, riguardo alla recidiva, la Corte ha sottolineato come il ricorso non si confrontasse affatto con la motivazione della sentenza impugnata, la quale evidenziava che l’imputato non aveva mai contestato la precedente contravvenzione, rendendo così la recidiva un fatto accertato.

Le Motivazioni della Decisione

La motivazione della Cassazione si fonda sul principio secondo cui un ricorso, per essere ammissibile, deve assolvere a una tipica funzione di una critica argomentata avverso la sentenza oggetto di ricorso. Non è sufficiente manifestare un disaccordo: è indispensabile individuare con precisione i vizi logici o giuridici che inficerebbero la decisione impugnata.

Le censure relative al trattamento sanzionatorio e alla mancata applicazione dell’art. 131-bis c.p. sono state giudicate meramente reiterative di profili già vagliati e disattesi dalla Corte d’Appello. Mancando una critica specifica alle argomentazioni dei giudici di merito, il ricorso perde la sua funzione e si trasforma in un tentativo inefficace di ottenere un terzo grado di giudizio sul merito della vicenda, possibilità esclusa nel nostro ordinamento.

Conclusioni: L’Importanza della Specificità nell’Impugnazione

Questa ordinanza ribadisce un principio cardine del diritto processuale penale: la specificità dei motivi di impugnazione. Un ricorso vago e generico non solo è destinato all’inammissibilità, ma comporta anche la condanna al pagamento delle spese e di una sanzione pecuniaria. Per gli operatori del diritto, ciò significa che la redazione di un atto di impugnazione richiede uno studio approfondito della sentenza contestata e la formulazione di critiche mirate, logiche e giuridicamente fondate. Per i cittadini, è la conferma che l’accesso alla giustizia, pur essendo un diritto fondamentale, deve essere esercitato secondo regole precise, volte a garantire l’efficienza e la serietà del processo.

Perché la Corte di Cassazione ha dichiarato il ricorso inammissibile?
Perché il ricorso è stato ritenuto manifestamente infondato, estremamente vago e non specifico. Non svolgeva una critica argomentata contro la sentenza impugnata, ma si limitava a riproporre censure già respinte dai giudici di merito.

Cosa significa che un ricorso è ‘vago e generico’?
Significa che l’atto di impugnazione non contiene critiche puntuali e specifiche contro la motivazione della sentenza che si contesta, ma si limita a formulare doglianze astratte o a ripetere argomenti già esaminati e respinti in precedenza.

Quali sono le conseguenze di un ricorso dichiarato inammissibile per colpa del ricorrente?
La declaratoria di inammissibilità comporta la condanna del ricorrente al pagamento delle spese del procedimento e di una sanzione pecuniaria a favore della Cassa delle ammende, come previsto dall’articolo 616 del codice di procedura penale.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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