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Ricorso tardivo: quando l’appello è inammissibile

La Corte di Cassazione ha dichiarato inammissibile un ricorso per cassazione perché presentato oltre i termini. Si trattava di un ricorso tardivo contro una condanna per false dichiarazioni, la cui sentenza d’appello era stata emessa con rito cartolare. La Corte ha chiarito che il termine di 15 giorni per l’impugnazione decorre dalla comunicazione della sentenza e non è soggetto a proroghe in questo tipo di procedimento, condannando il ricorrente al pagamento delle spese e di una sanzione.

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Pubblicato il 22 dicembre 2025 in Diritto Penale, Giurisprudenza Penale, Procedura Penale

Ricorso Tardivo: la Cassazione chiarisce i termini nel rito cartolare

Il rispetto dei termini processuali è un pilastro fondamentale del sistema giudiziario. Un recente provvedimento della Corte di Cassazione, l’ordinanza n. 37153/2024, offre un’importante lezione su come un ricorso tardivo possa determinare l’inammissibilità dell’impugnazione, con conseguenze economiche per il ricorrente. Il caso analizzato riguarda la disciplina dei termini nel contesto del cosiddetto “rito cartolare”, introdotto per far fronte all’emergenza pandemica.

I fatti del caso: dalla condanna al ricorso in Cassazione

La vicenda processuale ha origine da una condanna emessa dal Tribunale di Avellino per il reato di false dichiarazioni sulla propria identità (art. 496 c.p.). La sentenza di primo grado veniva confermata dalla Corte di Appello di Napoli il 15 gennaio 2024. Avverso questa decisione, l’imputato proponeva ricorso per cassazione, lamentando la violazione della legge penale e il vizio di motivazione per il mancato riconoscimento della causa di non punibilità per particolare tenuità del fatto (art. 131-bis c.p.).

La questione del ricorso tardivo nel rito cartolare

Il cuore della decisione della Suprema Corte non risiede nel merito del ricorso, ma in un aspetto puramente procedurale: la sua tardività. La Corte ha infatti dichiarato il ricorso inammissibile perché presentato oltre il termine perentorio stabilito dalla legge.

Il calcolo dei termini per l’impugnazione

La sentenza della Corte di Appello era stata pronunciata il 15 gennaio 2024, con motivazione contestuale, all’esito di un procedimento in camera di consiglio senza la partecipazione fisica delle parti (rito cartolare, disciplinato dall’art. 23-bis del D.L. 137/2020).
Il provvedimento è stato comunicato all’imputato il 16 gennaio 2024. Secondo la legge processuale (art. 585, comma 2, lett. a, c.p.p.), da questa data decorreva il termine di quindici giorni per proporre ricorso per cassazione.

Perché non si applica la proroga del termine?

La difesa aveva evidentemente contato su un termine più lungo, ma la Cassazione ha smontato questa interpretazione. Il Codice di procedura penale prevede un aumento di quindici giorni del termine per impugnare per l’imputato giudicato in assenza (art. 585, comma 1-bis, c.p.p.). Tuttavia, la Corte ha specificato che questa norma non si applica al rito cartolare non partecipato. In questo tipo di procedimento, infatti, non si celebra un’udienza alla quale l’imputato abbia diritto di partecipare fisicamente. Pertanto, l’imputato non può essere considerato “giudicato in assenza” nel senso tecnico del termine.

Le motivazioni della Corte di Cassazione

La Corte ha stabilito che, essendo la sentenza stata comunicata il 16 gennaio 2024, il termine di quindici giorni per impugnare era già scaduto quando il ricorso è stato presentato, il 13 febbraio 2024. Di conseguenza, il ricorso tardivo è stato dichiarato inammissibile ai sensi dell’art. 591, comma 1, lett. c) del codice di procedura penale.
A questa dichiarazione di inammissibilità, la Corte ha fatto seguire, come previsto dall’art. 616 c.p.p., la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali. Inoltre, ha disposto il versamento di una somma di quattromila euro in favore della Cassa delle ammende, ritenendo che l’evidente inammissibilità dell’impugnazione configurasse un profilo di colpa in capo al ricorrente.

Le conclusioni e le conseguenze pratiche

Questa ordinanza ribadisce un principio cruciale: la massima attenzione ai termini perentori stabiliti dalla legge è essenziale per la tutela dei propri diritti in un processo. La decisione chiarisce in modo inequivocabile che le particolarità del rito cartolare non consentono estensioni dei termini previste per altre situazioni processuali, come il giudizio in assenza. Per gli avvocati e i loro assistiti, ciò significa dover calcolare con estrema precisione le scadenze, a partire dalla data di comunicazione del provvedimento, per evitare di incorrere in una declaratoria di inammissibilità che preclude ogni ulteriore esame del merito della questione e comporta significative sanzioni economiche.

Quando inizia a decorrere il termine per impugnare una sentenza emessa con rito cartolare e motivazione contestuale?
Il termine di quindici giorni inizia a decorrere dalla data di comunicazione del provvedimento, come stabilito dall’art. 585, comma 2, lett. a), del codice di procedura penale.

Nel caso di un procedimento d’appello trattato con rito cartolare, si applica l’aumento di quindici giorni del termine per impugnare previsto per l’imputato assente?
No. La Corte di Cassazione ha chiarito che l’imputato in un procedimento camerale non partecipato non può essere considerato ‘giudicato in assenza’, poiché non è prevista un’udienza a cui abbia diritto di partecipare. Pertanto, la proroga del termine non si applica.

Quali sono le conseguenze di un ricorso presentato in ritardo?
Un ricorso tardivo viene dichiarato inammissibile. Ciò comporta la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali e al versamento di una somma in favore della Cassa delle ammende, a titolo sanzionatorio per la colpa nell’aver proposto un’impugnazione non ammissibile.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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