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Ricorso tardivo: quando l’appello è inammissibile

La Corte di Cassazione dichiara inammissibile l’appello di un imprenditore condannato per bancarotta fraudolenta. La decisione si basa su un vizio procedurale fatale: il ricorso tardivo, presentato un solo giorno oltre il termine perentorio di 45 giorni. La Corte sottolinea inoltre la genericità del motivo di ricorso, confermando la condanna e sanzionando il ricorrente con il pagamento delle spese e di un’ammenda.

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Pubblicato il 14 dicembre 2025 in Diritto Penale, Giurisprudenza Penale, Procedura Penale

Ricorso Tardivo: La Cassazione e la Scure dell’Inammissibilità

Nel complesso universo del diritto, il rispetto dei termini processuali non è una mera formalità, ma un pilastro fondamentale che garantisce certezza e ordine. Un ricorso tardivo può vanificare le migliori argomentazioni legali, come dimostra una recente ordinanza della Corte di Cassazione. Il caso in esame, relativo a una condanna per bancarotta fraudolenta, si è concluso non con una discussione sul merito delle accuse, ma con una secca dichiarazione di inammissibilità per un ritardo di un solo giorno. Analizziamo insieme la vicenda per comprendere le severe conseguenze del mancato rispetto delle scadenze.

I Fatti del Caso: Dalla Condanna alla Cassazione

La vicenda processuale ha origine da una sentenza del Tribunale di Lucca, che aveva condannato un imprenditore per diversi reati fallimentari, tra cui bancarotta fraudolenta societaria per distrazione, documentale e per operazioni dolose. La Corte di Appello di Firenze, successivamente adita, aveva parzialmente riformato la decisione di primo grado, dichiarando la prescrizione per uno dei capi d’accusa ma confermando nel resto la responsabilità penale dell’imputato.

Contro questa sentenza, l’imprenditore proponeva ricorso per cassazione, affidandolo a un unico motivo: un presunto vizio di motivazione. In particolare, la difesa sosteneva che la Corte d’Appello avesse fornito una motivazione solo apparente, senza valutare adeguatamente le dichiarazioni della persona offesa e contestando la qualifica di amministratore di fatto attribuita all’imputato.

La Decisione della Cassazione: un Ricorso Tardivo e le sue Conseguenze

La Suprema Corte, tuttavia, non è mai entrata nel merito della questione sollevata dalla difesa. L’esame si è arrestato su un ostacolo procedurale insormontabile: la tardività del ricorso.

La Corte ha ricostruito meticolosamente le scadenze processuali:
1. La sentenza d’appello è stata emessa il 12 ottobre 2021.
2. Il deposito delle motivazioni è avvenuto il 29 dicembre 2021, entro i 90 giorni fissati.
3. Da questa data, ai sensi dell’art. 544 c.p.p., decorrevano i 45 giorni per presentare l’impugnazione.
4. La scadenza ultima era quindi fissata per il 24 febbraio 2022.

Il ricorso, invece, è stato presentato tramite raccomandata il 25 febbraio 2022, un giorno dopo il termine perentorio. Questo ritardo, seppur minimo, è stato sufficiente per rendere il ricorso tardivo e, di conseguenza, inammissibile.

Le Motivazioni della Suprema Corte

La motivazione dell’ordinanza è lapidaria e si fonda su due argomenti principali.

Il primo, e decisivo, è la tardività. I giudici hanno chiarito che i termini per impugnare sono perentori e il loro mancato rispetto comporta, senza eccezioni, l’inammissibilità dell’atto. Non vi è spazio per discrezionalità o sanatorie quando la scadenza viene superata.

In secondo luogo, la Corte ha aggiunto, quasi a voler rafforzare la decisione, che il motivo di ricorso era comunque affetto da un vizio di genericità. Secondo gli Ermellini, la difesa non si era confrontata in modo specifico con le argomentazioni della sentenza impugnata, la quale aveva spiegato in modo logico e non manifestamente illogico le ragioni per cui all’imputato era stata attribuita la qualifica di amministratore di fatto. Il ricorso si limitava a una critica generica senza evidenziare passaggi specifici della motivazione che fossero viziati da illogicità.

Conclusioni: L’Importanza del Rispettare i Termini Processuali

Questa ordinanza ribadisce un principio fondamentale della procedura penale: la forma è sostanza. Un ritardo di appena 24 ore ha precluso ogni possibilità di riesame della condanna, rendendo definitive le statuizioni della Corte d’Appello. La decisione sottolinea la necessità, per i professionisti legali, di una gestione impeccabile delle scadenze processuali. Per l’imputato, la conseguenza è drastica: oltre alla conferma della condanna, è stato obbligato al pagamento delle spese processuali e al versamento di una somma di 4.000,00 euro alla Cassa delle ammende, come previsto dall’art. 616 c.p.p. per i ricorsi inammissibili.

Perché il ricorso è stato dichiarato inammissibile?
La causa principale e determinante dell’inammissibilità è stata la tardività del ricorso. È stato presentato mediante raccomandata il giorno successivo alla scadenza del termine perentorio di 45 giorni previsto dalla legge per l’impugnazione.

Quali sono le conseguenze dell’inammissibilità del ricorso?
La dichiarazione di inammissibilità comporta la condanna del ricorrente al pagamento delle spese del procedimento e al versamento di una somma di euro 4.000,00 in favore della Cassa delle ammende. Inoltre, la sentenza impugnata diventa definitiva.

Oltre alla tardività, la Corte ha riscontrato altri problemi nel ricorso?
Sì, la Corte ha evidenziato che il motivo di ricorso era anche “oltremodo generico”. Non si confrontava in modo specifico e critico con il contenuto della sentenza impugnata, che secondo i giudici aveva motivato in modo logico la qualità di amministratore di fatto del ricorrente.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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