Ricorso Tardivo: La Cassazione e la Scure dell’Inammissibilità
Nel complesso universo del diritto, il rispetto dei termini processuali non è una mera formalità, ma un pilastro fondamentale che garantisce certezza e ordine. Un ricorso tardivo può vanificare le migliori argomentazioni legali, come dimostra una recente ordinanza della Corte di Cassazione. Il caso in esame, relativo a una condanna per bancarotta fraudolenta, si è concluso non con una discussione sul merito delle accuse, ma con una secca dichiarazione di inammissibilità per un ritardo di un solo giorno. Analizziamo insieme la vicenda per comprendere le severe conseguenze del mancato rispetto delle scadenze.
I Fatti del Caso: Dalla Condanna alla Cassazione
La vicenda processuale ha origine da una sentenza del Tribunale di Lucca, che aveva condannato un imprenditore per diversi reati fallimentari, tra cui bancarotta fraudolenta societaria per distrazione, documentale e per operazioni dolose. La Corte di Appello di Firenze, successivamente adita, aveva parzialmente riformato la decisione di primo grado, dichiarando la prescrizione per uno dei capi d’accusa ma confermando nel resto la responsabilità penale dell’imputato.
Contro questa sentenza, l’imprenditore proponeva ricorso per cassazione, affidandolo a un unico motivo: un presunto vizio di motivazione. In particolare, la difesa sosteneva che la Corte d’Appello avesse fornito una motivazione solo apparente, senza valutare adeguatamente le dichiarazioni della persona offesa e contestando la qualifica di amministratore di fatto attribuita all’imputato.
La Decisione della Cassazione: un Ricorso Tardivo e le sue Conseguenze
La Suprema Corte, tuttavia, non è mai entrata nel merito della questione sollevata dalla difesa. L’esame si è arrestato su un ostacolo procedurale insormontabile: la tardività del ricorso.
La Corte ha ricostruito meticolosamente le scadenze processuali:
1. La sentenza d’appello è stata emessa il 12 ottobre 2021.
2. Il deposito delle motivazioni è avvenuto il 29 dicembre 2021, entro i 90 giorni fissati.
3. Da questa data, ai sensi dell’art. 544 c.p.p., decorrevano i 45 giorni per presentare l’impugnazione.
4. La scadenza ultima era quindi fissata per il 24 febbraio 2022.
Il ricorso, invece, è stato presentato tramite raccomandata il 25 febbraio 2022, un giorno dopo il termine perentorio. Questo ritardo, seppur minimo, è stato sufficiente per rendere il ricorso tardivo e, di conseguenza, inammissibile.
Le Motivazioni della Suprema Corte
La motivazione dell’ordinanza è lapidaria e si fonda su due argomenti principali.
Il primo, e decisivo, è la tardività. I giudici hanno chiarito che i termini per impugnare sono perentori e il loro mancato rispetto comporta, senza eccezioni, l’inammissibilità dell’atto. Non vi è spazio per discrezionalità o sanatorie quando la scadenza viene superata.
In secondo luogo, la Corte ha aggiunto, quasi a voler rafforzare la decisione, che il motivo di ricorso era comunque affetto da un vizio di genericità. Secondo gli Ermellini, la difesa non si era confrontata in modo specifico con le argomentazioni della sentenza impugnata, la quale aveva spiegato in modo logico e non manifestamente illogico le ragioni per cui all’imputato era stata attribuita la qualifica di amministratore di fatto. Il ricorso si limitava a una critica generica senza evidenziare passaggi specifici della motivazione che fossero viziati da illogicità.
Conclusioni: L’Importanza del Rispettare i Termini Processuali
Questa ordinanza ribadisce un principio fondamentale della procedura penale: la forma è sostanza. Un ritardo di appena 24 ore ha precluso ogni possibilità di riesame della condanna, rendendo definitive le statuizioni della Corte d’Appello. La decisione sottolinea la necessità, per i professionisti legali, di una gestione impeccabile delle scadenze processuali. Per l’imputato, la conseguenza è drastica: oltre alla conferma della condanna, è stato obbligato al pagamento delle spese processuali e al versamento di una somma di 4.000,00 euro alla Cassa delle ammende, come previsto dall’art. 616 c.p.p. per i ricorsi inammissibili.
Perché il ricorso è stato dichiarato inammissibile?
La causa principale e determinante dell’inammissibilità è stata la tardività del ricorso. È stato presentato mediante raccomandata il giorno successivo alla scadenza del termine perentorio di 45 giorni previsto dalla legge per l’impugnazione.
Quali sono le conseguenze dell’inammissibilità del ricorso?
La dichiarazione di inammissibilità comporta la condanna del ricorrente al pagamento delle spese del procedimento e al versamento di una somma di euro 4.000,00 in favore della Cassa delle ammende. Inoltre, la sentenza impugnata diventa definitiva.
Oltre alla tardività, la Corte ha riscontrato altri problemi nel ricorso?
Sì, la Corte ha evidenziato che il motivo di ricorso era anche “oltremodo generico”. Non si confrontava in modo specifico e critico con il contenuto della sentenza impugnata, che secondo i giudici aveva motivato in modo logico la qualità di amministratore di fatto del ricorrente.
Testo del provvedimento
Ordinanza di Cassazione Penale Sez. 5 Num. 32089 Anno 2024
Penale Ord. Sez. 5 Num. 32089 Anno 2024
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME NOME
Data Udienza: 28/05/2024
ORDINANZA
sul ricorso proposto da: COGNOME NOME nato il DATA_NASCITA
avverso la sentenza del 12/10/2021 della CORTE APPELLO di FIRENZE udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME;
RITENUTO IN FATTO
La Corte di appello di Firenze, con la sentenza del 12 ottobre 2021, depositata il 29 dicembre 2021 riformava parzialmente quella del Tribunale di Lucca, dichiarando l’estinzione per prescrizione del delitto di bancarotta sub capo D), confermando la responsabilità di NOME COGNOME in ordine ai delitti bancarotta fraudolenta societaria per distrazione (capo A), documentale generica (capo B), nonché per aver cagionato il fallimento a mezzo di operazioni dolose (capo C).
Il ricorso per cassazione proposto nell’interesse di NOME COGNOME risul articolato in un unico motivo, enunciato nei limiti strettamente necessari pe motivazione, secondo quanto disposto dall’art. 173 disp. att. cod. proc. pen.
Il motivo deduce vizio di motivazione, rilevando come la sentenza impugnata risulti aver offerto una motivazione apparente in ordine alla richie
di delibazione delle dichiarazioni della persona offesa, prive di riscontri, contestandosi la qualità di amministratore di fatto dell’imputato.
Il ricorso è da trattare ai sensi dell’art. 610, comma 5-bis, cod. proc. pen, per le ragioni che seguono.
CONSIDERATO IN DIRITTO
Il ricorso è inammissibile in quanto tardivo.
La sentenza impugnata risultava emessa il 12 ottobre 2021, depositata il 29 dicembre 2021, quindi nei termini per il deposito fissati ex art. 544, comma 3, cod. proc. pen. – in giorni novanta, che andavano scadere il 10 gennaio 2022. Da tale data decorrevano i 45 giorni per l’impugnazione, con scadenza al 24 febbraio 2022. Il ricorso invece è stato presentato a mezzo raccomandata inviata il 25 febbraio 2022, quindi tardivamente
Per altro va anche evidenziato che il motivo di ricorso, oltremodo generico, non si confronta assolutamente con il contenuto della sentenza, che rende conto ampiamente in modo non manifestamente illogico della qualità di amministratore di fatto del ricorrente
Ne consegue l’inammissibilità del ricorso e la condanna del ricorrente, ai sensi dell’art. 616 c.p.p. (come modificato ex L. 23 giugno 2017, n. 103), al pagamento delle spese del procedimento e al versamento della somma di euro 4.000,00 in favore della Cassa delle ammende.
P.Q.M.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di euro quattromila in favore della Cassa delle ammende.
Così deciso il 28/05/2024