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Ricorso tardivo: quando è inammissibile in Cassazione

La Corte di Cassazione ha dichiarato inammissibile un ricorso avverso una misura di prevenzione della sorveglianza speciale. La decisione si fonda sulla natura di ricorso tardivo, in quanto presentato oltre il termine perentorio di dieci giorni dalla notifica del provvedimento impugnato. Di conseguenza, il ricorrente è stato condannato al pagamento delle spese processuali e di una sanzione pecuniaria.

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Pubblicato il 26 dicembre 2025 in Diritto Penale, Giurisprudenza Penale, Procedura Penale

Ricorso Tardivo: La Cassazione Dichiara l’Inammissibilità per Mancato Rispetto dei Termini

Nel mondo del diritto, i tempi sono tutto. Il rispetto delle scadenze processuali non è una mera formalità, ma un requisito fondamentale per la validità degli atti. Una recente sentenza della Corte di Cassazione ribadisce questo principio, dichiarando inammissibile un ricorso tardivo presentato contro una misura di prevenzione. Questa decisione evidenzia le gravi conseguenze che possono derivare da un ritardo nel deposito degli atti, tra cui la condanna a sanzioni economiche. Analizziamo insieme i dettagli del caso e le lezioni che possiamo trarne.

I Fatti del Caso

La vicenda ha origine da un decreto del Tribunale di Roma, con cui veniva applicata a un soggetto la misura di prevenzione della sorveglianza speciale per la durata di un anno. Questa misura, prevista dal Codice Antimafia, limita la libertà personale di individui considerati socialmente pericolosi.

Contro tale decisione, l’interessato proponeva appello, ma la Corte di appello di Roma confermava il provvedimento di primo grado. Non arrendendosi, il soggetto decideva di presentare ricorso per cassazione, affidandosi al suo difensore per contestare la legittimità della misura applicata, lamentando una violazione di legge.

La Decisione della Corte e il Ricorso Tardivo

L’esito del giudizio in Cassazione, tuttavia, non è entrato nel merito delle questioni sollevate. La Suprema Corte ha infatti bloccato il procedimento sul nascere, dichiarando il ricorso inammissibile. La ragione è puramente procedurale: il ricorso era ricorso tardivo.

I giudici hanno osservato che il decreto impugnato era stato notificato all’interessato in data 29 marzo 2024. Secondo l’articolo 10, comma 3, del D.Lgs. 159/2011 (Codice Antimafia), il termine per proporre ricorso per cassazione in questa materia è di dieci giorni. Il ricorso in questione, invece, era stato presentato il 10 aprile 2024, chiaramente oltre la scadenza prevista dalla legge. Questo ritardo ha reso l’impugnazione irricevibile.

Le Motivazioni della Decisione

La motivazione della Corte è netta e si basa su un calcolo matematico dei giorni. Il termine di dieci giorni, decorrente dalla notifica del 29 marzo 2024, scadeva ben prima del 10 aprile. Il mancato rispetto di questo termine perentorio ha comportato l’inammissibilità del ricorso, impedendo alla Corte di esaminare le ragioni di merito addotte dal ricorrente.

Oltre alla declaratoria di inammissibilità, la Corte ha condannato il ricorrente al pagamento delle spese processuali. In aggiunta, richiamando una sentenza della Corte Costituzionale (n. 186/2000), e ravvisando una colpa nella determinazione della causa di inammissibilità, ha disposto il versamento di una somma di 3.000 euro in favore della Cassa delle ammende. Questa sanzione sottolinea come la negligenza processuale non solo precluda la tutela dei propri diritti, ma comporti anche conseguenze economiche significative.

Le Conclusioni e le Implicazioni Pratiche

La sentenza in esame è un monito fondamentale per tutti gli operatori del diritto e i loro assistiti. Dimostra in modo inequivocabile che i termini processuali sono invalicabili. Un ricorso tardivo non viene esaminato nel merito, vanificando qualsiasi possibilità di far valere le proprie ragioni, anche se potenzialmente fondate. Le implicazioni pratiche sono chiare:

1. Massima Attenzione ai Termini: È cruciale monitorare con estrema precisione le scadenze per le impugnazioni, specialmente in materie come le misure di prevenzione, dove i termini sono spesso più brevi rispetto ai procedimenti ordinari.
2. Responsabilità Professionale: L’errore nel calcolo dei termini può esporre il difensore a responsabilità professionali nei confronti del proprio cliente.
3. Conseguenze Economiche: L’inammissibilità dovuta a colpa non solo comporta il pagamento delle spese processuali, ma anche di sanzioni pecuniarie che possono essere molto onerose, come dimostra la condanna al pagamento di 3.000 euro nel caso di specie.

Qual è il termine per presentare ricorso per cassazione contro un decreto in materia di misure di prevenzione?
Secondo l’art. 10, comma 3, del d.lgs. n. 159/2011, il termine per presentare ricorso è di dieci giorni, che decorrono dalla notifica del decreto all’interessato.

Cosa succede se un ricorso viene presentato oltre il termine stabilito dalla legge?
Se un ricorso viene presentato dopo la scadenza del termine perentorio, viene considerato un ricorso tardivo e, di conseguenza, la Corte lo dichiara inammissibile senza esaminarne il merito.

Quali sono le conseguenze economiche per chi presenta un ricorso inammissibile per colpa?
Il ricorrente viene condannato al pagamento delle spese processuali. Inoltre, se la Corte ravvisa una colpa nella causa di inammissibilità, può disporre il pagamento di una somma di denaro in favore della Cassa delle ammende. Nel caso esaminato, tale somma è stata fissata in 3.000 euro.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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