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Ricorso tardivo: le conseguenze nel processo penale

La Corte di Cassazione ha dichiarato inammissibile l’appello di un Procuratore Generale contro la riqualificazione di un reato di spaccio in un’ipotesi di lieve entità. La decisione non si è basata sul merito della questione, ma su un vizio procedurale insuperabile: il ricorso è stato presentato oltre il termine di quindici giorni previsto dalla legge, configurandosi come un ricorso tardivo.

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Pubblicato il 11 settembre 2025 in Diritto Penale, Giurisprudenza Penale, Procedura Penale

Ricorso Tardivo: Quando i Termini Processuali Decidono l’Esito di un Caso

Nel labirinto del diritto processuale, i termini per agire non sono semplici suggerimenti, ma pilastri fondamentali che garantiscono la certezza e la stabilità delle decisioni giudiziarie. Un ricorso tardivo, ovvero presentato oltre la scadenza fissata dalla legge, può vanificare anche le argomentazioni più solide. Una recente sentenza della Corte di Cassazione ci offre un chiaro esempio di come la mancata osservanza dei termini possa portare alla dichiarazione di inammissibilità di un appello, chiudendo di fatto la porta a qualsiasi discussione sul merito della questione.

I Fatti del Caso: La Condanna per Spaccio e la Riqualificazione del Reato

Il caso ha origine da una sentenza del Giudice dell’udienza preliminare (GUP) del Tribunale di Catania, emessa a seguito di un rito abbreviato. Un’imputata era stata condannata per detenzione ai fini di spaccio di 57 involucri di cocaina, per un peso lordo di 7,71 grammi, occultati all’interno della sua abitazione. Il GUP, tuttavia, aveva riqualificato il reato nella fattispecie di lieve entità, prevista dall’art. 73, comma 5, del Testo Unico sugli Stupefacenti. Secondo il giudice, il quantitativo, seppur sintomatico, e le modalità di custodia “artigianali” (la droga era nascosta nelle bacchette di legno di due sedie), non indicavano una particolare offensività della condotta.

L’Appello e le Ragioni del Pubblico Ministero

Contro questa decisione, il Procuratore Generale presso la Corte di Appello ha proposto ricorso per cassazione, sostenendo una violazione di legge. A suo avviso, la motivazione del GUP era generica e apodittica. Il giudice di primo grado non avrebbe considerato elementi cruciali che escludevano la lieve entità del fatto, tra cui:

* La natura della sostanza (cocaina).
* Il confezionamento in 57 dosi pronte per la vendita.
* Il rinvenimento di una notevole somma di denaro (3.700 euro), verosimile provento di spaccio.
* La disponibilità di canali di approvvigionamento.
* Le modalità esperte di occultamento.
* L’organizzazione, seppur rudimentale, dell’attività.

Tutti questi indici, secondo l’accusa, attestavano una significativa offensività della condotta, incompatibile con la fattispecie di lieve entità.

La Decisione della Cassazione: il Fatto Insuperabile del Ricorso Tardivo

Nonostante le argomentazioni del Procuratore Generale fossero incentrate sul merito della qualificazione giuridica del reato, la Corte di Cassazione non è mai arrivata a esaminarle. La Suprema Corte ha infatti dichiarato il ricorso inammissibile per una ragione puramente procedurale: la tardività.

Le Motivazioni

La sentenza impugnata era stata letta in udienza il 27 febbraio 2024. Secondo il combinato disposto degli articoli 544 e 585 del codice di procedura penale, quando la motivazione viene letta contestualmente al dispositivo in udienza, il termine per proporre impugnazione è di quindici giorni. Tale termine, nel caso di specie, scadeva il 13 marzo 2024. Il ricorso del Procuratore Generale, invece, risultava depositato presso la cancelleria del Tribunale il 16 marzo 2024, e quindi ben oltre il termine perentorio stabilito dalla legge. Anche considerando la data di deposito presso la segreteria dell’ufficio del Procuratore (15 marzo 2024), l’atto sarebbe risultato comunque un ricorso tardivo. Di fronte a questo vizio procedurale, la Corte non ha potuto fare altro che dichiarare l’inammissibilità dell’appello, senza entrare nel vivo della discussione sulla corretta qualificazione del reato di spaccio.

Conclusioni

Questa pronuncia ribadisce un principio cardine del diritto processuale: il rispetto dei termini è un requisito di ammissibilità imprescindibile per qualsiasi impugnazione. Anche in presenza di potenziali errori di valutazione da parte del giudice di merito, se l’appello viene presentato fuori tempo massimo, le porte della giustizia di secondo o terzo grado si chiudono. La decisione sottolinea come la perizia di un legale non si misuri solo nella capacità di argomentare nel merito, ma anche e soprattutto nella meticolosa attenzione agli aspetti procedurali, che possono rivelarsi decisivi per l’esito finale di un contenzioso.

Perché il ricorso del Procuratore Generale è stato dichiarato inammissibile?
Il ricorso è stato dichiarato inammissibile perché tardivo. È stato depositato oltre il termine perentorio di quindici giorni dalla lettura della sentenza in udienza, come previsto dal codice di procedura penale.

Qual è il termine per impugnare una sentenza quando la motivazione è letta in udienza?
Secondo quanto emerge dalla sentenza, in base al combinato disposto degli artt. 544 e 585 cod. proc. pen., il termine per impugnare una sentenza la cui motivazione è letta contestualmente al dispositivo in udienza è di quindici giorni.

La Corte di Cassazione ha valutato se il reato fosse di lieve entità o meno?
No, la Corte di Cassazione non ha esaminato nel merito la questione della qualificazione giuridica del reato. La tardività del ricorso ha costituito un vizio procedurale che ha impedito alla Corte di valutare le argomentazioni del Procuratore Generale sulla sostanza della controversia.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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