Sentenza di Cassazione Penale Sez. 5 Num. 35352 Anno 2024
Penale Sent. Sez. 5 Num. 35352 Anno 2024
Presidente: COGNOME NOME COGNOME
Relatore: COGNOME
Data Udienza: 02/07/2024
SENTENZA
sul ricorso proposto da: COGNOME NOME NOME a CASTELLAMMARE DI STABIA il DATA_NASCITA
avverso la sentenza del 14/07/2023 della CORTE DI CASSAZIONE di ROMA
udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME; lette/sentite le conclusioni del PG NOME COGNOME
udito il difensore
RITENUTO IN FATTO
Con sentenza del 14 luglio 2023 la Prima Sezione di questa Corte ha – per quanto qui di interesse – annullato la sentenza, dinanzi ad essa impugnata, emessa nei confronti di COGNOME NOME limitatamente ai capi 20 e 22 della rubrica, con rinvio per nuovo giudizio su tali capi ad altra Sezione della Corte di appello di Napoli, e ha rigettato nel resto il ricorso del predetto.
Propone ricorso straordinario COGNOME, con atto sottoscritto dal proprio difensore, denunciando diversi errori di fatto che si assumono ravvisabili nella suindicata sentenza emessa da questa Corte. Dopo aver premesso che deve ritenersi ricorrere nel caso di specie la posizione di condanNOME da parte del ricorrente pure a fronte dell’annullamento parziale disposto dalla Corte di Cassazione, richiamando quell’orientamento di questa Corte secondo cui è ammissibile il ricorso straordinario quando l’annullamento è stato disposto solo in relazione alla pena con conseguente formazione del giudicato sull’affermazione della responsabilità, si insta per l’eventuale rimessíone della questione alle Sezioni Unite ove non si dovese condividere tale orientamento.
2.1. Ciò posto, col primo motivo si deduce errore di fatto nel giudizio dì legittimit per omesso esame dei motivi aggiunti, ritualmente depositati con P.e.c. del 27 giugno 2023, afferenti richiesta di declaratoria di estinzione del reato di violenza privata aggravata contestato al capo 27 dell’imputazione in ragione della mancanza della condizione dì procedibilità necessaria, alla luce del d.lgs. n. 199/2022.
li motivo aggiunto proposto ed il motivo quinto del ricorso difensivo erano completamente pretermessi dalla valutazione della Corte di Cassazione.
Il motivo quinto era finanche oggetto di specifico richiamo nella parte espositiva dei ricorsi contenuta nella sentenza della Suprema Corte, eppure alcuna risposta è dato rinvenire alla censura difensiva ritualmente proposta ed afferente il vizio di motivazione della sentenza di appello proprio sulla credibilità del dichiarante COGNOME NOME, persona offesa del delitto contestato.
Il motivo aggiunto non era oggetto di richiamo nella sentenza impugnata pur essendo stato ritualmente richiamato nel corso della relazione orale del consigliere relatore.
Ciò posto, è evidente l’omissione testuale della valutazione da parte del giudice rescindente delle argomentazioni poste col motivo quinto e con i motivi aggiunti. Trattasi di vera e propria dimenticanza che legittima ìn aderenza all’insegnamento della giurisprudenza di legittimità il ricorso all’istituto invocato.
Soltanto la dimenticanza valutativa di una censura decisiva nell’economia decisionale della res ludicanda può spiegare l’assenza di qualsivoglia cenno grafico di risposta, indice di mancata cognizione da parte del decidente.
Indi si insta per l’annullamento del provvedimento impugNOME.
CONSIDERATO IN DIRITTO
1.11 ricorso è infondato.
Va in premessa chiarito che è esperibile il ricorso straordinario ex art. 625-bis codice di rito nel caso di specie.
E, affrontando specificamente il tema del giudicato progressivo in relazione alla legittimazione alla proposizione del ricorso straordinario della persona nei cui confronti la sentenza sia diventata definitiva solo in ordine all’affermazione di responsabilità, ma non relativamente al trattamento sanzioNOMErio in rapporto al quale sia stata pronunciata sentenza di annullamento con rinvio, Sez. U, n. 28717 del 21/06/2012, COGNOME, Rv. 252935 ha ritenuto che la formazione del giudicato «ben possa assumere, proprio nelle ipotesi di annullamento parziale pronunciato in sede di legittimità, i connotati tipici di una fattispecie a formazione progressiva» osservando che il venir meno della presunzione costituzionale di innocenza agli effetti tipici del giudicato parziale determina lo status di “condanNOME“, ch conferisce la legittimazione alla proposizione del ricorso straordinario.
Ed invero, come ha avuto modo di precisare, in motivazione, Sez. U, n. 3423 del 29/10/2020, dep. 27/01/2021- 03 (che, sia pure ad altri fini – eseguibilità della pena – ha operato un ampio excursus sulla giurisprudenza di questa Corte in tema di annullamento parziale della sentenza di condanna, reato continuato e formazione del giudicato progressivo sui capi della sentenza non annullati), rileva, in definitiva, l’autonomia dei capi o dei punti mentre l’individuazione irrevocabile del reato più grave rileva ai fini della eseguibilità della pena (ha in particolare affermato tal pronuncia che in caso di annullamento parziale di una sentenza di condanna in relazione ad uno o più capi per i quali sia stata ravvisata la continuazione con quello, o con quelli, che, ai sensi dell’art. 624 cod. proc. pen., hanno acquistato autorità di cosa giudicata, la pena inflitta in relazione al capo, o ai capi, divenu irrevocabili può essere posta in esecuzione solo a condizione che in esso sia stato irrevocabilmente individuato il reato più grave, anche in relazione alle circostanze, e la pena stessa presenti i caratteri della completezza, essendo insuscettibile di modifiche nel giudizio di rinvio, e della certezza, in quanto individuabile sulla base delle sentenze rese nel giudizio di cognizione e non attraverso ragionamenti ipotetici). Corte di Cassazione – copia non ufficiale
Più in generale, dalla lettura coordinata dell’art. 27, secondo comma, Cost. e dell’art. 111, settimo comma, Cost. si ricava che la definitività della sentenza nella parte non oggetto dell’annullamento parziale e il conseguente superamento della presunzione d’innocenza hanno come presupposto la proposizione (oltre che la proponibilità) del ricorso per cassazione e, anzi, la decisione sullo stesso, sicché, come si è osservato in dottrina, in caso di irrevocabilità della decisione sull’accertamento del fatto e sulla responsabilità dell’imputato, la sentenza di condanna è ormai divenuta definitiva sul tema della responsabilità, con l’esaurimento del potere decisorio del giudice della cognizione su quella parte della sentenza non oggetto di annullamento.
Tale conclusione trova ulteriore conferma nella giurisprudenza costituzionale, che, nel recepire l’impostazione del diritto vivente in tema di giudicato progressivo circa il possibile iato temporale tra irrevocabilità delle parti non annullate ed eseguibilit delle relative pene, ha rilevato che la nozione di giudicato non va riferita all’intrinseca idoneità della decisione ad essere posta in esecuzione e che il giudicato parziale ex art. 624 cod. proc. pen. è strettamente collegato all’esercizio del potere di annullamento da parte della Corte di cassazione e ai conseguenti limiti del giudizio dì rinvio, quale diretta e ineludibile conseguenza dell’irrevocabilità dell pronuncia in relazione alle parti non annullate e a queste non necessariamente connesse (ord. n. 367 del 1996).
In caso di annullamento parziale, l’autorità di cosa giudicata può essere riconosciuta, a norma dell’art. 624 cod. proc. pen., anche a punti relativi a un capo della sentenza oggetto di annullamento parziale e, segnatamente, a quelli relativi all’affermazione di responsabilità per un fatto-reato (accertamento del fatto e attribuzione dello stesso all’accusato), non legati da connessione essenziale con la parte annullata. In tal caso, al giudicato progressivo sono associati quali effetti tipi sia limitazioni ai poteri cognitivi e decisori in sede di rinvio, sia la “barr invalicabile” alla rilevazione di determinate cause di estinzione del reato quale la prescrizione.
Sicché a rìgore ai fini che occupano, ossia al fine di stabilire se è impugnabile col ricorso straordinario la parte della sentenza che ha rig2ttato il ricorso per cassazione relativamente a determinati reati, è sufficiente che si sia realizzato il giudicato progressivo in relazione alla parte non annullata, che nel caso di specie afferisce sia alla affermazione di responsabilità che alla determinazione della pena.
Né potrebbe essere di per sé di ostacolo la continuazione tra i reati di cui ai capi della sentenza non oggetto di annullamento e quelli incisi dall’ annullamento con rinvio da parte della Corte di cassazione; tale continuazione non è ritenuta di ostacolo neppure all’esecuzione della condanna relativa ai primi (Sez. 1, n. 36331 del 30/06/2015, Cafasso, Rv. 264528), quando la decisione divenga irrevocabile ìn
relazione all’affermazione di responsabilità e contenga già l’indicazione della pena minima che il condanNOME deve comunque espiare; in tale ipotesi, la stessa deve essere messa in esecuzione e l’eventuale rinvio disposto dal giudice di legittimità su questioni attinenti ai reati avvinti dalla continuazione con quello più grave (c.d. reati satelliti) e, segnatamente, alle addizioni di pena, non incide sulla immediata eseguibilità delle statuizioni già passate in cosa giudicata (Sez. 1, n. 2071 del 20/03/2000, COGNOME, Rv. 215949). In altri termini, la formazione del giudicato parziale, per essere la decisione di condanna divenuta irrevocabile in relazione all’affermazione di responsabilità per uno o per alcuni dei reati contestati con indicazione della pena che il condanNOME deve comunque espiare, impone che la condanna sia messa in esecuzione, a nulla rilevando l’annullamento con rinvio per gli altri autonomi capi (Sez. 1, n. 23592 del 05/06/2012, COGNOME, Rv. 253337, in una fattispecie in cui l’annullamento con rinvio aveva investito la disposta espulsione).
A maggior ragione in una siffatta ipotesi sussiste l’autonomia del giudicato ai fini della legittimazione alla proposizione del ricorso straordinario per i capi non intaccati dall’annullamento parziale sebbene avvinti dal vincolo della continuazione con quelli oggetto di annullamento, dal momento che la continuazione si risolve in una fictio prevista dal legislatore quoad poenam non idonea ad incidere sulle singole individualità allorquando, come nel caso di specie, l’eventuale venir meno di un reato in conseguenza dell’annullamento, lascerebbe comunque impregiudicata la valutazione, nella sua interezza (affermazione di responsabilità e pena), afferente i reati per i quali vi è stato il rigetto del ricorso.
Nel caso di specie, invero, i capi oggetto dì annullamento attengono, entrambi, unicamente a due reati satellite (art. 73, comma 4, D.P.R. n. 309/90, capì 20 e 22). Sicché deve ritenersi che la pronuncia parziale con cuì questa Corte ha rigettato il ricorso per cassazione in relazione agli altri capi d’imputazione (capi afferenti il reato base, più grave, di cui all’art. 74 D.P.R. n. 309/90, aggravato ai sensi dell’art. 416-bis.1 cod. pen., ed altri reati, tra i quali quello di violenza privata aggravata sensi dell’art. 416-bis.1 cod. pen., capo 27, ai danni di NOME COGNOME, rispetto al quale è stato proposto ricorso straordinario) abbia determiNOME il passaggio in giudicato della sentenza di condanna intervenuta con riferimento ad essi sia in punto di affermazione di responsabilità che di pena.
Ne discende che la sentenza di questa Corte per la parte che interessa il capo 27 al quale afferiscono le doglianze del ricorso in scrutinio – è definitiva e quind suscettibile di essere impugnata col ricorso straordinario. Il ricorrente in relazione a tale statuizione ha assunto la posizione di “condanNOME“.
1.2. Ciò posto, si osserva che le ragioni indicate dal ricorrente sono infondate dal momento che, come afferma lo stesso ricorso, del quinto motivo che si assume
pretermesso, relativo al reato di violenza privata di cui al capo 27, dà atto la ricostruzione della sentenza impugnata che lo cita espressamente, e che il consigliere relatore, secondo quanto si precisa in ricorso, avrebbe fatto menzione del motivo aggiunto nella relazione orale. Sicché a rigore a fronte della consapevolezza dell’esistenza di tali due motivi, si potrebbe ravvisare l’errore percettivo solo nel caso in cui dal complesso della motivazione della sentenza si desumesse che, ciò nonostante, la Corte di cassazione lì abbia ignorati per errore.
Ove invece dovesse emergere che in realtà i motivi – come nel caso di specie non sono stati pretermessi per errore percettivo ma affrontati o comunque ignorati per la evidenza di altre concludenze, si devono ritenere non ricorrenti i presupposti del ricorso straordinario.
Innanzitutto, in relazione al quinto motivo, che si appuntava sull’attendibilità della persona offesa, NOME COGNOME, rispetto alla vicenda di cui al capo 27) concernente la costrizione esercitata, in concorso con COGNOME, sull’imprenditrice NOME COGNOME, al fine di cambiare degli assegni postdatati e intestati a NOME COGNOME, imprenditore edile di Pompei, anticipando le somme di danaro, per un importo di 25.000,00 euro – lamentando che era stata ritenuta illogicamente irrilevante la circostanza che costei avesse intrattenuto un rapporto sentimentale con COGNOME in un periodo coevo alle condotte di cambio degli assegni; circostanza che, invece, nell’ottica difensiva avrebbe inciso sulla genuinità del suo narrato e sull’approccio soggettivo del ricorrente alle condotte poste in essere, posto che COGNOME si sarebbe recato dalla COGNOME su ordine di NOME COGNOME, in realtà la sentenza impugnata sì è espressa.
Ha invero osservato al riguardo la sentenza impugnata che “e censure sono, nondimeno, generiche e, come tali inammissibili. La difesa, infatti, si è limitata a dedurre che tra COGNOME e la donna vi fosse stata una relazione, senza però spiegare per quale motivo tale circostanza dovrebbe averla indotta, in tesi, a rendere dichiarazioni mendaci, tanto da accusare falsamente non soltanto lo stesso COGNOME, quanto anche NOME COGNOME, da lei riconosciuto come appartenente al gruppo malavitoso del “profeta”, tanto da indurla a prestare il proprio consenso a cambiare gli assegni per il timore di rappresaglie”.
A ben vedere quindi il ricorso finisce con il richiedere a questa Corte di ritornare sull’argomento ovvero sul vizio all’epoca denunciato laddove esso risulta già oggetto di valutazione da parte di questa Corte, in quanto tale non sindacabile col ricorso straordinario attraverso il quale non si può dare ingresso ad un’appendice del ricorso per cassazione originario.
Ed invero, come ha avuto modo, nel corso degli anni, di precisare la giurisprudenza
di legittimità, “l’errore materiale e l’errore di fatto, indicati dall’art. 625 bis proc. pen. come motivi di possibile ricorso straordinario avverso provvedimenti della Corte di cassazione, consistono, rispettivamente, il primo nella mancata rispondenza tra la volontà, correttamente formatasi, e la sua estrinsecazione grafica; il secondo in una svista o in un equivoco incidenti sugli atti interni a giudizio di legittimità, il cui contenuto viene percepito in modo difforme da quello effettivo; ne deriva che rimangono del tutto estranei all’area dell’errore di fatto restando quindi fermo, con riguardo ad essi, il principio di inoppugnabilità dei provvedimenti della Corte di cassazione – gli errori di valutazione e di giudizio dovuti ad una non corretta interpretazione degli atti del processo di cassazione, da assimilare agli errori di diritto conseguenti all’inesatta ricostruzione del significa delle norme sostanziali e processuali.” (cfr. tra tante, Sez. 4, n. 3367 del 04/10/2016, Troise, Rv. 268953). Ne consegue che “qualora la causa dell’errore non sia identificabile esclusivamente in una fuorviata rappresentazione percettiva e la decisione abbia comunque contenuto valutativo, non è configurabile un errore di fatto, bensì di giudizio, come tale escluso dall’orizzonte del rimedio previsto dall’art. 625-bis cod. proc. pen.” (Sez. U, n. 18651 del 26/03/2015, Moroni, Rv. 263686).
1.3.Chè anzi, essendosi questa Corte nella pronuncia impugnata espressa in termini di inammissibilità in relazione all’autonomo capo afferente il reato di violenza privata (non interessato dall’annullamento parziale neppure sotto il profilo sanzioNOMErio, trattandosi, come sopra detto, di reato satellite rispetto al reato base oggetto anch’esso di pronuncia definitiva), si deve per altro verso escludere la fondatezza anche dell’altro profilo denunciato col ricorso in scrutinio, quello che lamenta la mancata declaratoria di improcedibilità in ordine al reato di cui all’art. 610 cod. pen. per difetto di querela – per sopravvenuta procedibilità a querela introdotta con la cd. Riforma Cartabia.
Ed invero, in caso di ricorso per cassazione avverso una sentenza di condanna cumulativa, relativa a più reati ascritti allo stesso imputato col vincolo della continuazione, sussiste – come già sopra evidenziato – l’autonomia delle singole fattispecie di reato e dei rapporti processuali inerenti ai singoli capi di imputazione e tale autonomia impedisce che l’ammissibilità dell’impugnazione per uno dei reati possa determinare l’instaurazione di un valido rapporto processuale anche per i reati in relazione ai quali i motivi dedotti siano inammissibili, per i quali intervie quindi il passaggio in giudicato della sentenza, con la conseguenza che per questi ultimi, sui quali si è formato il giudicato parziale, è preclusa la possibilità di rilev la prescrizione e di procedere alla rideterminazione della pena eliminando l’aumento per la continuazione (Sez. 6, Sentenza n. 20525 del 13/04/2022, Rv. 283269 – 01, in motivazione, la Corte ha precisato che la disciplina del reato continuato ha valenza unificante esclusivamente sul piano sanzioNOMErio; Sez. U, Sentenza n.
6903 del 27/05/2016, deo. 14/02/2017, Aiello, Rv. 268966 – 01) e deve ritenersi di conseguenza preclusa anche la possibilità di rilevare l’eventuale difetto di querela (cfr. in motivazione, Sez. U, Sentenza n. 40150 del 21/06/2018, COGNOME, Rv. 273551 – 01; Sez. 4, n. 49499 del 15/11/2023, Rv. 285467 – 01).
Ciò senza considerare che nel caso di specie era contestata e ravvisata l’aggravante del metodo e della finalità RAGIONE_SOCIALE per essere stato il reato commesso da soggetti che si avvalevano delle condizioni previste dall’art. 416bis cod. pen., con conseguente situazione di assoggettamento ed omertà provocata nelle suindicate vittime, e comunque al fine di agevolare le finalità dell’associazione RAGIONE_SOCIALE denominata RAGIONE_SOCIALE o di RAGIONE_SOCIALE. Pur trattandosi di aggravante che di per sé non consente la procedibilità di ufficio, essa per i contenuti con cui è stata esplicitata nel caso di specie ben potrebbe rimandare a qualcuna delle circostanze di cui all’art. 339 cod. pen. che fa scattare la procedibilità di ufficio.
Alla pronuncia di rigetto consegue ex art. 616 cod. proc. pen. la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali.
P. Q. M.
Rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali.
Così deciso il 2 luglio 2024.