Sentenza di Cassazione Penale Sez. 3 Num. 37241 Anno 2024
Penale Sent. Sez. 3 Num. 37241 Anno 2024
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME
Data Udienza: 20/03/2024
SENTENZA
sui ricorsi di COGNOME NOME, nato a Roma il DATA_NASCITA, COGNOME NOME, nato a La Maddalena il DATA_NASCITA, COGNOME NOME, nato a Roma il DATA_NASCITA, avverso la sentenza in data 21/06/2023 della Corte di cassazione, visti gli atti, il provvedimento impugnato e i ricorsi; udita la relazione svolta dal presidente NOME COGNOME; udito il Pubblico Ministero, in persona del Sostituto Procuratore generale, NOME COGNOME, che ha concluso chiedendo l’inammissibilità dei ricorsi; udito per i ricorrenti l’AVV_NOTAIO, per delega dell’AVV_NOTAIO,
che ha concluso chiedendo l’accoglimento dei ricorsi
RITENUTO IN FATTO
1.La Corte di cassazione, Sezione Quarta, con sentenza 21/06/2023 ha rigettato i ricorsi di NOME COGNOME, NOME n. 30192 del NOME COGNOME e NOME COGNOME avverso la sentenza in data 15 luglio 2022 della C>rte di appello di Roma mentre ha annullato il trattamento sanzionatorio per NOME COGNOME .
2. I ricorrenti presentano il ricorso straordinario avverso la c tata sentenza e con il primo motivo lamentano l’errore di fatto in relazione al trattamento sanzionatorio per violazione del divieto di reformatio in pejus nel COGNOME e con il secondo l’errore di fatto nella determinazione della il reato più grave. onfronto con Dena base per
CONSIDERATO IN DIRITTO
3. I ricorsi sono manifestamente infondati.
Il ricorso straordinario ai sensi dell’art. 625-bis cod. proc. peh. è ammesso solo per errore materiale o di fatto e non per l’errore di diritto o l’errOre valutativ Si deve trattare di una disattenzione di ordine meramente percettiO, causata da una svista o da un equivoco, la cui presenza sia immediatamente ed oggettivamente rilevabile in base al semplice controllo del contenuto del ricorso, e che abbia determinato una decisione diversa da quella adottata Senza di essa, per cui deve escludersi che il rimedio in oggetto possa essere utilizzato al fine di denunciare un errore di valutazione (tra le tante, Sez. 3, n. 35509 del 21/06/2007, COGNOME, Rv. 237514 – 01; Sez. 6, n. 28424 del 23/06/2022, COGNOME, Rv. 283667 01, che ha dichiarato inammissibile il ricorso straordinario per errore di fatto quando l’errore in cui si assume che la Corte di cassazione sia incorsa abbia natura valutativa e si innesti su un sostrato fattuale correttamente percepito, in un caso di dedotto mancato rilievo “ex officio” di questioni prospettate in giudizio dal ricorrente e ritenute inammissibili dalla Corte perché pacificamente non devolute in appello).
Nel caso in esame, i ricorrenti hanno lamentato con il primo motivo non un errore di fatto bensì di diritto o valutativo. Infatti, hanno lamentato il differe trattamento sanzionatorio nel calcolo della pena rispetto ad altra ricorrente, NOME COGNOME. Per questa, la Corte di cassazione, in accoglimento dello specifico motivo di appello, ha disposto l’annullamento con rinvio della sentenza impugnata limitatamente al trattamento sanzionatorio perché il G.u.p. aveva calcolato le plurime aggravanti ai sensi dell’art. 63, quarto comma, cod. pen.: aumento della pena base con la circostanza più grave ulteriormente aumentata per le altre aggravanti fino a un terzo. La Corte territoriale, venuta meno la circostanza più grave, aveva ritenuto la riespansione della circostanza che era stata ridotta ai sensi dell’art. 63, quarto comma, cod. pen. e l’aveva applicata nella misura integrale come per legge. La Corte di cassazione aveva invece ritenuto, in applicazione del principio di diritto seguito dalle Sezioni Unite NOME (sentenza n. 40910 del 27/09/2005, Rv. 232066), secondo cui per il divieto di reformatio in pejus non basta che la pena complessiva sia inferiore, ma è necess rio che anche le singole componenti non siano aumentate, di annullare con rinvio p r la posizione
di NOME COGNOME. Infatti, il G.u.p. aveva computato le aggravan i nella misura complessiva di anni cinque di reclusione, di cui anni quattro per l’aggravante dell’art. 416 bis.1 cod. pen. e anni uno per la recidiva ex art. 99, cuarto comma, cod. pen. e per l’aggravante dell’art. 61 n. 11-quater cod. pen., mentre la Corte di appello aveva esclusa l’aggravante dell’art. 416 bis.1 cod. pen. e per la recidiva qualificata aveva aumentato di 2/3 la pena base, dopo averla ridotta ad anni dieci di reclusione, nonostante si fosse al cospetto di una partecipe all’associazione armata dedita al narcotraffico. Secondo la Corte di cassazione, nfatti, l’entità massima di aumento avrebbe dovuto essere di cinque anni di reclusione.
Nella prospettiva dei ricorrenti che non avevano presentao il motivo di appello su questo punto, il diverso trattamento sanzionatorio tra iMputati che si trovino nella medesima situazione integra l’errore materiale. Non è così, perché, come si ripete, si tratta di un errore Valutativo o di diritto. Né può soccorrere il tema della legalità della pena. Sebbene la Corte di cassazione, nell’applicare il principio di diritto RAGIONE_SOCIALE Sezioni Unite Morales, abbia invocato il principio del divieto di reformatio in pejus e di illegaliià della pena, certamente non ha ritenuto di rilevare d’ufficio la presunta illegalitàdella pena dei ricorrenti, errore non rimediabile in questa sede. A ulteriore riproVa che l’errore non sia di fatto ma di diritto, basti considerare che l’applicazione RAGIONE_SOCIALE Sezioni Unite Morales non è pacifica, ma, a distanza di circa vent’anni, tuttora controversa. Infatti, il caso affrontato dalle Sezioni Unite era peculiare perché dal primo al secondo grado era stata esclusa un’aggravante e aumentata la pena base, per cui la Corte aveva affermato l’irragionevolezza di una pena che, seppure nel complesso inferiore, non lo era nelle sue singole componenti. Nella successiva sentenza a Sezioni Unite Papola (sentenza n. 33752 del 18/04/2013, Rv. 25566001), la Corte, pur mantenendo fermo il principio di diritto affermato òalla sentenza Morales, aveva ammesso la possibilità che nel bilanciamento di più aggravanti con una o più attenuanti fosse confermato il giudizio di equivalenza anche se veniva meno un’aggravante. Con la successiva sentenza a Sezioni Unite C. (sentenza n. 16208 del 27/03/2014, Rv. 258653-01), la Corte, dopo aver ripercorso il dibattito giurisprudenziale sul divieto di reformatio in pejus e restituito il dato della complessità del tema e della non univocità di applicazioni, ha precisato che nel reato continuato, non viola il divieto di reformatio in pejuS il giudice dell’impugnazione che, quando muta la struttura del reato continuato (a esempio se la re giudicanda satellite diventa quella più grave o cambia la qualificazione giuridica di quest’ultima), apporta per uno dei fatti unificati 41’identità d disegno criminoso un aumento maggiore rispetto a quello ritenikto dal primo giudice, pur non irrogando una pena complessivamente maggiore. Còn ciò aprendo alla possibilità di modificare in pejus i singoli componenti della pena finale in ragione della peculiarità del caso. Proprio sulla base del ragionam nto svolto in Corte di RAGIONE_SOCIALEzione – copia non ufficiale
tale sentenza, di recente questa Corte ha affermato che non viola il divieto di reformatio in pejus il giudice di appello che, in accoglimento dell’impugnazione dell’imputato, nel concorso di due aggravanti ad effetto speciale, aVendo escluso quella più grave, applichi, per la residua, un aumento sulla pena be per il reato più grave, pur se non determinato in misura inferiore in primo grado, irrogando una sanzione complessivamente inferiore a quella inflitta con la sentenza di condanna: in motivazione, la Corte ha precisato che, all’esito dell’esclusione dell’aggravante ad effetto speciale, non trova applicazione il Meccanismo di contenimento previsto dall’art. 63, comma quarto, cod. pen. (Sez. 2, n. 7966 del 09/01/2024, COGNOME).
Nel caso in esame, la Corte di appello, dopo aver rideterminato la pena base in anni dieci di reclusione, obliterando che l’associazione dedita al narcotraffico fosse pure armata, ha aumentato la pena di 2/3 per gl,i imputati con la recidiva del quarto comma dell’art. 99 cod. pen. e della metà per gli imputati con la recidiva del secondo comma dell’art. 99 cod. pen., non potendd, in presenza della conferma della recidiva, applicare un aumento diverso da quello legale. E’ pervenuta così a una pena nettamente inferiore a quella irrogata in primo grado, e precisamente per COGNOME da anni 14 ad anni 11, mesi 9, giorni 10 di reclusione, per COGNOME da anni 16 ad anni 13, mesi 5, giorni 10 di reclusione, per COGNOME da anni 12 ad anni 10 e mesi 8 di reclusione. Questa pena non è illegale e comunque non è stata oggetto di impugnazione con riferimento al profilo esaminato per la COGNOME, per cui, si ripete, non è sindacabile con il ricorso straordinario l’omessa valutazione d’ufficio del calcolo RAGIONE_SOCIALE circostanze.
Anche il secondo motivo esorbita dal perimetro dell’errore straordinario, perché i ricorrenti hanno contestato l’individuazione del reato più grave, che non avrebbe dovuto essere quello dell’art. 74, aggravato dal comma 4, d.P.R. n. 309 del 1990 bensì i reati fine dell’art. 73, commi 1 e 6, d.P.R. n. 309 del 1990, aggravati dall’art. 80, comma 2, d.P.R. n. 309 del 1900 (capo 41 per NOME e COGNOME e capo 5 per NOME). La doglianza non ha pregio, trattandosi di un eventuale errore valutativo, e per giunta non ridonda neanche sulla legalità della pena che, pur con tutti gli aumenti di recidive e continuazione, rimane largamente al di sotto del medio edittale.
minata in via Sulla base RAGIONE_SOCIALE considerazioni che precedono, la Corte ritiene pertanto che i ricorsi debbano essere dichiarati inammissibili, con conseguente onere per i ricorrenti, ai sensi dell’art. 616 cod. proc. pen., di sostenere le spese del procedimento. Tenuto, poi, conto della sentenza della Corte costituzionale in data 13 giugno 2000, n. 186, e considerato che non vi è ragione di ritenete che i ricorsi siano stati presentati senza “versare in colpa nella determinazione della causa di inammissibilità”, si dispone che i ricorrenti versino la somma, dete equitativa, di euro tremila in favore della RAGIONE_SOCIALE Ammende.
P.Q.M.
dichiara inammissibili i ricorsi e condanna i ricorrenti al pagamento RAGIONE_SOCIALE spese processuali e della somma di euro tremila in favore della RAGIONE_SOCIALE dellé Ammende Così deciso, il 20 marzo 2024
Il Consigliere estensore