Sentenza di Cassazione Penale Sez. 1 Num. 6758 Anno 2024
Penale Sent. Sez. 1 Num. 6758 Anno 2024
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: NOME COGNOME
Data Udienza: 19/12/2023
SENTENZA
sul ricorso proposto da:
COGNOME NOME NOME a FERMO il DATA_NASCITA
avverso la sentenza del 22/03/2023 della CORTE DI CASSAZIONE di ROMA
udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME; letta la requisitoria del Sostituto Procuratore generale NOME COGNOME, che ha chiesto dichiararsi inammissibile il
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RITENUTO IN FATTO
Con sentenza del 22/03/2022, la Quinta sezione penale di questa Corte ha dichiarato inammissibile il ricorso proposto da NOME COGNOME, avverso la sentenza di condanna pronunciata nei suoi confronti dalla Corte di appello d Ancona – che, in parziale riforma della decisione del 28/05/2019 del Tribunale d Macerata – aveva riqualificato la contestata bancarotta fraudolenta per distrazio in bancarotta preferenziale ex art. 216, terzo comma, r.d. 16 marzo 1942, n. 267 limitatamente alla complessiva somma di euro 227.000,00, dichiarando non doversi procedere nei confronti dello stesso per intervenuta prescrizione del rea nonché assolvendolo dalla residua contestazione distrattiva con l’adozione dell formula di rito perché il fatto non costituisce reato e, infine, rideterminando la pena per il delitto di bancarotta fraudolenta documentale in anni due di reclusio e dichiarando, inoltre, l’imputato inabilitato all’esercizio di un’impresa commerc ed incapace all’esercizio di uffici direttivi, presso qualsiasi impresa e per la durata.
Propone ricorso straordinario per errore materiale o di fatto ex art. 62 bis cod. proc. pen. NOME COGNOME, per il tramite del difensore AVV_NOTAIO, delineando tre pretesi profili critici della suddetta pronuncia.
2.1. Viene anzitutto censurato il punto della sentenza suddetta, nel qual si afferma che il ricorrente «come emerso sin dall’istruttoria in primo grad mezzo delle dichiarazioni del consulente del Pubblico ministero ed evidenziato nella sentenza del Tribunale di Ancona … operava direttamente sul conto della societ effettuando bonifici in favore proprio e di soggetti terzi». Il dedotto e materiale si annida anzitutto – in ipotesi difensiva – nel riferimento al Tribuna Ancona, in luogo che al Tribunale di Macerata, che si è in realtà pronunciato L’errore di fatto è poi rinvenibile in quanto, nella motivazione della sentenza Tribunale di Macerata, non si afferma mai che il ricorrente «operava direttamente sul conto della società, effettuando bonifici in favore proprio e di soggetti te né si utilizzano espressioni a ciò equipollenti. Verosimilmente, la genesi dell’er deriva dalla cattiva lettura del passo della sentenza di secondo grado, laddov dato leggere che «La stessa dott.ssa COGNOME, il consulente tecnico della Procur riconosceva che COGNOME COGNOME era un amministratore di fatto: all’udienza de 5.3.2019, testualmente chiariva: “COGNOME COGNOME detto che era socio della società ha fatto bonifici, non l’ho mai indicato come amministratore di fatto». Il rico dunque, è stato dichiarato inammissibile sulla base di un quadro fattuale difform rispetto a quello accertato in giudizio. In definitiva, non è vero e non è affer
nelle sentenze di merito, che COGNOME operasse direttamente sui conti della socie fallita effettuando bonifici.
2.2. Il secondo profilo di errore della sentenza emessa dalla Quinta Sezione penale di questa Corte si annida, secondo la tesi sussunta nel ricorso straordina in esame, nel punto in cui è dato leggere quanto segue: «Peraltro, come pur correttamente ritenuto dai giudici di merito, il concorso nella condotta bancarotta fraudolenta e l’integrazione dell’elemento soggettivo del dolo in ca al ricorrente sono illuminati dal fatto che le gravi omissioni contabili hanno f con il celare, come è emerso nell’istruttoria svolta anche mediante l’audizione curatore e del consulente del Pubblico ministero, le attività distrattive pos essere dal D.M. anche direttamente in proprio favore». COGNOME è stato imputat e condanNOME in primo grado per bancarotta distrattiva, con riferimento al somma di euro 602.000,00; in secondo grado, tale imputazione è stata riqualificata quale bancarotta preferenziale, limitatamente alla somma di eu 227.000,00, venendo l’imputato assolto dalle residue contestazioni di natur distrattiva. Si è ricavato il dolo della bancarotta documentale, quindi, non solt dalle condotte di tipo preferenziale, ma anche dal compimento di operazioni sottostanti che sono state reputate di carattere distrattivo, in relazione all il giudice di merito aveva mandato assolto il prevenuto. Non è vero e non affermato nelle sentenze di merito, pertanto, che le operazioni mal contabilizz celassero fatti di bancarotta per distrazione.
2.3. Il terzo profilo critico dedotto nel ricorso inerisce alle conte distrazioni, dell’importo di euro 602.000,00, che venivano giustificate con distinte causali, ossia il pagamento di fatture, il rifinanziamento ai debito restituzioni di finanziamenti in favore del socio COGNOME. La sentenza di cassazi afferma che tutte le operazioni contestate siano state ritenute, da parte del giu di merito, riconducibili esclusivamente nell’alveo della seconda e della te tipologia di causale di cui sopra; in nessuna parte della sentenza di appello, si afferma l’esclusione del primo genere di operazioni. Si è così concretizzato errore di fatto, posto che mai il giudice di merito ha ricondotto tutte le opera contestate – in via esclusiva – a restituzioni preferenziali o a operazioni penal lecite, sebbene rischiose. Il fatto che il disordine contabile coinvolgesse a l’effettuazione di pagamenti di natura certamente lecita, allora, avrebbe impos un più penetrante controllo in ordine alla correttezza della motivazione, sott profilo della sussistenza dell’elemento psicologico. Non è vero e non è afferma nelle sentenze di merito, in conclusione, che le operazioni mal contabilizz consistessero in pagamenti ai fornitori.
1. Il ricorso è inammissibile.
2. Va premesso, sotto il profilo dogmatico, che il rimedio previsto dall’art 625-bis cod. proc. pen. (ricorso straordinario per errore materiale o di fatto) rappresenta uno strumento da adoperare per ottenere mere rivalutazioni, rispetto a quanto deciso dalla Corte di legittimità. Come è stato più volte evidenziato Sez. U. n. 16103 del 27/03/2002, Basile, Rv. 221283) lo strumento in questione è teso a porre riparo alla particolare patologia estrinseca dello «sviamento» giudizio, solo allorquando la decisione oggetto del rimedio sia fondata sul supposizione di un fatto la cui verità risulti incontrastabilmente esclusa, opp
quando si supponga l’inesistenza di un fatto la cui verità sia positivamente stabi e ciò possa desumersi ictu °cui/. O ancora, lì dove per una vera e propria svista materiale (disattenzione di natura meramente percettiva) sia stato omesso l’esame di uno specifico motivo di ricorso, dotato del requisito della decisività riferimento a tale ultimo aspetto, va ricordato che proprio nella succitata decisi delle Sezioni Unite Basile, si è ulteriormente precisato come l’omesso esame di u motivo di ricorso per cassazione non dia immediatamente luogo ad errore di fatto rilevante a norma dell’art. 625-bis cod. proc. pen., né determini una incompletezz della motivazione della sentenza allorché – pur in mancanza di espressa disamina – il motivo proposto debba considerarsi implicitamente disatteso, per essere l relativa doglianza inconciliabile con la struttura e con l’impianto della motivazio nonché con le premesse essenziali, logiche e giuridiche che compendiano la ratio decidendi della sentenza medesima, ovvero nel caso in cui l’omissione possa reputarsi di matrice esclusivamente apparente, risultando le censure formulate con il relativo motivo assorbite dall’esame di altro motivo preso in considerazion In tale ultimo caso, infatti, le doglianze devono ritenersi comunque valutate essendosene ritenuta superflua la trattazione – per effetto della disamina motivo ritenuto assorbente; tale situazione deve invece essere ricondotta al figura dell’errore di fatto, allorquando l’omissione sia dipesa da una vera e pro svista materiale, cioè da una disattenzione di ordine semplicemente percettivo che abbia causato l’erronea supposizione dell’inesistenza della censura, la presenza sia immediatamente e oggettivamente rilevabile in base al semplice controllo del contenuto del ricorso.
Il corollario di tale impostazione concettuale è costituito, da un lato, fatto che la verifica riguardo al complessivo ordito motivazionale della decisio impugnata possa dare origine alla constatazione dell’omesso esame della censura solo ove siano da escludersi le ipotesi della «trattazione implicita» o del s descritto «assorbimento»; d’altro canto, a fronte di ciò, non possono trova ingresso le censure di tipo genericamente rivalutativo (nel senso che l’attu ricorrente magari dissenta dal convincimento espresso da questa Corte nella decisione, ovvero stimi lo stesso non conferente, rispetto alla prospettazione) in presenza di interpretazioni delle norme o dei contenuti delle decisioni di mer che si prestino a critiche (come è del tutto evidente che possa essere, dat natura immanente del giudizio, che è operazione intellettuale di ricostruzione de fatto e della norma applicabile al medesimo). Tale assetto risulta funzionale, resto, alla necessità di tutelare – entro i limiti della ragionevolezza – lo valore del giudicato, quale fonte di certezza e stabilità delle decis giurisdizionali, oltre che lo stesso principio di tassatività delle impugnazioni (a straordinarie) attraverso una corretta ricostruzione logica del significato d
parole utilizzate dal legislatore nel testo della disposizione, ove si indica come rilevante «l’errore materiale o di fatto» con esclusione di profili valutativi o di altre circostanze, influenti sul giudizio, che potrebbero eventualmente costituire la scaturigine di diversa impugnazione straordinaria (la revisione, regolamentata ai sensi dell’art. 630 cod. proc. pen.).
Tanto premesso in punto di inquadramento teorico, può passarsi all’analisi specifica delle singole censure difensive.
3.1. Con il primo motivo, si sostiene non essere rispondente al vero l’affermazione secondo la quale COGNOME avrebbe operato, in via diretta, sui conti societari, effettuando bonifici in favore proprio e di terzi. La lettura della sentenza avversata, però, rivela come la qualità di amministratore di fatto, riconducibile a COGNOME, non sia stata tratta soltanto da tale dato, bensì anche dall’aver egli pagato fornitori, nonché concesso sconti e dilazioni ai clienti in difficoltà, per importi anche rilevanti.
3.2. Con questi profili ulteriori, il ricorso straordinario manca di dialogare, nel senso che non chiarisce in che modo – pur a voler ammettere, per mera ipotesi, la sussistenza del denunciato errore – possa mai giungersi a difformi conclusioni in punto di responsabilità. Del tutto ininfluente a fini decisionali, infine, l’indicazione del Tribunale di Ancona, in luogo di quello di Macerata.
La seconda doglianza è incentrata sull’assunto secondo il quale la Corte di cassazione avrebbe ritenuto, impropriamente, che l’elemento soggettivo del reato di bancarotta fosse disvelato dal fatto che le gravi omissioni contabili celassero, in realtà, le attività distrattive poste in essere da COGNOME, anche direttamente in proprio favore. In ipotesi difensiva, l’errore si anniderebbe nel riferimento all’attività distrattiva, piuttosto che a quella di natura preferenziale; sarebbe ricavata in via inferenziale la sussistenza del dolo, quindi, da una condotta in relazione alla quale l’imputato è stato mandato assolto.
Anche in relazione a tale profilo asseritamente patologico della decisione, però, resta impalpabile il dato della pretesa decisività dell’errore. Può anche sottolinearsi, del resto, come la Corte di cassazione abbia affrontato i tre motivi di ricorso che erano stati proposti – concernenti tutti il delitto di bancarotta fraudolenta documentale, sotto il profilo sia oggettivo che oggettivo – in un lungo e articolato percorso motivazionale; l’operazione consistente nell’estrapolare una singola frase, astraendola dal contesto complessivo della struttura motivazionale, pare quindi del tutto inconcludente, al fine di mostrare il riverbero complessivo, in senso negativo e disarticolante, del preteso errore.
L’ultima censura sussunta nel ricorso straordinario si fonda sulla asserita non veridicità, dell’affermazione secondo la quale le operazioni mal contabilizzate consistessero in pagamenti ai fornitori. Per maggior chiarezza: la Corte di appello aveva ricondotto le presunte distrazioni contestate a tre causali; queste erano costituite, segnatamente, dal pagamento di fatture, dal rifinanziamento effettuato in favore dei debitori e dalla restituzione di finanziamenti al socio COGNOME. Attenendosi al convincimento espresso dalla Corte di cassazione, invece, il giudice di merito avrebbe ricollegato le operazioni contestate solo alla seconda e alla terza di tali tipologie di operazioni; il fatto che il disordine contabile ricomprendesse anche pagamenti leciti, posti in essere mediante il pagamento di fatture ai fornitori, avrebbe allora imposto – in ipotesi difensiva – un maggior controllo, in ordine alla ritenuta sussistenza dell’elemento psicologico.
5.1. In primo luogo, giova evidenziare come la Quinta sezione della Corte di cassazione non si sia effettivamente espressa nei termini indicati nel ricorso straordinario; appare soltanto esaltata, infatti, l’importanza della “operazione ad alto rischio del rifinanziamento di debitori”, senza che risultino, però, minimamente esclusi dal percorso argomentativo gli ulteriori profili.
5.2. In questo caso, però, il vero punto debole dell’assunto difensivo non risiede nemmeno nella (evidente) carenza di decisività del preteso errore, dal momento che la censura stessa, in pratica, sottolinea niente altro che una asserita carenza valutativa, finendo inevitabilmente per invocare – anche in maniera espressa e diretta – la formulazione di un nuovo giudizio, di natura sostitutiva rispetto a quello avversato. Ci si spinge a lamentare, infatti, come la sentenza in rapporto al fatto che il disordine contabile concernesse anche pagamenti leciti – abbia mancato di effettuare un più penetrante controllo, in merito alla correttezza della motivazione della sentenza di secondo grado, in punto di sussistenza dell’elemento psicologico; in tal modo, si invoca il compimento una operazione del tutto estranea all’alveo previsionale dell’istituto tipizzato dall’art. 625-bis cod. proc. pen. (per la radicale ìnammissibilità di un giudizio di tal genere, si può richiamare Sez. 6, n. 28424 del 23/06/2022 Spadini Rv. 283667, a mente della quale: «È inammissibile il ricorso straordinario per errore di fatto quando l’errore in cui si assume che la Corte di cassazione sia incorsa abbia natura valutativa e si innesti su un sostrato fattuale correttamente percepito»).
Alla luce delle considerazioni che precedono, il ricorso deve essere dichiarato inammissibile; segue ex lege la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali, oltre che di una somma, che si stima equo fissare in euro tremila, in favore della Cassa delle ammende (non ricorrendo elementi per ritenere
il ricorrente esente da colpe, nella determinazione della causa di inammissibili
conformemente a quanto indicato da Corte cost., sentenza n. 186 del 2000).
P.Q.M.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di euro tremila in favore della Cassa dell ammende.
Così deciso in Roma, il 19 dicembre 2023.