Sentenza di Cassazione Penale Sez. 2 Num. 4809 Anno 2024
Penale Sent. Sez. 2   Num. 4809  Anno 2024
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME NOME
Data Udienza: 16/01/2024
SENTENZA
Sul ricorso proposto da: COGNOME NOME, nato a Cuorgnè il DATA_NASCITA, avverso la sentenza del 18/05/2023 della Corte di cassazione Roma; visti gli atti, il provvedimento impugnato ed il ricorso; udita la relazione della causa svolta dal consigliere NOME COGNOME; lette le conclusioni scritte del Pubblico ministero, nella persona del Sostituto Procuratore generale NOME AVV_NOTAIO, che ha chiesto dichiararsi l’inammissibilità del ricorso;
RITENUTO IN FATTO
Il ricorrente propone ricorso straordinario, ai sensi dell’art. 625-bis cod. proc. pen., avverso la sentenza emessa dalla sesta sezione penale della Corte di cassazione, in data 18 maggio 2023, che ha dichiarato inammissibile il ricorso in allora proposto dall’imputato contro la sentenza della Corte di appello di Torino del 22 febbraio 2022 che lo aveva condannato per il reato di cui all’art. 416-bis cod.pen., ritenendolo partecipe di una associazione per delinquere di tipo ‘ndranghetistico operante in Piemonte.
Il ricorrente sostiene, in primo luogo, che la Corte di cassazione, trattando della sua posizione processuale, sia incorsa in un errore percettivo inerente alle doglianze difensive in allora proposte con il ricorso ordinario, consistenti nel censurare l’attendibilità del collaboratore di giustizia COGNOME NOME sulla base RAGIONE_SOCIALE cui dichiarazioni, che il ricorso oggi proposto ripercorre e critica, era stata affermata la responsabilità.
In secondo luogo, il ricorrente si duole del fatto che la Corte di cassazione non abbia valutato il motivo di ricorso in allora proposto inerente all’ applicazione della recidiva.
CONSIDERATO IN DIRITTO
Il ricorso è manifestamente infondato.
Quanto alla prima censura, occorre ricordare il principio di diritto secondo il quale, in tema di ricorso straordinario, qualora la causa dell’errore non sia identificabile esclusivamente in una fuorviata rappresentazione percettiva e la decisione abbia comunque contenuto valutativo, non è configurabile un errore di fatto, bensì di giudizio, come tale escluso dall’orizzonte del rimedio previsto dall’art. 625-bis cod. proc. pen. (Sez. U, n. 18651 del 2015, COGNOME; Sez.6, n. 46065 del 17/07/2014, COGNOME).
Nel caso in esame, la Corte di cassazione ha affrontato il tema dell’attendibilità del collaboratore di giustizia COGNOME NOME, basandosi su un giudizio che ha preso in considerazione molteplici circostanze inerenti tanto al profilo intrinseco che alla presenza di riscontri esterni alle sue dichiarazioni.
La mancanza di risposta ad una specifica deduzione difensiva specificamente inerente a tale tema, dunque, non è qualificabile come errore percettivo, essendo relativa ad un limitato aspetto che rimane assorbito dalla ben più ampia valutazione della questione effettuata in sentenza.
2. La seconda censura è generica e non autosufficiente.
Il ricorrente non allega alcunché di utile alla verifica di quanto devoluto, neanche lo stesso ricorso ordinario (non contenuto agli atti del fascicolo), né quanto necessario al controllo relativo alla non manifesta infondatezza dell’eventuale motivo di ricorso in allora proposto con riguardo alla recidiva, non consentendo a questa Corte di valutare se la censura fosse stata realmente dedotta, se avesse rilevanza, se non fosse generica rispetto alle motivazioni della Corte di appello e, dunque, tale da non mutare il giudizio della Corte di cassazione anche laddove fosse stata considerata.
Deve, infatti, ricordarsi che la mera qualificazione della ipotetica svista in questione come errore di fatto non può tuttavia giustificare, di per sè, l’accoglimento del ricorso straordinario proposto a norma dell’art. 625-bis cod. proc. pen., possibile solo ove si accerti che la decisione del giudice di legittimità sarebbe stata diversa se fosse stato vagliato il motivo di censura dedotto (Sez. un., 27 marzo 2002 n. 16104, COGNOME, non massimata; Sez. U, n. 16103 del 2002, COGNOME; Sez. 5, n. 11752 del 16/12/2008, dep. 2009, Quaranta, Rv. 243773; Sez. 6, n. 16287 del 10/02/2015, COGNOME, Rv. 263113).
Alla declaratoria di inammissibilità del ricorso consegue la condanna del ricorrente al pagamento RAGIONE_SOCIALE spese processuali e della somma di euro tremila alla RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE, commisurata all’effettivo grado di colpa dello stesso ricorrente nella determinazione della causa di inammissibilità.
P.Q.M.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento RAGIONE_SOCIALE spese processuali e della somma di euro tremila in favore della RAGIONE_SOCIALE. Così deliberato in Roma, udienza in camera di consiglio del 16.01.2024. Il Consigliere estensore k Presidente
NOME COGNOME INDIRIZZO-;