Sentenza di Cassazione Penale Sez. 2 Num. 35406 Anno 2025
REPUBBLICA ITALIANA Relatore: NOME COGNOME
Penale Sent. Sez. 2 Num. 35406 Anno 2025
Presidente: COGNOME NOME
Data Udienza: 08/10/2025
LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
Composta da
– Presidente –
NOME
CC – 08/10/2025
R.G.N. NUMERO_DOCUMENTO
NOME COGNOME
SENTENZA
sul ricorso ex art. 625-bis cod. proc. pen. proposto da: COGNOME NOME, nato a Melito di Porto Salvo il giorno DATA_NASCITA rappresentato ed assistito dall’AVV_NOTAIO – di fiducia avverso la sentenza in data 10/02/2025 della Corte di cassazione visti gli atti, il provvedimento impugnato e il ricorso; preso atto che non Ł stata richiesta la trattazione orale del procedimento; udita la relazione svolta dal consigliere NOME COGNOME; letta la requisitoria scritta con la quale il Sostituto Procuratore Generale, NOME COGNOME, ha chiesto dichiararsi l’inammissibilità del ricorso.
RITENUTO IN FATTO
Con sentenza in data 11 febbraio 2025 la Sesta Sezione penale della Corte di cassazione, per la parte che in questa sede interessa, ha rigettato il ricorso presentato nell’interesse di NOME COGNOME avverso la sentenza della Corte di appello di Reggio Calabria del 26 ottobre 2023 che a sua volta aveva riformato, solo sotto il profilo sanzionatorio, la sentenza del Tribunale di Locri del 5 novembre 2020 con la quale era stata affermata la penale responsabilità del predetto imputato in relazione al concorso nel reato di cui agli artt. 110, 336, comma 1, 339 e 416-bis.1 cod. pen. (capo di imputazione n. 77 RAGIONE_SOCIALE sentenze di merito), reato contestato come commesso in data 14 giugno 2014.
Ricorre per cassazione ai sensi dell’art. 625-bis cod. pen. avverso la predetta sentenza il difensore dell’imputato, deducendo, con motivo unico, violazione di legge e vizi di motivazione ex art. 606, comma 1, lett. b) ed e), cod. proc. pen. con riguardo al fatto che la Corte di legittimità avrebbe omesso di valutare le censure difensive contenute nell’originario atto di ricorso relative all’applicazione anche a carico dell’COGNOME della contestata circostanza aggravante del metodo mafioso di cui all’art. 416-bis.1 cod. pen., così anche incorrendo nella violazione dell’art. 59, comma 2, cod. pen.
Sostiene, in particolare, la difesa del ricorrente, che la Corte di cassazione non avrebbe operato la necessaria verifica RAGIONE_SOCIALE condizioni per l’imputabilità all’COGNOME di detta circostanza aggravante e che non si Ł tenuto conto che il predetto:
Ł stato assolto con sentenza irrevocabile dal reato di partecipazione all’associazione mafiosa;
b) ha rivestito un ruolo marginale nella vicenda di cui all’imputazione essendo rimasto in auto al momento della consumazione della stessa e si Ł poi limitato ad intervenire in modo
‘difensivo’;
c) non sono emersi elementi dai quali risulta che lo stesso fosse consapevole dell’utilizzo del metodo mafioso da parte del concorrente nel reato.
Conclude la difesa del ricorrente rilevando che qualora fosse esclusa la ricorrenza della circostanza aggravante di cui all’art. 416-bis.1 cod. pen. il reato in contestazione deve essere dichiarato estinto per prescrizione.
CONSIDERATO IN DIRITTO
Il ricorso Ł manifestamente infondato.
Va preliminarmente rilevato che, con l’introduzione del rimedio del ricorso straordinario per cassazione, il legislatore ha permesso di superare il principio della irrevocabilità e della immodificabilità RAGIONE_SOCIALE sentenze della Corte di cassazione in tutti i casi in cui si palesi necessaria l’eliminazione di errori interni al giudizio di cassazione purchØ tali errori risultino essenziali, attinenti ai presupposti di fatto della decisione stessa e aventi natura percettiva.
In sostanza, l’errore di fatto verificatosi nel giudizio di legittimità ed oggetto del rimedio previsto dall’art. 625-bis consiste in un errore percettivo causato da una svista o da un equivoco in cui la Corte di cassazione sia incorsa nella lettura degli atti interni al giudizio stesso e connotato dall’influenza esercitata sul processo formativo della volontà, che abbia condotto a una decisione diversa da quella che sarebbe stata adottata senza di esso (Sez. 2, n. 41782 del 30/09/2015, COGNOME, Rv. 265248). L’errore non valutativo così conformato dovrà avere inoltre il carattere della decisività, tale dunque da avere materialmente condotto ad una pronunzia diversa da quella che sarebbe stata adottata se esso non si fosse verificato (Sez. 6, n. 14296 del 20/03/2014, Apicella, Rv. 259503).
Il motivo di ricorso sopra riassunto risulta inammissibile in quanto con esso si evocano profili normativi e non percettivi.
Va infatti rilevato, ulteriormente elaborando il principio di diritto espresso da questa stessa Corte a Sezioni Unite, che l’errore materiale – unico rilevante ai fini della ammissibilità del rimedio di cui all’art. 625-bis cod. proc. pen. – deve essere esclusivamente una fuorviata rappresentazione percettiva del tutto priva di contenuto valutativo (Sez. U, n. 18651 del 26/03/2015, Moroni, Rv. 263686). Di conseguenza, tale errore materiale deve:
consistere in una errata percezione del fatto, in una svista di carattere materiale, oggettivamente ed immediatamente rilevabile, tale da avere indotto il giudice a supporre la esistenza di un fatto la cui verità era esclusa in modo incontrovertibile, oppure a considerare inesistente un fatto accertato in modo parimenti indiscutibile;
presentare i caratteri della evidenza e della obiettività, sì da non richiedere, per essere apprezzato, lo sviluppo di argomentazioni induttive e di indagini ermeneutiche;
non consistere in un vizio di assunzione del fatto, nØ in un errore nella scelta del criterio di valutazione del fatto medesimo.
SicchØ detto errore non soltanto deve apparire di assoluta immediatezza e di semplice e concreta rilevabilità, senza che la sua constatazione necessiti di argomentazioni induttive o di indagini ermeneutiche, ma non può tradursi, in un preteso, inesatto apprezzamento RAGIONE_SOCIALE risultanze processuali, ovvero di norme giuridiche e principi giurisprudenziali vertendosi, in tal caso, nella ipotesi dell’errore di giudizio estraneo all’ambito di applicabilità del rimedio straordinario invocato.
Nel caso di specie non ricorre alcuno dei presupposti sopra richiamati.
Nemmeno può ritenersi sussistente il vizio di omessa valutazione di un motivo di ricorso.
Infatti, se Ł ben vero che alle pagg. 9 e 10 nell’ambito del secondo motivo dell’originario ricorso per cassazione Ł contenuto il richiamo all’art. 59 cod. pen. e si deduce che la Corte territoriale avrebbe pretermesso di affrontare il problema «dell’imputazione dell’aggravante riferita al concorrente» in quanto – asseritamente – il metodo mafioso non potrebbe avere caratterizzato la condotta di NOME COGNOME «di guisa che la Corte avrebbe dovuto motivare anche in relazione alla ragioni dell’estensione di tale aggravante al concorrente», Ł altrettanto vero che nella sentenza di questa Corte di legittimità non solo (pag. 10) sono stati richiamati i tre motivi di ricorso formulati dall’odierno ricorrente ivi compreso quello de qua , ma (v. pag. 18), si Ł anche espressamente affermato che «manifestamente infondati sono i comuni motivi dedotti dai tre fratelli COGNOME e dal COGNOME, afferenti l’aggravante dell’art. 416-bis.1 cod. pen. nella forma del metodo mafioso, riconosciuta sussistente in relazione a tutti i capi relativi alle estorsioni consumate e tentate ed alle minacce ai pubblici ufficiali di cui si Ł già detto» , poi anche aggiungendo che «la metodologia tipicamente mafiosa della condotta intimidatoria si evince dalla stessa pretesa di controllare l’assegnazione dei lavori pubblici, considerata ‘cosa propria’ e non rimessa alle scelte degli amministratori comunali …» affermazione nella quale Ł evidente anche in questo caso il riferimento alla condotta delittuosa riassunta al predetto capo 77.
A ciò si aggiunge che nella sentenza di questa Corte (pag. 24) sono contenuti altri due passaggi valutativi della questione posta nell’originario ricorso laddove si afferma, con specifico riferimento al contenuto del ricorso di NOME COGNOME, che «la sentenza impugnata ha adeguatamente affrontato gli stessi temi di prova qui riproposti dando conto di avere considerato la presenza in macchina del ricorrente non come occasionale ma ‘funzionale al sostegno morale alla condotta intimidatoria posta in essere materialmente dal fratello NOME, in considerazione di quanto riferito in sede testimoniale dalla persona offesa (NOME COGNOME) sulla frase riferitagli in quel contesto da NOME COGNOME (“parlate con chi dovete parlare”)», poi aggiungendo «Con riferimento al secondo motivo in merito all’applicazione dell’aggravante mafiosa ritenuta nella specie del metodo mafioso si richiama quanto già esposto in relazione ai motivi di ricorso proposti dagli altri ricorrenti».
In sostanza, laddove nella sentenza qui impugnata si Ł affermato che la condotta di NOME COGNOME Ł stata funzionale alla condotta intimidatoria posta in essere dal fratello NOME, risulta di fatto ritenuta l’infondatezza della lamentata questione relativa all’applicazione all’odierno ricorrente di detta circostanza aggravante che – Ł appena il caso di ribadirlo – Ł di natura oggettiva e quindi si estende a tutti i concorrenti nel reato, con l’ulteriore conseguenza che risulta data effettiva risposta al motivo di ricorso che si sostiene non esaminato.
D’altro canto, Ł solo il caso di evidenziare che già l’originario motivo di ricorso sul punto era comunque caratterizzato da manifesta infondatezza in presenza di una sentenza della Corte di appello ampiamente motivata in ordine alla vicenda delittuosa (pagg. da 11 a 19) nella quale si era evidenziato un coinvolgimento ed un atteggiamento tutt’altro che passivo (v. in particolare pagg. 18 e 19) di NOME COGNOME in occasione RAGIONE_SOCIALE condotte chiaramente minacciose tenute nei confronti del vicesindaco e di un assessore del Comune di Brancaleone, con la conseguenza che una compartecipazione sinergica quanto diretta all’azione minacciosa (da contestualizzarsi e non certo, come vorrebbe la difesa del ricorrente, da limitarsi alle espressioni utilizzate dal concorrente nel reato NOME COGNOME) non poneva certo la necessità neppure alla Corte di appello di motivare in ordine alla
consapevolezza dell’odierno ricorrente circa l’uso del metodo mafioso alla luce del principio giurisprudenziale secondo il quale nella motivazione della sentenza, il giudice di merito non Ł tenuto a compiere un’analisi approfondita di tutte le deduzioni RAGIONE_SOCIALE parti e a prendere in esame dettagliatamente tutte le risultanze processuali, essendo invece sufficiente che, anche attraverso una valutazione globale di quelle deduzioni e risultanze, spieghi, in modo logico e adeguato, le ragioni che hanno determinato il suo convincimento, dimostrando di aver tenuto presente ogni fatto decisivo; nel qual caso devono considerarsi implicitamente disattese le deduzioni difensive che, anche se non espressamente confutate, siano logicamente incompatibili con la decisione adottata. (in questo senso v. Sez. 6, n. 20092 del 04/05/2011, COGNOME, Rv. 250105; Sez. 4, n. 1149 del 24.10.2005, dep. 2006, COGNOME, Rv 233187).
4. Per le considerazioni or ora esposte, dunque, il ricorso deve essere dichiarato inammissibile.
Alla inammissibilità del ricorso consegue la condanna del ricorrente al pagamento RAGIONE_SOCIALE spese del procedimento nonchØ, ai sensi dell’art. 616 cod. proc. pen., valutati i profili di colpa nella determinazione della causa di inammissibilità emergenti dal ricorso (Corte Cost. 13 giugno 2000, n. 186) al versamento della somma ritenuta equa di euro tremila in favore della RAGIONE_SOCIALE.
P.Q.M
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento RAGIONE_SOCIALE spese processuali e della somma di euro tremila in favore della RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE ammende. Così Ł deciso, 08/10/2025
Il Consigliere estensore
Il Presidente NOME COGNOME
NOME